Da poche ore il dottor Patrick Zaki, egiziano di origine e italiano (bolognese) di adozione, è un uomo libero ed è in corso il suo ritorno in Italia. Festeggiato come meritava, soprattutto da quelle organizzazioni umanitarie e simili che hanno ribadito, a ragione ma non sempre, quanto sia valsa la loro attività per il raggiungimento di quell’ottimo risultato. Nel contado è considerata inscalfibile l’affermazione che tutto è bene quel che finisce bene. Effettivamente ciò è quanto si dovrebbe pensare in casi del genere e quindi impegnarsi a andare oltre.
Fuori dal contesto, è prevedibile che continuerà, perché è già iniziata, una serie di tentativi per decifrare il comportamento del presidente Abdel Fattah al-Sisi, attività che in effetti sostituisce bene la lettura della Settimana Enigmistica nella missione che tocca da sempre a essa nei mesi caldi: evitare che il cervello degli umani vada in stand by. Solo per un break di alleggerimento dell’attuale stato delle cose, alla fine anche il comportamento di al-Sisi in tutta la vicenda Zaki, non ha avuto un minimo di coerenza. Quindi il comportamento di quel Presidente mette addosso a chiunque nel mondo creda che uno più uno faccia due e solo due, almeno un minimo di perplessità.
Chi un giorno prende atto con tranquillità della sentenza di un tribunale del suo paese che condanna in via definitiva un personaggio ormai divenuto l’immagine del perseguitato politico e il giorno dopo, con un coup de théâtre, lo grazia, per un po’ lascerà pensare. Andare indietro con la memoria potrà servire probabilmente a trovare occasioni di contatto tra i due paesi, Italia e Egitto. Sarà sufficiente dare il via all’operazione partendo dalla metà del secolo scorso. Non prima però di aver accennato che la presenza di quella popolazione sul suolo della Penisola è databile a oltre un millennio prima di Cristo. Diversi sono i dipinti che gli addetti ai lavori hanno potuto localizzare in specifiche zone dello Stivale.
La testimonianza più importante risale ai primi del ‘900, quando a Benevento venne allo scoperto a seguito di un forte nubifragio il più importante giacimento di statue egizie fuori da quel paese, trasferite immediatamente al Museo Egizio di Torino. Molto più recenti sono venuti fuori attriti diretti o indiretti con il Paese e, senza dubbio, è stato quando quello stato avrebbe voluto nazionalizzare il canale di Suez che le divergenze si fecero più marcate. L’Egitto è da sempre paragonabile a una particolare Ultima Thule, e ciò vale tanto per quanto concerne le vicende dell’Occidente che per quelle dell’Oriente.
Come tutti gli stati frontalieri, l’Egitto si trova comunque a essere coinvolto. E ancora, le sue ricchezze naturali si connotano già dall’alba dei tempi quando il concetto di grandezza era particolarmente caro ai Faraoni e loro collegati e le testimonianze sono ancora oggi tangibili. Quindi si può escludere che l’Italia e con essa l’Occidente si trovi di fronte a una popolazione che ancora non conosce il vivere civile e quindi per diritto intenda solo qualcosa che non sia storto. C’è da prendere atto, allo stesso tempo, della particolare localizzazione di quello stato, che lo vede collocato per la maggior parte in Africa e per una parte ridotta in Arabia. Non pertanto la bussola di quel paese si orienta sempre e esclusivamente verso Occidente. Il peso della cultura araba è avvertito pesantemente tra quella popolazione e già tanto la dice lunga su alcuni suoi atteggiamenti. La partita è appena iniziata e si preannuncia estremamente impegnativa. Ciò che al momento conviene fare è gioire per come si sia conclusa la vicenda Zaki. Sicuramente la stessa avrà un prosieguo.
Di che tipo sarà non è prevedibile. Intanto Sharm el-Sheikh e la sua spiaggia pullulano di occidentali, in particolare di italiani. Per ora buone vacanze.