In dieci anni, a fronte dei tagli al finanziamento pubblico degli atenei, i bilanci delle Università si sono retti sempre più attingendo alle tasche degli studenti e delle loro famiglie. Nelle sole università statali il gettito complessivo della contribuzione a livello nazionale è passato da circa 1 miliardo e 200 milioni a 1 miliardo e 600 milioni: 400 milioni in più. L’Unione degli Universitari anche quest’anno ha prodotto un dossier sulla tassazione universitaria (“Sulle nostre spalle” l’eloquente titolo) dal quale emerge che intere fasce di popolazione sono state escluse dall’Università. Continua dunque la mobilitazione per un’Università aperta e il il 17 novembre la protesta torna in piazza. “Lo storico dei dati sulla contribuzione studentesca a partire dal 2005 evidenzia – dichiara Elisa Marchetti, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Universitari – un aumento costante della tassa media che negli anni ha portato l’Italia a essere il paese con la terza tassazione studentesca più alta in Europa. Nel 2005 la tassa media era a livello nazionale di 775 euro, dieci anni dopo lo studente paga 1250 circa. Il dato, se diviso in aree geografiche, sottolinea come il Sud abbia subito i maggiori aumenti percentuali con un +90%, mentre il Centro (+56%) e il Nord (+43%) totalizzavano variazioni molto consistenti anche se partivano da una tassazione media già più alta.
Al Sud alcuni picchi sono davvero impressionanti: Lecce +207,5%, Bari +172%, Benevento +180%, Seconda Università di Napoli +176%, Reggio Calabria +150%”. Secondo l’associazione studentesca, la causa principale sono i tagli al sistema universitario e il conseguente sottofinanziamento che ha lasciato le università in rosso. A contribuire all’impennata si sono aggiunti poi la liberalizzazione delle tasse universitarie del 2012 a opera del governo “tecnico” e la riforma dell’Isee che, a parità di condizione economica, ha improvvisamente considerato gli studenti più ricchi di quello che erano l’anno precedente, facendo loro perdere la borsa di studio e aumentando il contributo richiesto. “La soluzione è quindi stata – spiega Marchetti – recuperare i fondi dalle tasche degli studenti che ormai reggono sulle loro spalle i bilanci degli atenei: dal 2005 il gettito complessivo proveniente dalla contribuzione studentesca è aumentato di 400 milioni”. “Attendiamo di vedere – conclude – gli effetti della no tax area introdotta nella scorsa legge di bilancio. Una misura sicuramente necessaria, ma la copertura prevista dal 2018 in poi (105 milioni) è solo un quarto del citato aumento del gettito complessivo proveniente dalle tasche degli studenti e delle famiglie. Il sistema, che ha già espulso una grossa fascia di studenti delle fasce meno abbienti della popolazione e che ha prodotto il proliferare di numeri chiusi, necessita chiaramente di un investimento corposo per abbattere la contribuzione, con la finalità di renderla nel breve periodo ancora più progressiva e porre una soglia massima”.