Una volta era l’Unione Sovietica, che non lasciava trapelare nessuna sciagura, attraverso la cosiddetta cortina di ferro, e pochi erano coloro che riuscivano a far trapelare , considerato anche la mancanza di media, gli accadimenti e la loro consistenza. Una cosa del genere l’abbiamo vissuta anche con Chernobil, anche se la trasformazione politica e umana della società dell’est era già in moto. Adesso che in molti Paesi si fanno i primi conteggi per il Coronavirus , quei Paesi che non avevano già buoni rapporti con la Cina non si astengono certo da mettere in luce le discrepanze comunicative mostrate dallo Stato di Wuhan durante la gestione del Covid-19. Dalle Agenzie ai quotidiani, dal web un feedback decisamente aspettato che riguarda l’Ambasciatore di Taiwan in Italia Andrea Sing – Ying Lee , il quale a “Quarto Grado” ha rivelato alcuni retroscena sull’inizio della pandemia causata dal coronavirus e sul ruolo che la Cina ha avuto fin dal primo caso: “Il 31 dicembre – spiega – abbiamo inviato all’Oms un messaggio di allerta perché non ci siamo fidati delle informazioni che arrivavano da Pechino, l’unica risposta che è arrivata è stata che avrebbero riferito. Abbiamo spiegato che c’erano 7 pazienti in isolamento”. I rapporti tra Taiwan e la Cina non sono idilliaci e quindi appare normale che Sing – Ying Lee sostenga che la Cina non abbia detto tutta la verità: “Hanno offuscato chi voleva parlare – dice – avrebbero potuto fare di più per evitare la diffusione del contagio globale”.
La crisi legata al coronavirus rischia di peggiorare ancora di più i rapporti tra Repubblica Popolare Cinese e Taiwan. I risultati delle elezioni dello scorso 11 gennaio, durante le quali la presidente Tsai Ing-wen si era conquistata la riconferma, hanno già chiarito che il gelo continuerà anche nei prossimi quattro anni. Ma ora l’emergenza sanitaria sta creando un nuovo caso diplomatico che potrebbe allontanare ancora di più Pechino e Taipei. A Taiwan si registrano al momento 10 casi confermati di contagio da nCoV-2019 e nessuna vittima; l’influenza stagionale, al contrario, ha causato la morte di 56 persone negli ultimi tre mesi. I malati sono per lo più persone anziane in relazione diretta o indiretta con Wuhan, la megalopoli cinese da cui ha avuto origine il virus. Nonostante questo, negli ultimi giorni, il governo è stato costretto a eliminare le restrizioni all’import di mascherine, e a introdurne di nuove per il loro acquisto. Memori dell’esperienza con la SARS del 2003, che aveva contato 181 vittime, i taiwanesi hanno infatti preso d’assalto i rivenditori, tanto che ora le riserve iniziano a scarseggiare, nonostante la necessità di utilizzarle sia bassa.
D’altronde il governo, pur rassicurando sulla competenza del sistema sanitario dell’isola (considerato internazionalmente un’eccellenza), insiste che, a causa della mancata partecipazione di Taiwan alle organizzazioni internazionali, l’isola è tagliata fuori dal flusso di informazioni riguardanti il virus. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile (ICAO) seguono infatti il principio di “un’unica Cina”, stabilito dal “Consenso del 1992”. Il partito di Tsai, il DemocraticProgressive Party, non ne riconosce la valenza, nonostante da Pechino il Partito Comunista Cinese lo ponga come prerequisito per accettare la presenza di Taipei agli incontri degli organismi globali. E l’OMS, come scrive il “New York Times”, non può condividere le informazioni con Taiwan perché quest’ultima non è parte delle Nazioni Unite.
L’ambasciatore cinese a Ginevra, Li Song, ha affermato che Pechino sta informando “ripetutamente” e “tempestivamente” Taiwan riguardo la prevenzione e il controllo dell’epidemia. Al contrario, il ministro degli Esteri di Taipei, Joseph Wu, chiede che l’OMS riconosca che “le sanità di Cina e Taiwan sono amministrate da autorità indipendenti e separate”. Wu considera anche lo stop dei collegamenti aerei diretti deciso dal governo italiano una conseguenza del fatto che l’OMS ha inserito l’isola nelle aree ad alto rischiopoiché
L’ICAO è finito al centro di una polemica dopo che il suo profilo ufficiale Twitter ha bloccato diversi utenti, compresi accademici e giornalisti, che richiedevano l’ammissione di Taiwan. Sulla vicenda è intervenuto anche il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che ha definito “oltraggioso e inaccettabile” il comportamento dell’organizzazione internazionale, in quanto “sopprime la libertà di espressione”. I media hanno individuato la responsabile dell’account social dell’organizzazione internazionale: una ex impiegata dell’aviazione civile cinese. Un episodio che rischia di alimentare la sinofobia sull’isola, che nel frattempo ha posto restrizioni ai visitatori provenienti dalla Repubblica Popolare e ha introdotto il divieto di esportazione delle mascherine. Una misura su cui è nata qualche polemica, visto il grande bisogno che ce ne sarebbe in Cina, da dove invece vengono segnalatedonazioni da parte delle imprese private dell’isola.
Intanto Taipei, oltre a fare i conti con l’esclusione dalle organizzazioni internazionali, cerca di consolidare la propria posizione a livello globale. I diplomatici e i rappresentanti all’estero sono stati invitati a fare pressione sui paesi di riferimento per evitare altri blocchi aerei. E, sfruttando la “disattenzione” di Pechino alle prese con l’epidemia, diversi governi o politici stranieri si sono già esposti a favore di Taiwan. Oltre che dagli USA e dagli alleati diplomatici ufficiali, sono arrivati appelli per includere Taipei alle riunioni dell’OMS anche dall’opposizione canadese, da un deputato della maggioranza messicana e dal premier giapponese ShinzoAbe. Taiwan è stata così tanto menzionata a Tokyo di recente, che Abe ha ricevuto i formali ringraziamenti di Tsai, per di più in lingua giapponese. Il vicepresidente eletto Lai Ching-te sarà inoltre ricevuto a Washington, in una delle rare occasioni in cui un funzionario taiwanese di alto livello viene invitato negli Stati Uniti.