TERREMOTO, ELEZIONI USA, BREXIT E REFERENDUM DI TUTTO DI PIU’, E’ TORNATO ANCHE LO SPREAD

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Grande è la confusione sotto il cielo. Schiacciato dalla poderosa mole di news, spesso finanche contradditorie (almeno all’apparenza) offerta giornalmente dai più disparati e spesso improvvisati media, al lettore non resta che affidarsi alla massima di Mao Zedong per provare a raccapezzarsi un po’. Certo il Grande Timoniere aggiungeva anche che proprio per questo “la situazione è favorevole”, ma indugiare sul punto sarebbe fuorviante. Il fatto è che questa settimana ne abbiamo lette davvero di cotte e di crude, di bianche e di nere, contemporaneamente, nella stessa pagina, e finanche nello stesso titolo.

Cominciamo da terremoto, giusto per stare sulla cronaca. Da Bruxelles, lunedì scorso, è arrivata a palazzo Chigi la missiva con i rilievi e, dunque, l’insoddisfazione espressa dalla Commissione per le risposte italiane ai dubbi, sollevati con una precedente nota, sulla legge di bilancio italiana. Poco male, ha fatto subito sapere il premier Matteo Renzi. Contestualmente, infatti, sempre da Bruxelles è arrivato anche un messaggio di solidarietà per il secondo e rovinoso sisma che ha colpito l’area di Norcia, come si sa. Al presidente del Consiglio italiano, però, è anche arrivata la rassicurazione di Berlino secondo cui “il patto di stabilità europeo” – riferisce l’Ansa in rete e gli anchormen nei notiziari televisivi – è flessibile. Vacci a capire.

Il terremoto, per restare in tema, ha fatto tremare anche Roma. Verifiche sono state fatte sulle chiese (alcune delle quali risultate oltre che lesionate anche inagibili), sui ponti e, naturalmente, sulle scuole. A proposito di queste ultime, anzi, fa tremare le vene ai polsi la denuncia di Legambiente: “Quasi il 90% delle scuole italiane sono costruite senza criteri anti-sismici. Il 65,1% degli edifici è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica (1974) e il 90,4% prima della legge in materia di efficienza energetica (1991). Soltanto una scuola su due ha certificati di collaudo e idoneità statica”. E poi si parla di “buona scuola”, ma andiamo oltre.

Sono infatti i dati più specificamente economici che avranno, immagino, maggiormente disorientato il lettore medio. Proviamo a mettere in fila i più significativi della settimana. I prezzi ad ottobre – ci ha fatto sapere l’Istat – sono tornati nuovamente giù. In pratica è stato bruciato il timido rialzo segnalato a settembre (+0,1) e che aveva fatto saltare di gioia per l’interruzione, finalmente, della fase di deflazione che durava da sette mesi. Punto e a capo.

E, giusto per non farci mancare niente, in settimana ha fatto nuovamente capolino anche lo spread tra Btp e Bund, che è salito fino a 154 punti base, col tasso sui decennali del Tesoro all’1,66%. E, tuttavia, mentre le notizie hanno raccontato del mancato accordo sui tagli nell’Opec, con nuovo ribasso del prezzo del petrolio e declino dei listini di borsa, abbiamo anche sentito di una ripresa dell’inflazione dell’Eurozona. La qualcosa, evidentemente, ci ha non poco rincuorato. Prima, ovviamente, di fare nuovamente largo allo sconforto.

In tema di occupazione e giovani, infatti, il crudele rapporto della società di consulenza PwC (vale a dire, il Young Workers Index) ha puntato ancora una volta il dito contro il Belpaese, che resta ultimo tra i Paesi Ocse. “A causa dell’alto livello di disoccupazione giovanile – moltissimi ragazzi non studiano né si dedicano alla formazione professionale o a una vera e propria attività lavorativa – l’Italia brucia 143 miliardi di Pil. Siamo, per intenderci, al 34esimo posto, ultimo disponibile tra i Paesi analizzati e alle spalle della martoriata Grecia. Quando si dice sprechi.

Ma questa è storia di ieri, le cose stanno migliorando. Forse. A settembre, infatti, è registrato in salita sia il tasso di disoccupazione (ora a quota 11,7 dall’11,5%) e sia il tasso di occupazione. E qui ci sarebbe da fare un’arzigogolata riflessione per spiegare la patente e solo apparente contraddizione in termini, ma tralasciamo. Conviene fidarsi.

Intanto, mentre il governo ha rilanciato sulle start up (più incentivi per chi investe: la legge di Bilancio allarga al 30% e rende strutturali le detrazioni per chi finanzia imprese innovative; l’obiettivo è portare il venture capital italiano a quota un miliardo entro il 2020, dai 130 milioni attuali) l’Istat ci ha detto che “l’indicatore anticipatore dell’attività economica italiana non segnala prospettive di accelerazione negli ultimi mesi dell’anno”. Insomma, toccherà ancora tirare la cinghia.

Se può consolare, non è che le cose altrove vadano meglio. La democratica Inghilterra, per dire, ha scoperto che del referendum popolare il Parlamento se ne può, in potenza, anche infischiare. Ma non raccontatelo a Renzi, che già lo sa di suo.

E così anche negli Usa, dove chissà perché il ricco e rozzo Donald Trump spaventa (ma soltanto i mercati, verrebbe da dire) più della “pericolosissima” Hillary Clinton, la quale infatti secondo i sondaggi sta perdendo ogni giorno di più l’iniziale vantaggio. Staremo a vedere. Tanto martedì si vota.