Testa e cuore per l’Europa che verrà

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In foto Vincenzo Boccia

Al termine di una campagna elettorale per il Parlamento europeo durante la quale di tutto si è parlato tranne che di Europa, Confindustria ha rotto l’incantesimo e in occasione dell’assemblea annuale – l’ultima presieduta da Vincenzo Boccia che entra nel quarto anno del suo mandato – ha dedicato al tema testa e cuore.
Per ribadire che il destino di noi italiani è nel continente unito – dove andremmo da soli in un mondo popolato da nazioni con oltre un miliardo di abitanti? – e anche per affermare che occorre inaugurare una nuova stagione riformista, come quella che ha dato vita all’idea dell’Unione, per recuperare slancio visione strategia.
Tutte cose che si sono perse nel tempo, la cui mancanza ha generato quel distacco tra cittadini e governanti che si misura oggi con lo scetticismo dovuto al risveglio dal sogno collettivo di poter star meglio, viver bene tutti, in uno spazio politico ed economico comune. Così non è stato anche per le conseguenze non desiderate della globalizzazione.
La forza delle argomentazioni di Boccia sta nella non banale circostanza che alle parole unisce i fatti. Le sue non sono e non appaiono prediche inutili sull’Europa perché è proprio grazie al suo attivismo in seno all’Unione se si sono ricomposte alcune fratture diplomatiche con la Francia, come i Capi di Stato dei due Paesi hanno riconosciuto.
A conferma di questa vocazione il primo appuntamento ufficiale dopo l’assemblea, esattamente il giorno successivo, Boccia l’ha tenuto a Parigi dove si è confrontato sul futuro della formazione a 27 (28 se si considerano anche gli inglesi in uscita) con gli omologhi di Business Europe e dell’Olanda Pierre Gattaz e Hans de Boer.
Un riconoscimento non da poco per un Paese con una forte deriva nazionalista e sovranista, accusato di rispettare a fatica le regole comunitarie, di avere una scarsa attenzione ai conti pubblici, di essere regolarmente tentato di sforare deficit e debito. In sintesi, di essere una minaccia per la stabilità dell’intera costruzione europea.
Di una simile rete di alleanze e solidarietà abbiamo un bisogno enorme, soprattutto se consideriamo che Germania e Francia sono il primo e il secondo Paese del nostro interscambio con l’estero (il terzo sono gli Stati Uniti) e che le nostre filiere industriali sono molto più robuste e interconnesse di quanto non si sappia o non si percepisca.
L’Europa, insomma, che piaccia o meno, è una realtà che si è andata formando sul terreno dell’economia in modo che oggi è impossibile negarne la consistenza o cercare di minarne la solidità. Si può e si deve, invece, agire per migliorarne le prestazioni a vantaggio del numero più ampio possibile di cittadini a difesa di un mercato ricco e desiderato.
Nasce così anche l’inedito appello al voto firmato da Boccia con i presidenti del Medeffrancese e della Bdi tedesca, Geoffroy Roux de Bezieux e Dieter Kempf, diffuso nei tre Paesi la settimana precedente al voto per segnalare l’importanza di non disertare le urne in un momento cruciale per la formazione del nostro futuro.