Transizione verde, a Napoli le proposte di Merita su energia, acqua e servizi ambientali

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Dalla sostenibilità alla bioeconomia circolare, passando per il ruolo dell’energia e dei servizi idrici nella transizione verde, fino ad arrivare al ciclo dei rifiuti. Sono i capisaldi del Position paper a cura di Amedeo Lepore e Mario Rosario Mazzola, presentato sabato a Napoli alle Gallerie d’Italia di via Toledo nell’ambito dell’iniziativa “Le giornate di Merita”. Talk e confronti promossi dall’omonima Fondazione presieduta da Claudio De Vincenti, in partnership con Cassa depositi e prestiti ed in collaborazione con Intesa Sanpaolo.

A condurre il panel dal titolo “La transizione verde: energia, acqua e servizi ambientali” Alfonso Ruffo, direttore editoriale di Economy e direttore responsabile del quotidiano online ildenaro.it.

Dopo l’introduzione del paper da parte di Amedeo Lepore, docente dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” e socio fondatore di Merita, si sono susseguiti gli interventi di Monica de Virgiliis, presidente Snam; Marco Zigon, presidente Matching Energies Foundation; Pier Lorenzo Dell’Orco, Ad Italgas Reti; Giordano Colarullo, direttore generale Utilitalia; Lapo Pistelli, responsabile relazioni internazionali Eni. Conclusioni affidate a Fulvio Bonavitacola,
vicepresidente della Regione Campania.

Lepore: Non solo Pnrr, per economia verde servono Fondo coesione e riforme

“L’obiettivo è quello di produrre di più con meno risorse, avendo un oculatezza dei processi produttivi ma anche introducendo un uso esteso delle tecnologie che consentono di ottimizzare il processo stesso”, ha esordito Lepore parlando dell’economia verde. “Nel Pnrr – ha proseguito – abbiamo ben 59 miliardi dedicati a questo settore, quelli della transizione verde, ma vi è anche il Fondo di sviluppo e coesione 2021/2027, che serve a completare gli obiettivi del Pnrr e che dà largo spazio all’economia circolare”. Di qui un riferimento alle riforme. “Non sono secondarie – ha precisato Lepore -, in particolare quelle che rafforzano la capacità amministrativa e che consentono di superare ostacoli nelle procedure,
nelle realizzazioni e soprattutto nelle autorizzazioni”. “Ci troviamo di fronte a una nuova questione energetica, che ha come obiettivo la decarbonizzazione, che non è un obiettivo semplice e nel Paper di Merita vi sono una serie di proposte articolate che consentono di
individuare gli ambiti nei quali noi suggeriamo un rafforzamento di queste politiche”. Il professor Lepore ha poi evidenziato come “i biocarburanti secondo l’agenzia internazionale dell’energia” forniscano “una soluzione a bassa emissione di carbonio, che può essere implementata nei prossimi anni e per questa ragione è necessario produrre un’iniziativa che consenta gradualità nel processo di transizione ma anche obiettivi certi da perseguire”. Inoltre, un riferimento alla figura di Umberto Minopoli, “che ci ha lasciato nei giorni scorsi e che è stato un alfiere della modernizzazione del Paese” e che “è stato anche quello che con coerenza ha sostenuto idee su cui dovremo discutere oggi rispetto al nucleare pulito”. Di qui, un riferimento al Sud del Paese e alla crisi idrica. Sul primo punto, Lepore ha sottolineato come “il mezzogiorno è una grande opportunità, sia per le sue caratteristiche ambientali che per i vuoti produttivi, la disponibilità di impianti e aree dismesse, per la collocazione centrale nell’ambito non solo del Mediterraneo ma anche in considerazione dell’incrocio delle connessioni tra Europa, Africa e Oriente”. Sul secondo punto, invece, il docente della Vanvitelli ha rimarcato “l’importanza non solo dell’approvvigionamento idrico per usi civili irrigui e industriali ma anche la necessità di fare fronte alle carenze che soprattutto nel Mezzogiorno si manifestano nel servizio attraverso perdite nelle reti di distribuzione ed altre forme non adeguate di utilizzo delle infrastrutture”. Infine, i rifiuti. “Dal punto di vista del ciclo dei rifiuti – conclude Lepore – noi come obiettivo principale guardiamo naturalmente all’incremento delle quote di riciclo e recupero per raggiungere i nuovi obiettivi comunicati comunitari al 2025 al 2030. Per il Mezzogiorno, in particolare, riteniamo indispensabile un deciso miglioramento della raccolta e del recupero nelle aree più deboli. Il superamento del trasporto dei rifiuti all’estero o al nord del nostro Paese è fondamentale, insieme ad un esteso rafforzamento di impianti, che siano in grado di smaltire un quarto dei rifiuti industriali almeno, attraverso termovalorizzatori. E qui nasce anche la necessità di avere soggetti industriali adeguati per dimensioni organizzative e
finanziarie”.

De Virgiliis (Snam): Trasformazione epocale, flessibilità per centrare target 2050 

Ad introdurre il primo intervento dopo il Position paper di Merita descritto da Amedeo Lepore, è stato il giornalista Alfonso Ruffo, direttore editoriale di Economy e direttore responsabile del quotidiano online ildenaro.it, il quale – nel dare la parola a Monica de Virgiliis, presidente Snam – ha rimarcato come l’energia sia “una componente fondamentale del riscatto del Mezzogiorno e del Paese,  all’interno di uno scacchiere più generale che è quello perlomeno europeo”. Ruffo ha parlato di crisi energetica come opportunità, “perché è interessante ed è chiaro che dalle crisi nascono le opportunità”, la “crisi energetica ci ha dato una grandissima spinta, un grandissimo sprone a fare bene e a fare meglio, a renderci consapevoli e responsabili di una funzione che probabilmente avevamo perso, quella del controllo anche strategico e di sicurezza delle fonti energetiche”. “Pensiamo al 2050 – ha esordito la presidente de Virgiliis – il mix previsto dall’Europa per l’energia è di 60% di elettrico e 40% di molecola, gas o liquido. E’ un mix che essenzialmente è scevro da fossili o se ci sono ancora fossili, sono Carbon Capture & Storage. Questa è una rivoluzione, una trasformazione epocale. Ecco questa trasformazione gigantesca da un punto ‘A’ oggi a un punto ‘B’ al 2050 si potrà realizzare sotto forma di percorsi che ancora non conosciamo esattamente, sono percorsi alternativi, dei quali dobbiamo essere pronti e quindi dobbiamo essere pronti anche ad una forma di flessibilità e ridondanza nelle reti, che sono abbastanza rigide”. “Volevo dare due numeri – ha rilanciato il numero uno di Snam – su quello che è stato questo anno 2022, molto impegnativo da un punto di vista della rete del gas. Intanto volevo dire questa crisi del 2021 e del 2022 non è stata una crisi del gas, è stata una crisi del sistema energetico europeo, perché c’è stata la concomitanza del fattore hydropower e del fattore anche del nucleare francese”. Per Monica de Virgiliis “il gas è stato un pezzo di questa cosa”. “I numeri del gas del 2022 dicono – ha proseguito – che c’è stato un profondo cambiamento delle rotte, sia dell’input che dell’output. Giusto per dare tre numeri: di input l’anno è stato l’anno su anno, 2022 su 2021, con meno 30% di flussi da
nord;  più 15 per cento di flussi da sud; più 45 per cento di LNG. E come output, molto interessante, su volumi totali per 2021 e 2022, più o meno equivalenti, tra 75 e 76 miliardi di metri cubi, meno 8 miliardi di metri cubi di domanda finale, più 3 miliardi di metri cubi di
storage, quindi abbiamo fatto più stoccaggio, e più 3 miliardi di metri cubi di export. Abbiamo raggiunto come export di gas 4,6 miliardi di metri cubi. Abbiamo anche fornito
all’Austria, al nord dell’Europa, una quantità di gas di export assolutamente eccezionale. L’infrastruttura di gas è molto rigida, è fatta di tubi, di valvole, di compressore, di rigassificatori”. Di qui la presidente di Snam ha aggiunto: “Questa infrastruttura è stata tirata proprio per il collo. Le centrali di compressione del Sud, che tradizionalmente
erano molto meno utilizzate di quelle del Nord, hanno lavorato molte più ore e quella di cui si sente parlare oggi, dell’adriatica, che ha una capacità giorno massima di 120 milioni di
metri cubi, è stata tirata per il collo. L’infrastruttura si è adattata ad una clessidra che è girata e quindi è arrivata proprio al massimo”. Il punto è proprio la flessibilità. “Quello che abbiamo vissuto quest’anno, lo rivivremo per la supply dei pannelli solari, per il supply delle batterie, quindi non è un effetto nuovo, questa trasformazione epocale implicherà che dobbiamo by design prevedere una certa forma di flessibilità. E’ il punto di fondo”.

Zigon (Getra e Mef): Sud fondamentale per energia, pronti 200mila nuovi posti

Per Marco Zigon, patron di Getra e presidente di Mef (Matching Energies Foundation), “l’Europa pur rappresentando solo il 7% delle emissioni globali si è intestata questa grande battaglia di Net Zero, con l’obiettivo nel 2030 di far sì che l’energia da fonti rinnovabili rappresenti il 42,5% dell’energia totale consumata. Il che significa molto più elettrico nel mix di energia e nell’ambito dell’elettrico molto più da rinnovabili. Stiamo già procedendo in questa direzione”. Questo per Zigon significa anche investimenti e analisi delle criticità. “Affrontare innanzitutto il tema del deployment per accelerare sulle rinnovabili – ha dichiarato -. Avevamo dei vincoli molto stringenti, poco compatibili con gli obiettivi che ci siamo dati. Alcune cose sono cambiate ma molto deve essere ancora cambiato perché si riesca a raggiungere questi traguardi”. E poi ritorna il tema della flessibilità. “E’ l’altro punto, a cui si faceva anche riferimento negli interventi precedenti. Nel campo dell’elettrico significa fondamentalmente due cose. Da una parte accumulo, e quindi stoccaggio, dall’altro ammodernamento delle reti. Stoccaggio, perché chiaramente tutti sappiamo che le energie da fonti rinnovabili sono discontinue ed asincrone rispetto alla domanda della rete, in quanto risentono dell’andamento della fonte che le genera”. Quindi, il passaggio sull’ammodernamento della rete. “Perché tutta questa energia possa essere giustamente collegata e possa ovviamente fluire verso le fonti di utilizzo – rimarca Zigon -, le reti devono essere significativamente ampliate e rimodellate”. “Che significa tutto questo? Che abbiamo delle grandi opportunità di sviluppo, poiché tutto questo se opportunamente gestito ed indirizzato ha una ricaduta di tipo industriale molto importante”. Di qui il riferimento al Sud del Paese. “Il Mezzogiorno è al centro di questo processo di trasformazione per due buoni motivi. Il primo risiede nel fatto che già oggi il 35 per cento delle rinnovabili sono del Mezzogiorno e lo sviluppo delle rinnovabili in Italia avverrà prevalentemente nel Mezzogiorno. Il motivo sta nel fatto che in uno scenario Euro Mediterraneo, il Sud, così come si è ragionato per il gas, è un hub naturale. Se pensiamo di poter andare ad installare nella riva sud del Mediterraneo impianti rinnovabili ecco che quest’area del Paese diventa fondamentale”. Di qui Zigon ha aggiunto: “Tutto questo significa lavoro ed investimento per la filiera legata al settore dell’energia, che ha una duplice valenza. Da una parte, la filiera tradizionale che è quella collegata allo sviluppo delle reti. E quindi tutta
l’industria che oggi in qualche modo confluisce in Anie Confindustria, per dare un perimetro di azione, e che ha dei numeri importanti. L’altro versante è ovviamente rappresentato dallo sviluppo di realtà produttive industriali ex novo, con uno sguardo particolare alle nuove tecnologie che potrebbero essere introdotte. E qui, ancora una volta, immagino che il Mezzogiorno possa essere un elemento importante”. A questo punto del suo intervento, Marco Zigon ha voluto sottoporre alla platea alcuni numeri. “Oggi la filiera tradizionale dell’energia – ha spiegato – occupa circa 600.000 addetti e se pensiamo ad un indotto strettamente correlato, non quello allargato, arriviamo a 900.000 addetti. Il che vuol dire circa 100 miliardi di valore della produzione. Le previsioni di crescita degli investimenti dell’energia sono circa il 3-4% standard negli anni prossimi, ma se immaginiamo gli investimenti che il Pnrr mette a disposizione del settore, allora avremo una crescita del 20%, il che significa 200 mila posti di lavoro in più. Ecco, questi 200 mila posti di lavoro io immagino e spero che possano essere realizzati in parte significativa nel Mezzogiorno”.

Il ruolo della Pa nella transizione e la capacità di fare rete sul territorio
Un alert rispetto alla capacità della Pubblica amministrazione di accompagnare il processo di transizione verde in atto nel Paese viene invece da Pier Lorenzo Dell’Orco, Ad di Italgas Reti. “Sull’attuazione del Pnrr ho qualche perplessità. E’ una legge fatta bene – ha evidenziato -, un’impalcatura pensata bene e purtroppo il sistema è totalmente in incaglio. Le amministrazioni pubbliche stanno facendo una fatica enorme a smuovere questa massa di investimenti. Su 177 gare sono giunte a compimento meno di una dozzina, di cui nel Sud Italia solo due. Si tratta di Napoli, che si è conclusa l’anno scorso, ed è attualmente in corso Catanzaro-Crotone. Mi vien da dire veramente due amministrazioni coraggiose perché le uniche a livello nazionale che si
sono mosse”. Per Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia, ha invece posto l’accento sulla rete idrica. “Il primo passo è affidarsi a gestori industriali su tutto il territorio italiano. Il secondo è convincere i comuni che quando c’è un gestore industriale devono conferire i propri asset. Ma il terzo elemento è superare una fragilità congenita del sistema industriale. Non mi riferisco alle imprese del Sud che fanno servizio pubblico locale. Il problema risiede in quella che è la struttura industriale circostante, quindi queste imprese possono essere usate una volta che si riescono a strutturare come volano per far sì che tutta la filiera che supporta e localmente supporta possa veramente decollare”.