Tre proposte sulla giustizia

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Nel luglio 2014, appena il Governo istituì l’indirizzo ‘rivoluzione@governo.it’, invitando i cittadini a fornirgli idee per la riforma della giustizia, inviai una email con le tre proposte che seguono.

1- Inserire nella Costituzione l’habeas corpus e il rilascio su cauzione, per impedire l’obbrobrio della carcerazione preventiva all’italiana.

2- Ammettere in giudizio la difesa diretta, senza avvocato, se le qualità personali e culturali del richiedente, vagliate dal magistrato, lo consentano: l’attuale divieto assoluto della difesa diretta viola, tra l’altro, l’art. 23 della Costituzione, che configura la difesa in giudizio come diritto inviolabile dell’individuo, non degli avvocati.

3- Quando un imputato viene definitivamente assolto, lo Stato deve risarcirlo di tutte le spese sostenute per difendersi in giudizio. Questo diritto al risarcimento non ha nulla a che fare con la responsabilità civile del magistrato, ma rappresenta una responsabilità oggettiva dell’amministrazione giudiziaria. E’ ripugnante che lo Stato, sentenziando l’innocenza di un imputato, lo distrugga economicamente costringendolo ad affrontare spese ingiuste. Lo Stato concede il gratuito patrocinio ad un colpevole e impoverisce un innocente. Tra l’altro così emergerebbe anche l’evasione fiscale annidata nel giro dei compensi nei procedimenti penali.

Il 15 luglio 2014 “L’Opinione” pubblicò le tre proposte, mentre il successivo 28 luglio “Il Corriere della Sera” riportò testualmente l’email con la seguente risposta di Sergio Romano: “Il ministro della Giustizia si è detto pronto a raccogliere proposte e commenti. Eccone tre che meritano una riflessione. Ma posso dirle sin d’ora che il rilascio su cauzione sembrerà a molti, soprattutto in questo momento, un favore fatto ai ricchi. Per mettere questa misura all’ordine del giorno occorrerà attendere tempi migliori.” Ma la preoccupazione, tutta italiana, di favorire i ricchi, è infondata in fatto e in diritto. Nei paesi anglosassoni la cauzione (bail) è costituzionalmente garantita da secoli (VIII Emendamento della Costituzione USA e Bill of Rights del Regno Unito). In Gran Bretagna, per esempio, l’80% degli accusati viene rimesso in libertà su cauzione. Il giudice ha ampia discrezionalità sia sulla concessione che sull’ammontare della cauzione. In America può essere negata per i reati gravi e per gli imputati pericolosi per la società. Dunque, ciò che in Italia vi si oppone davvero, è la mentalità avversa alla piena, effettiva, generalizzata vigenza della presunzione d’innocenza pur così solennemente proclamata dall’art. 27 della nostra Costituzione.

Circa due anni dopo, il 3 febbraio 2016, il settimanale “Panorama” ha condotto un’inchiesta sulle spese legali, riportando che in trentadue paesi europei sono a carico dello Stato quando l’imputato viene assolto con formula piena. Successivamente, il 16 marzo, lo stesso settimanale dava la notizia che il senatore Gabriele Albertini aveva presentato un progetto di legge per introdurre anche nell’ordinamento italiano il principio della “ingiusta imputazione”, secondo il quale lo Stato deve rifondere le spese sostenute dall’imputato poi assolto. In effetti, il 3 dicembre 2015 risulta presentato al Senato il disegno di legge 2153, primo firmatario il senatore Albertini, che modifica l’articolo 530 del codice di procedura penale, in materia di rimborso delle spese di giudizio, inserendovi un comma 2-bis del seguente tenore: “Se il fatto non sussiste, se l’imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice, nel pronunciare la sentenza, condanna lo Stato a rimborsare tutte le spese di giudizio, che sono contestualmente liquidate. Se ricorrono giusti motivi il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti. Nel caso di dolo o colpa grave da parte del pubblico ministero che ha esercitato l’azione penale, lo Stato può rivalersi per il rimborso delle spese sullo stesso magistrato che ha esercitato l’azione penale.”

Non solo è sorprendente che l’idea abbia trovato un senatore disposto a patrocinarla (è il caso di dire!) con un’iniziativa legislativa in Parlamento, ma anche che ben 183 senatori l’abbiano firmata, alla data del 15 marzo 2016: un’adesione più unica che rara, che dovrebbe costituire il miglior viatico per la rapida approvazione, sempreché il Governo non si opponga. Staremo a vedere e giudicheremo se è sincero nel dichiarare di voler “rivoluzionare” la giustizia.

Quanto alle altre nostre due proposte, le sottoponiamo nuovamente all’attenzione di quegli Italiani, semplici cittadini, uomini politici, operatori della giustizia, che non smettono di sperare in una giustizia all’altezza delle aspettative civili.

di Pietro Di Muccio de Quattro 
Comitato scientifico di Società Libera