Ucraina, orrore e propaganda. E a oriente si profila un’Associazione del Male. Al peggio non c’è mai fine

Le notizie e le immagini che continuano a arrivare dall’Ucraina lasciano ben poco spazio alla ragione per pensar bene. Ipotizzare l’avvio a conclusione dell’operazione di sterminio e distruzione sistematici – non operazione militare speciale come Putin e compagni insistono a definirla – sembra che continui a essere un esercizio sterile. Come del resto lo sono i contenuti di molte delle trasmissioni via etere, il più delle volte di quelle definibili leggere. Esse forniscono a illustri sconosciuti fino al giorno prima di dare fiato alle trombe e sfogare così l’astio verso qualche altro pari loro. Si sa che il popolo è prevalentemente forcaiolo e, sotto sotto, non disdegna di dedicare tempo a quel tipo di trasmissioni. Altro vezzo, questa volta di qualche artista del circo dell’informazione, precisamente i funamboli, è quello di sostenere a oltranza che alcune immagini di quanto sta accadendo a Kiev e in altre città, sono state riprese a arte e quindi da considerare unicamente propaganda. Nella forma più esasperata si arriva a forme di negazionismo di tutto quanto sta accadendo, che aggiungono danno a danno. Il perché è facilmente intuibile se si inquadra tale comportamento alla stregua di una calunnia. La stessa è un venticello, come Rossini fa cantare a Don Basilio nel Barbiere di Siviglia. Proseguendo in prosa, la stessa cresce, si arricchisce di parole e risulta sempre più difficile darle un taglio. Alla stessa stregua si arriva a mettere in dubbio anche che l’ultimo sterminio in ordine di tempo, quello vicino Kiev, sia avvenuto realmente. Al danno si aggiunge la beffa, anche perché gli scherani del mostro di Mosca – è opportuno descrivere con sobrietà il soggetto Putin, per non scadere al suo livello – portano in giro la triste novella, qualificandola propaganda occidentale. Primo tra loro il tirapiedi sedicente ministro degli esteri Lavrov: basta guardarlo in faccia e se ne intuisce senza indugio la consistenza morale. Questi sta confermando ancora una volta che un allievo, se si impegna, può mettersi alla pari se non superare il maestro. Intanto l’Europa sta per varare un’altra serie di sanzioni alla Russia, sempre più pesanti, nonchè l’espulsione di diverse cariche diplomatiche Le stesse misure stanno producendo si risultati, ma non ancora quelli previsti. Le due manovre di guerra finanziaria, quella del blocco del sistema swift da parte occidentale e la pretesa del Cremlino di essere pagato in rubli per l’export di idrocarburi, per ora si sono quasi elise. Prova ne sarebbe che il corso di quella moneta, che nei giorni scorsi era andato giù in picchiata, nelle ultime ore si è riallineato a quello di prima che si inasprissero le offensive economiche tra i due schieramenti. Allo stato comincia a prendere corpo una diceria dell’untore che, alla sua prima comparsa, aveva fatto sorridere di sufficienza in maniera diffusa e abbastanza generalizzata. È l’uso cresciuto a dismisura in questo primo trimestre dell’anno, della moneta virtuale o bitcoin che definir si voglia, da parte del Cremlino e di Putin in prima persona. La premessa: la circolazione del denaro in nero o black business come la definiscono gli interessati, ora più che mai sta procedendo a una velocità mai raggiunta prima. È evidente che non si può essere precisi nella determinazione dell’entità dei trasferimenti, in quanto quel sistema non lascia traccia. Si può risalire di massima a quelli fatti con tale strumento dai sequestri compiuti dalle diverse autorità nazionali sanzionanti. Esse si sono trovate di fronte, oltre a tanti depositi simili a quello di Zio Paperone, proprietà immobiliari e beni mobili registrati – imbarcazioni, aerei e cespiti immobiliari – che, seppure ufficialmente intestati a persone giuridiche con sede nei vari paradisi fiscali, sono stati ricondotti ai vari oligarchi colpiti da sanzioni, in testa a tutti lo stesso Putin. Secondo notizie attendibili ma ancora da verificare completamente, Putin sarebbe l’uomo più ricco del mondo. Già così, in via ufficiosa ma che non lascia spazio a dubbi, il personaggio è stato paragonato dagli Amici del bel canto a un curato di tanti anni fa che era solito dire ai suoi fedeli, in camera caritatis, “fate ciò che il prete vi dice di fare, ma non fate ciò che il prete realmente fa”. Se non esistesse in quel paese un esercito fedelissimo al suo presidente, se ne sarebbero già viste, delle belle. Invece, stando come stanno le cose fin dai tempi degli Zar e degli stessi leaders dell’URSS, poco è cambiato e le anime morte di cui scriveva Gogol sono oggi moribonde ma la scena resta la stessa vista e rivista nel corso dei secoli: fortune enormi, accumulate con comportamenti quanto meno discutibili nella disponibilità di pochi e le briciole in mano a tutte le altre classi sociali, giusto il tempo per essere spesi in beni di prima necessità. Una situazione del genere trova diverse analogie negli altri due paesi candidati a far parte del fantomatico blocco orientale. In Cina un cittadino medio è a rischio pallottola di stato praticamente da quando nasce, per non dire dell’organizzazione del lavoro alla stregua di quella usata per la costruzione delle piramidi nell’antico Egitto. In India è fortemente radicata da tempi immemori la divisione in caste della popolazione e tra le poche che vanno dall’agiata alla straricca a quelle povere in cui spesso gli appartenenti vendono in vita i loro scheletri da prelevare post mortem, c’è un divario abissale. Quindi nel futuro prossimo il conflitto in corso, per quanto grave, cederà il passo, nella scala degli eventi negativi, alla costituzione di quella associazione del male, usando tale definizione per non scadere al livello dei suoi governanti. Solo per notizia, un gruppetto di rappresentanti di concimi, a una loro colazione di lavoro, ha ribadito che in tal modo c’era stata la conferma di quanto è tramandato da generazioni nelle famiglie contadine. Ovverosia che gli uccelli si uniscono in cielo, i mascalzoni in terra. Nel dopoguerra una canzone che ebbe una certa notorietà nell’ Italia in braghe di tela che si accingeva a rimettersi in piedi, cantava di sogni di gloria e di castelli in aria che finivano in niente. L’ augurio è che altrettanto possa succedere per il nascituro Laocoonte orientale, di cui non si avverte assolutamente la mancanza.