Ue e Ingegneri contro l’ultima versione del Correttivo del Codice degli Appalti

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Un altro intoppo si è manifestato sul percorso di approvazione del “correttivo” per il Codice degli Appalti. A pochi giorni dalla scadenza del 19 aprile a seguito di un esposto presentato dall’associazione dei costruttori, la Direzione Generale del Mercato Interno dell’Unione Europea ha emesso un comunicato sottolineando quanto le restrizioni, contenute nella nuova versione del Codice, siano in netto contrasto con la normativa europea.

Una “batosta” che arriva proprio dopo il parere favorevole della Commissione speciali del Consiglio di Stato, di cui abbiamo già parlato, e il parere della Conferenza Unificata. Il sostanziale via libera dei due citati organismi aveva lasciato intravedere un esito complessivamente positivo, il ché avrebbe permesso di condurre in porto con relativa tranquillità il varo del decreto correttivo del Codice.

E invece ci si ritrova con questo dilemma da sbrogliare. Infatti se da un lato l’orientamento della giurisprudenza europea era volto alla rimozione di qualsiasi ostacolo limitasse la libera circolazione di merci e servizi – con l’intento di facilitare l’accesso alle procedure di appalto alle imprese – di contro le norme restrittive previste nella nuova versione del correttivo risultano andare in direzione diametralmente opposta.

Ne è ulteriore conferma – laddove ve ne fosse stato bisogno – tutto l’indirizzo giurisprudenziale delle istituzioni europee che, in questi anni, hanno reiteratamente validato il ricorso al subappalto ritenendolo, linea di principio illimitato. Una scelta che risulta essere in netta contrapposizione con ogni previsione limitativa operata degli stati membri.

Pertanto l’ammonimento dell’organo della Commissione Europea, teso a chiedere di eliminare ogni limitazione al subappalto, costituisce un vero e proprio incidente di percorso che poteva essere ampliamente prevedibile, malgrado le reiterate indicazioni contrarie dell’ANAC.

Ma i passi falsi – se così possiamo definirli – non sono finiti. Anche il Consiglio Nazionale degli Ingegneri è pronto a preparare le cosiddette barricate di esposti e ricorsi in carta bollata. Oggetto del contendere è la modifica dell’articolo 24 del Correttivo, che evidenzia come priorità quella di favorire la progettazione interna alle Stazioni Appaltanti.

Al centro delle polemiche la iniziale previsione, contemplata sempre nella stessa modifica dell’art. 24 del correttivo, con la quale si prevedeva l’iscrizione all’Albo professionale degli stessi progettisti interni. Tesi che, a parere del C.N.I., avrebbe in parte eluso sia gli obblighi di aggiornamento professionale che il principio di predisposizione di un riferimento per le prestazioni intellettuali. Quest’ultimo riprende l’annosa polemica relativa all’abrogazione delle tariffe e l’utilizzo dei corrispettivi di base d’asta, come parametri ineludibili mentre viene utilizzato il parametro dei tariffari delle opere per le altre attività.

Se a quest’ultimo dettaglio, di non poco conto, aggiungiamo che il Parlamento ha intenzione eludere l’osservazione del C.N.I. disponendo di concedere nuove possibilità ai dipendenti pubblici tecnici diplomati non abilitati, i quali potrebbero firmare i progetti se in possesso di un’esperienza di cinque anni – per un massimo ribasso fino a un milione di euro per le gare bandite sulla base del progetto esecutivo – ci sono tutti gli ingredienti per andare allo scontro.

Infatti nell’ultima versione, per aggirare il problema della disparità di trattamento tra professionisti – posto dal Consiglio degli Ingegneri – sembra ormai superata l’ipotesi di richiedere ai dipendenti pubblici l’iscrizione all’Albo professionale.

La nuova proposta prevede che i tecnici diplomati, non abilitati alla professione e dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni, possano firmare i progetti, nei limiti previsti dagli ordinamenti professionali a condizione di aver ricoperto incarichi analoghi almeno per cinque anni e aver svolto o collaborato ad attività di progettazione.

Una rivoluzione che tendenzialmente avrebbe lo scopo di valorizzare le esperienze interne ed abbattere i costi connessi. Ma che in effetti si traduce in un colpo alla categoria dei tecnici che non lascia presagire nulla di buono.