Ma torniamo alla notizia: il governo canadese assegnato al ricercatore napoletano una “Canada Excellence Research Chair” presso l’Università Laval di Quebec e una borsa di 10 milioni di dollari per finanziare la sua ricerca dedicata allo studio della relazione tra il sistema endocannabinoide del cervello, responsabile dei segnali neurochimici come appetito, umore e memoria, e la salute metabolica. A spiegare le ragioni di una scelta che nella sua ragionevolezza rischia di essere spiazzante è il ministro per la scienza canadese Kirsty Duncan: “Vincenzo Di Marzo è un leader mondiale nella chimica biomolecolare e il Governo è orgoglioso di sostenere la sua attività di ricerca, che un giorno potrà alleviare le sofferenze di persone colpite da disturbi metabolici, come l’obesità e il diabete di tipo 2, in Canada e in tutto il mondo”.
Autore di quasi 600 articoli pubblicati su riviste scientifiche “peer-reviewed”, professore aggiunto presso il Dipartimento di Farmacologia e Tossicologia del Medical College of Virginia (Usa) e professore onorario presso la Buckingham University (Regno Unito), Di Marzo è da anni puntualmente nelle “Top Scientist” nel campo “Pharmacology and Toxicology”. La nuova edizione di “The World Most Influential Scientific Minds 2015” (Thomson Reuters), studio che riporta il panorama dei 3100 ricercatori più citati nel periodo 2003-2013 fra i circa 9 milioni di scienziati attivi al mondo, lo segnala per esempio tra i top five del suo settore. Per la cronaca, gli italiani citati sono in tutto 44 e meno di una decina lavorano al Sud. I campani sono tre, oltre a Di Marzo ci sono due ingegneri dell’Università di Salerno, Giovanni Petrone e Giovanni Spagnuolo. A livello europeo, poi, Di Marzo è il 2° scienziato più influente nella ricerca Farmacologia il 7° in “Basic Neurosciences” secondo una ricerca effettuata da Boyack.
Perché tutta questa “influenza”? Perché non c’è nessuno al mondo che padroneggi come lui la farmacologia degli endocannabinoidi. Del resto, se è stato lui ad aver coniato l’espressione “endocannabinoidi” e se oggi questa espressione è condivisa dall’intera comunità scientifica, qualcosa vorrà pur dire. Gli endocannabinoidi sono molecole molto utili perché funzionano da segnali endogeni in grado di attivare i recettori per i cannabinoidi, ovvero per il “celebre” Thc, il componente psicotropo della marijuana e di altri preparati da cannabis. In pratica è grazie a queste molecole se il nostro organismo può contare su un sistema biochimico di segnali diretti a ristabilire un equilibrio “on demand” in caso di perturbazioni fisiologiche o patologiche. In altre parole, si pensa che il sistema endocannabinoide possegga un modo di azione “a richiesta”: solo dove e quando vi è necessità, esso viene attivato per contribuire a determinate funzioni fisiologiche (o fisiopatologiche), per essere poi rapidamente inattivato. Tra le funzioni e gli effetti del sistema endocannabinoide finora identificati da Di Marzo, solo per citarne alcuni, vi sono il ruolo del sistema endocannabinoide nel differenziamento muscolare e, da ultimo, nel controllo dell’appetito e del metabolismo.