Un’inedita tela del Guercino tra i tesori del complesso conventuale di S. Francesco di Aversa

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Il complesso monastico di San Francesco si trova nel centro della città di Aversa, città del casertano celebre per essere stata prima contea normanna d’Italia, antichissima sede vescovile, patria di grandi musicisti come Niccolò Jommelli e Domenico Cimarosa e di eccellenze enogastronomiche come la mozzarella di bufala e il vino Asprinio. Fondata tra il 1230 e il 1235 come dimora privata della nobile famiglia dei Rebursa, venne successivamente trasformato in monastero di clausura. Nella sua prima edificazione l’edificio religioso aveva caratteristiche di semplicità secondo lo stile romanico, prerogative del tutto stravolte dal restauro intervenuto nel 1645 che le conferì l’attuale aspetto barocco. 

Gli interni a croce latina, completamente rivestiti di marmi policromi, presentano un’unica navata con numerose cappelle laterali che ne scandiscono lo spazio, l’ultima delle quali sormontata da un bellissimo organo in legno dorato del 700 con lo stemma della casata committente Nisio-Gargano che commissionò anche altre opere come l’altare della seconda cappella a sinistra. Probabilmente la famiglia era quella di una monaca rinchiusa nel convento, famiglia molto abbiente, come tutte quelle delle monache di S. Francesco. Di notevole interesse il patrimonio pittorico della chiesa. Particolarmente degno di nota il dipinto della prima sontuosa cappella a destra della navata: si tratta di un’ Assunzione finora attribuita a Bernardo Cavallino, che tuttavia studi recentissimi condotti da Massimo Pulini, ordinario di pittura all’Accademia delle Belle arti di Rimini ed esperto del Guercino, paiono confermare in realtà opera del noto pittore di Cento, Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino, uno degli artisti più importanti del ‘600 italiano. La scoperta di Massimo Pulini è frutto di un’accurata ricerca condotta sulle immagini dell’archivio fotografico messo in rete dalla Chiesa Cattolica e sulle fonti documentarie. In particolare, consultando il Libro dei conti, sul quale dal 1629 suo fratello Paolo Antonio e, dopo la sua morte (1649), lo stesso artista, annotarono tutte le vendite della bottega, in cui si fa riferimento ad una Madona Asunta che sarebbe stata commissionata all’artista. La tela è rimasta esattamente nel luogo in cui fu commissionata. Nel 1645, infatti, le suore Clarisse che gestivano l’edificio religioso e il convento annesso, ottennero il permesso papale di spendere la somma di ben 6000 scudi per opere di riparazione e abbellimento, tra cui probabilmente l’opera richiesta al Guercino. 

Per la descrizione dell’opera utilizziamo le parole dello stesso Pulini “L’opera appare concepita con toni scuri. E’ ambientata entro un arrossato e nuvoloso tramonto che la vela di un’atmosfera malinconica, in sincero accordo con il periodo doloroso che l’artista stava vivendo dopo la perdita del fratello minore. Tre angeli adolescenti gestiscono il trasporto della vergine, muovendo il convoglio di nubi su cui la Vergine è assisa. La Madonna, dalla struttura massiccia e dalla posa statica, ha le braccia incrociate al petto e alza lo sguardo verso una fonte luminosa. Uno degli angeli è intento a gettare rose verso il sepolcro scoperchiato, sul quale si adagia un sudario bianco. Quasi ogni figura angelica trova riscontri espressivi in disegni dell’artista o affinità formali con altre pitture”. “Stupisce, continua lo studioso, che un quadro di questa bellezza e qualità, inserito in una altare che vanta un corredo marmoreo e statuario di primo livello,(…) si sia adombrato nella memoria di quella regione d’Italia, fino a perdere il nome del suo celeberrimo autore”.

Una scoperta eccezionale, dunque, unica opera spedita da Bologna verso il territorio partenopeo, che da solo vale una visita a questo splendido complesso. Ma c’è di più. Lasciata la chiesa accediamo al chiostro del monastero. Esso preserva l’aspetto semplice dello stile romanico come il campanile, addossato alla cupola maiolicata. Decorato in alcune campate con affreschi risalenti a diverse fasi di intervento, il chiostro presenta archetti ogivali poggianti su colonnine binate. Nella I campata una Madonna con Bambino e Santi, di forte impronta bizantina, rimane a testimonianza dell’originaria decorazione duecentesca. Nella II campata, l’affresco con S. Chiara, databile al XVI secolo. L’intero complesso, che comprende il parlatoio delle monache splendidamente decorato, il Belvedere, dove le monache, senza essere viste, potevano guardare all’esterno, così ricco di opere d’arte di altissimo pregio, meriterebbe una maggiore valorizzazione come punto di riferimento per il turismo regionale e volano di sviluppo per il territorio.

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Chiesa di San Francesco