di Giuseppe Coco
Come ogni anno si celebra il rito della fine della maturità e la certificazione che la scuola italiana è ormai chiaramente spaccata in due, anzi in 20. Il numero di votazioni eccellenti riportate in Calabria riguarda il 10% degli studenti, in Lombardia proporzionalmente circa un terzo. Folli titoli celebrano i nostri studenti, i ‘migliori’ d’Italia. Pochi mesi fa invece Invalsi aveva certificato con un test oggettivo, ancorché imperfetto una classifica capovolta. Alcuni opinionisti si arrampicano sugli specchi per spiegare la congruenza dei due risultati e la validità a scopi diversi di entrambi. Il test Invalsi sarebbe un fatto statistico non indicativo di performance individuali, mentre le votazioni finali riflettono una più complessa valutazione di percorsi individuali di maturazione. Sono quindi fatti diversi, la conclusione, e di questi l’unico legittimo da un punto di vista valutativo è il voto finale di maturità.
Francamente l’incongruenza è incomprensibile senza indagare le basi sociologiche delle differenze tra le scuole delle regioni. L’anomalia delle differenze ha una particolare forma. Oltre che nelle medie, il numero di eccellenze garantito dalla scuola meridionale è elevatissimo rispetto al numero di studenti che performano bene nel test. Non si tratta quindi di valutare bene studenti mediocri, ma di premiare con voti massimi, eccezionali, studenti medi (secondo Invalsi). Vorrei far notare anche che il problema di come valutare in maniera non discrezionale un percorso viene sistematicamente eluso. È più meritevole uno studente che fa sempre bene o uno che, seguendo un percorso di miglioramento più dinamico, finisce in maniera eccellente? Questo tipo di valutazioni introduce una discrezionalità che di fatto può essere lasciata al valutatore (col rischio che ognuno fa le sue valutazioni personali), oppure burocratizzata con demenziali documenti guida, mai osservati nella prassi da nessuno sano di mente.
Si sostiene quindi che Invalsi e voti siano due diverse valutazioni oggettive, ma non è vero. Una è oggettiva, l’altra discrezionale. I voti li attribuiscono discrezionalmente insegnanti influenzati da preferenze personali e ambiente sociale, quindi, la loro principale caratteristica è la discrezionalità e la sistematica mancanza di uniformità di giudizio. Invalsi è ovviamente un esame singolo e quindi è influenzato da una performance in un singolo giorno e dal test stesso, oggi si sostiene che questa non è la maniera migliore di valutare. Ma un tempo l’esame finale di secondaria superiore si chiamava di ‘maturità’ proprio per sottoporre lo studente a una prova anche di carattere. È superando esami che si diventa adulti. Non è mai venuto in mente a nessuno che è a causa della sostanziale eliminazione di queste prove che ci troviamo di fronte alla generazione psicologicamente più fragile della storia dell’umanità? Sono queste prove che rendevano memorabili gli esami; oggi una canzone e un film come ‘Notte prima degli esami’ sarebbero incomprensibili. E i ragazzi che affrontano un esame con un membro ‘esterno’ cooptato per i suoi rapporti organici con la scuola di riferimento, non hanno un’idea di cosa significhi una vera prova. E l’insegnante che nel film (l’indimenticato Giorgio Faletti) fa all’esame la domanda a sorpresa al suo allievo, sarebbe considerato semplicemente un mostro psicopatico. L’ansia di eliminare l’incertezza dalla vita dei nostri figli ha svuotato di senso la loro vita.
La dura realtà dei fatti al di là dei sofismi, è che niente spiega le differenze tra performance Invalsi tra regioni italiane meglio della generosità dei voti: maggiore la generosità, peggiore la performance Invalsi. La generosità delle votazioni è semplicemente una delle manifestazioni della malattia che mina l’efficacia della scuola del Mezzogiorno. Va anche smentita la vulgata secondo la quale le votazioni Invalsi in Lingua, Matematica e Scienze, non misurerebbero la maturità culturale di un allievo. Sono test che misurano certamente la cultura, una misurazione lungo alcune dimensioni ed imperfetta, ma di certo non più imperfetta del voto discrezionalmente attribuito da un individuo.
Le polemiche sull’uso di Invalsi a livello individuale sono quindi pretestuose. Le valutazioni complessive possono beneficiare anche di elementi più discrezionali. Difficilmente si può sostenere che Invalsi non sia un elemento utile, nel quadro di altri, per la valutazione complessiva di uno studente. Se Invalsi diventa parte della valutazione generale però, sarà bene approntare sistemi di vigilanza formali, e in assenza degli insegnanti. Sappiamo che il rifiuto dell’esame in alcuni contesti si spinge fino all’organizzazione sistematica del boicottaggio illegale del test stesso. Ed è questa la vera caratteristica dell’epoca che viviamo: nel 1968 furono gli studenti a ribellarsi agli esami. Ora quegli studenti sono diventati insegnanti. Ma l’Italia è l’unico paese in cui sostenere l’ipocrisia di un sistema di valutazione così distorto e la mancanza di un test oggettivo di verifica è ancora possibile.
Tra i benefici di Invalsi c’è ovviamente il fatto che il test non conosce l’estrazione sociale, il genere e altri fattori discriminanti del candidato, che spesso influenzano la valutazione discrezionale. Tutti benefici più strettamente correlati con valori di sinistra. Almeno per come me li ricordo io. Inoltre, la sempre più palese esistenza di disparità nella valutazione mina alle fondamenta la validità sostanziale, oltre che formale del titolo di studio, e fornisce argomenti importanti a chi vuole smantellare la scuola nazionale. Anche questo era un valore di sinistra. Una volta, non tanto tempo fa, in Italia.