Un Ponte per unire. Autonomia per dividere

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Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 30 maggio all’interno della rubrica Spigolature

di Ermanno Corsi

Governo pericolosamente a 2 facce: al Sud buona e promettente (attualità e prospettiva) l’idea di avvicinare Sicilia e Stivale, e poi dalla Calabria immettersi nel “corridoio” che arriva al cuore dell’Europa; al Nord la perversa, antistorica insistenza nel progetto di arricchire se stesso e impoverire ulteriormente il Mezzogiorno. Due scelte antitetiche. Il Ponte sullo stretto di Messina richiede che gli studi preliminari vengano completati nei tempi tecnici che un’opera di straordinaria importanza oggettivamente richiede. L’Autonomia ha bisogno, invece, che gli studi previsionali svolti sulla nocività per tutto il territorio nazionale, riportino finalmente sulla strada della ragionevolezza quegli ambienti leghisti (calderoliani e salviniani) prigionieri del proprio istinto divisivo e discriminatorio.

IL PONTE SULLO STRETTO E GLI ASSENTI. Non sarà l’ottava meraviglia del mondo, ma un’opera che suscita enorme richiamo e interesse: un riconoscimento facile da preventivare per l’ingegnosità progettuale dell’Italia. Quello che invece continua a stupire, è la sottovalutazione, se non il giudizio negativo, che parte della politica ha manifestato non partecipando al voto di Camera e Senato. Se c’erano riserve, non erano quelle le sedi per esprimerle assumendosi ciascuno le proprie responsabilità? Rivediamo i dati. Sedici maggio scorso: a Montecitorio 182 sì al disegno che diventa legge,93 no e 1 astenuto, assenti 124 deputati. Palazzo Madama 8 giorni dopo (24 maggio) 104 sì,49 nove no,3 astenuti, assenti 44 senatori. Complessivamente, ben 168 parlamentari hanno “brillato” per assenteismo. Malattia o deprecabile disinteresse verso i problemi del Paese?

PROGETTO AMBIZIOSO. Dopo un’attesa di 60 anni, conti aggiornati: progetto esecutivo per il Ponte entro luglio 2024 e subito apertura del cantiere; 15 miliardi di costi (dal 1971 a oggi speso 1 miliardo per indennizzi e penali); campata unica di 3,3 chilometri; oltre 100 mila lavoratori impiegati più 50 mila nell’indotto; transiti ogni giorno di 6 mila veicoli e 200 treni; risparmio per gli spostamenti dalla Sicilia di 6 miliardi l’anno. L’ottimismo istituzionale diventa adesso ostentatamente un impegno d’onore. Il presidente della Regione Renato Schifani ex presidente del Senato: tra pochi mesi la posa della prima pietra. Il ministro Nello Musumeci: il Ponte sarà costruito entro questa legislatura (un’urgenza forse dovuta anche alla preoccupazione che ogni anno le due sponde di Sicilia e Calabria si “allontanano” fino a 10 millimetri).

CHI SI INTESTA L’OPERA. Su tutti Matteo Salvini. ”Sono orgoglioso di essere un umile operaio” (sembra Ratzinger che, eletto papa, si definì “un operaio nella vigna del Signore”).Il vice premier pare che ora ami sentirsi definito “l’eroe dei due mondi”. E non manca chi, come Fiorello showman catanese, se davvero il Ponte funzionerà entro 9 anni, sarà il primo a percorrerlo a piedi, nudo e con solo una tazzina davanti…Poi, serioso, ”ma perché non pensiamo prima alle strade della Sicilia raddoppiando la ferrovia?”.

AUTONOMIA “AUTARCHICA”. Sgradevole sapore di arroccamento, chiusura e populismo regionalistico, svuotamento e sottrazione di funzioni assegnate allo Stato, emarginazione di Roma capitale (sostituita di fatto da Milano?), radicamento delle disuguaglianze. Costante l’allarme Svimez: se le 3 Regioni ricche (Veneto, Lombardia, Emilia) ottenessero le materie -più pretese che richieste- il gettito da loro trattenuto sarebbe il 30 per cento dell’intero gettito nazionale. La perequazione nord-sud a carico del bilancio pubblico, diventerebbe un miraggio. Molto opportuno il richiamo del presidente Mattarella (ricordava i 150 anni dalla morte di Manzoni): l’Italia ha bisogno di consolidare l’unità, non di staterelli rinchiusi nel cerchio dell’egoismo. ”Le persone vengono prima delle etnie”, ribadisce il Capo dello Stato.

SIGNIFICATIVI STOP. Uno viene dal Senato: i tecnici del Servizio Bilancio denunciano che il costo di questa autonomia è troppo alto e tutto a danno del Sud; un altro dall’Unione europea che vede la spesa pubblica pericolosamente fuori controllo. Cara premier Giorgia: hai sempre detto che non servono improvvisazioni e che tutto deve essere attentamente esaminato dal Parlamento. Sei sempre di questo avviso?