Una risata e tanta interpretazione, il teatro comico aiuta l’affermazione dell’identità di un popolo

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Tanti auguri Sancarluccio, tanti auguri a te. 50 anni non sono pochi, ma in un Italia dove ci si afferma lavorativamente dopo i 45, il mezzo secolo non impressiona nessuno. Sempre giovane dunque, e, nonostante le vicissitudini, il cambio di timoniere (oggi è di Giuliana Tabacchini gloriosa donna manager di più fresca generazione), il teatro continua ad essere il passaggio obbligato per la carriera di ogni comico napoletano. Non poteva quindi che essere il Sancarluccio ad ospitare il convegno made in Lega, che si è proposto di indagare l’evoluzione dello sviluppo identitario attraverso la comicità dagli anni ottanta in poi. La data, quella dei magnifici 80 non è casuale.  E’ da quegli anni che tecnologia, costume ed abitudini hanno avuto un cambio di passo rispetto al vecchio clichè dell’italiano bravo, tutto cuore e mamma, un po’ fanfarone ma onesto e lavoratore. Eh no, negli anni ottanta abbiamo tutti desiderato vivere alla grande, la Milano che lavora era da bere, Napolisenevedevabene, il fine settimana un obbligo, ed il pensiero dominante era impegnarsi a lavorare tanto per permettersi di più, e poi ogni sera era quella giusta per i quattro salti in discoteca, per il teatro o per il cinema, e pazienza se si dormiva poco. La comicità che da sempre è quella che coglie della collettività le storture, le stranezze ed i nuovi clichè, a Napoli ebbe un esplosione di artisti che inventarono un nuovo modo di fare spettacolo, nuovi argomenti e il disegno di una identità del napoletano che non corrispondeva più agli schemi che i grandi del dopoguerra avevano raccontato. Totò, i fratelli De Filippo, i Maggio, Carlo Croccolo e tutti gli altri rimarranno sempre nella storia e ci faranno sempre sbellicare dalle risate, ma descrivono un mondo e le sue particolarità che sono, ovviamente, diversi da quelli dei nostri tempi. II riferimenti per l’autoidentificazione dello spettatore con il personaggio sono cambiati e i grandi del passato restano grandi, ma del tempo che fu.
 Il plotone di nuovi comici, in quel periodo, offriva il cambiamento. Il pubblico godeva dello spettacolo autoidentificandosi con i personaggi o ritrovando in essi le caratteristiche delle persone che incontrava ogni giorno. Su tutti Massimo Troisi che inventò un nuovo personaggio che del basso profilo e dell’ironia fece i mezzi per smontare interlocutori ottusi e molesti.  Il concetto d’identità si era arricchito di un nuovo strato che si aggiungeva a quelli derivati dalla precedente storia, dalle precedenti consetudini. L’identità, concetto che per alcuni sembra affermare qualcosa di demoniaco, e poco evoluto, quasi una parolaccia, è invece la ricchezza di ogni popolo.. Il famoso neuro psichiatra forense, studiando le diverse reazioni di donne nord europee, siciliane e napoletane di fronte al tradimento del partner, metteva in evidenza e dimostrava come l’identità di un popolo non è un concetto cristallizzato, ma il risultato di una stratificazione di usi e costumi e tradizioni che aumenta col passare degli anni, rinnovando l’immagine identitaria senza perdere mai un filo di tutto il precedente. Identità. Maneggiare con cura: in alcuni suscita reazioni allergiche anche rilevanti. La pubblicità progresso ne suggerisce un uso moderatissimo con abbondante uso di materiale asettico. Non prende però in considerazione il piacere assoluto di sentirsi parte di un tutto che, peraltro, viene da lontano. Una realtà sterilizzata regala la sensazione di vivere in un presente senza radici, che contribuisce a disorientare, e non fa bene all’umanità che si smarrisce e diventa ondivaga e senza riferimenti e capacità critica. Il foyer del teatro, secondo le tecniche dell’interpretazione, era stato accuratamente preparato: gli ospiti del convegno erano accolti da voci di sottofondo, intervallate da scrosci di applausi. Si potevano distinguere le voci di Troisi, di Decaro, che ha partecipato al convegno, e quelle di tutti i comici che hanno calcato il palcoscenico del piccolo, grande teatro. E insieme all‘evocazione delle presenze artistiche attraverso il suono, ecco le immagini. Come in un vicolo di Napoli alcune corde sospese mostravano, come panni stesi, le foto degli attori che si sono esibiti al Sancarluccio. L’effetto negli attori è stato dapprima la curiosità di scoprire la propria foto, poi di vedere chi fossero i soggetti delle altre foto e poi, facendo anche riferimento ai suoni, cominciare a scambiare ricordi con gli altri attori presenti. Il pubblico non artista cercava di riconoscere sotto al trucco dei personaggi in foto chi fosse l’attore e se fosse presente in quel momento in teatro. La spinta emotiva è stata molto forte per tutti, tanto che le relazioni di Lucia Cassini, o di Enzo Decaro sono stati ricordi teneri e divertiti di quanto vissuto. Gli attori tra il pubblico intervenivano, e in un armonico alternarsi di ricordi, battute e principi di commozione si è potuto riscontrare ancora una volta il valore delle tecniche interpretative nell’incidere sull’autoidentificazione del visitatore.  P.S. alla fine attori e pubblico hanno staccato le foto e qualcuno è tornato a casa con una foto con dedica, qualcun altro ha arricchito il proprio album personale. Obiettivo raggiunto: autoidentificazione effettuata, pioggia di emozioni e pieno ripescaggio dei valori identitari. Il Sancarluccio è stato festeggiato.