Venti di guerra, nuovo crollo per le borse cinesi

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Il punto. Piazza Affari in netto calo: il Ftse Mib segna -2,27%, il Ftse Italia All-Share -2,28%, il Ftse Italia Mid Cap -2,32%, il Ftse Italia Star -2,19%.
In forte ribasso anche i principali mercati azionari europei, dopo il nuovo crollo borse asiatiche: DAX -3,2%, CAC 40 -2,8%, FTSE 100 -2,4%, IBEX 35 -2,6%.
Future sugli indici azionari americani in calo dell’1,7-2,0 per cento. Le chiusure della seduta precedente a Wall Street: S&P 500 -1,31%, Nasdaq Composite -1,14%, Dow Jones Industrial -1,47%.
In forte ribasso Tokyo con il Nikkei 225 a -2,33%. Nuovo crollo per le borse cinesi: a Shanghai l’indice CSI 300 termina a -6,93%, a Hong Kong l’Hang Seng a -3,09%.
Euro in calo dai massimi di inizio mattinata a 1,0830. EUR/USD al momento oscilla in area 1,0780.
Inizio seduta positivo per l’obbligazionario eurozona. Il rendimento del BTP decennale rispetto alla chiusura precedente cede 1 bp all’1,47%, quello del Bund scende di 2 bp allo 0,49%. Lo spread sale di 1 bp a 98.
Il petrolio sprofonda su minimi pluriennali e si avvicina ad area 32 dollari/barile, trascinando al ribasso i titoli del settore: l’indice EURO STOXX Oil & Gas segna -3,4% circa.

Borse asiatiche
Ottimismo di breve durata dopo la seduta in progresso di mercoledì che aveva spinto gli indici di Shanghai in su di circa il 25%. Nuovo tracollo e conseguente stop alle contrattazioni, dunque, per i mercati della Cina continentale. Shanghai e Shenzhen hanno terminato gli scambi con largo anticipo, dopo che Shanghai Composite e Shanghai Shenzhen Csi 300 hanno toccato una perdita superiore al 7% (rispettivamente il 7,32% e il 7,21%) livello che porta all’automatica interruzione delle contrattazioni per il resto della giornata.

Lo Shenzhen Composite ha fatto persino peggio, segnando un declino dell’8,34% prima di venire fermato.

E la sfiducia si è fatta sentire anche a Hong Kong, con l’Hang Seng che perde oltre il 3% avvicinandosi alla chiusura (mentre l’Hang Seng China Enterprises Index, sottoindice di riferimento per la Corpo rate China sulla piazza dell’ex colonia britannica, sfiora un declino del 5%).

Intanto la China Securities Regulatory Commission ha dichiarato che impedirà ai grandi azionisti (detentori di quote superiori al 5%) di vendere sul mercato più dell’1% del flottante di una quotata nell’arco dei prossimi tre mesi. Gli investitori dovranno anche comunicare all’autorità di mercato cinese i propri piani di riduzione delle partecipazioni con 15 sedute di anticipo. Ad appesantire i corsi a Shanghai e Shenzhen, oltre ai venti di guerra in arrivo da Pyongyang (la Corea del Nord ha comunicato di avere condotto con successo il test di esplosione di una bomba all’idrogeno miniaturizzata) è stato l’ennesimo deprezzamento dello yuan da parte della People’s Bank of China, con l’obiettivo di spingere l’export, nel declino più deciso tra due fixing consecutivi dallo scorso agosto e nell’ottava seduta d i fila in cui la valuta è stata tagliata nei confronti del dollaro.

La tendenza ribassista era partita da Wall Street (i tre principali indici Usa avevano perso oltre l’1% mercoledì), a causa delle tensioni geopolitiche (Corea del Nord ma anche Iran-Arabia Saudita) e dell’ennesimo declino dei corsi del greggio (il Brent viaggia intorno a 33 dollari al barile, ai minimi dal 2004), e complice il nuovo sell-off cinese si è trasferita in Asia. L’indice Msci Asia-Pacific, Giappone escluso, è in declino di oltre il 2% ai minimi dallo scorso settembre.

A Tokyo, il Nikkei 225 ha chiuso con una perdita del 2,33% trascinata al ribasso dai grandi esportatori Toyota, Nissan, Sony (in arretramento del 2-4%), nonostante l’ulteriore indebolimento dello yen nei confronti del dollaro Usa.

A Seoul, sono stati soprattutto i titoli tecnologici (Samsung Electronics, Samsung Sdi e Sk Hynix) a perdere terreno e il Kospi ha registrato una flessione dell’1,10% al termine della seduta. Performance simile anche per Sydney, con l’S&P/ASX 200 che chiude in declino del 2,20% mentre il dollaro australiano scivola ai minimi degli ultimi due mesi sulla valuta Usa.

Borsa Usa
A New York i principali indici hanno chiuso la seduta in netto ribasso, ai minimi degli ultimi tre mesi. Il Dow Jones ha perso l’1,47%, l’S&P 500 l’1,31% e il Nasdaq Composite l’1,14%. A pesare sono stati una serie di fattori. Primo il possibile rallentamento dell’economia cinese. In mattinata è stato pubblicato un altro dato macroeconomico deludente mentre la People’s Bank of China ha deciso di svalutare ulteriormente lo yuan.

Il petrolio (Wti) è sceso sotto i 34 dollari al barile (-5,56% a 33,97 dollari). Infine da segnalare le tensioni geopolitiche dopo il test nucleare annunciato dalla Corea del Nord. Dai dati macroeconomici Usa pubblicati in giornata sono arrivate indicazioni contrastanti. La stima ADP (National Employment Report) sul mondo del lavoro ha evidenziato, nel mese di dicembre, una crescita di 257 mila nuovi impieghi. Il dato è risultato nettamente superiore alle attese degli addetti ai lavori che si aspettavano un incremento di 192 mila posti di lavoro. Rivista al ribasso tuttavia la rilevazione precedente a 211 mila unità, da 217 mila.

Nel mese di novembre la bilancia commerciale ha segnato un deficit pari a 42,37 miliardi di dollari, in calo rispetto al disavanzo di 44,58 mld del mese precedente e inferiore ai 44 miliardi attesi dagli economisti. Markit Economics ha comunicato che a dicembre l’indice PMI dei Servizi è sceso a 54,3 punti dai 56,1 punti del mese precedente, segnalando la peggior lettura degli ultimi 11 mesi, ma risultando comunque al di sopra della stima flash pari a 53,7 punti. L’indice ISM non manifatturiero e’ sceso nel mese di dicembre a 55,3 punti dai 55,9 punti del mese precedente. Il dato e’ risultato inferiore alle previsioni degli economisti fissate su u n indice pari a 56 punti. Seppur a un ritmo più lento rispetto ai mesi precedenti è confermata una crescita da 71 mesi consecutivi. Nel mese di novembre gli ordini industriali sono diminuiti dello -0,2%, in linea con le attese, dopo l’incremento dell’1,3% registrato a ottobre (rivisto dal +1,5%). Sul fronte societario male il settore energetico, sugli scudi invece il comparto minerario grazie al rialzo delle quotazioni dell’oro.

Tra i singoli titoli Apple -1,96%. Secondo il quotidiano giapponese Nikkei, il gruppo di Cupertino potrebbe tagliare del 30% la produzione degli iPhone 6s e 6s Plus a causa della crescita delle scorte.

Smith & Wesson -4,45%. Wedbush ha tagliato il rating sul titolo del produttore di armi da fuoco a neutral da outperform. Monsanto -1,55%. Il colosso agrochimico ha annunciato una trimestrale in perdita e con ricavi in calo. Nel primo trimestre il risultato netto è stato negativo per 253 milioni di dollari contro l’utile di 243 milioni di un anno prima. Escluse le poste straordinarie la perdita per azione si è attestata a 0,11 dollari contro la perdita di 0,23 dollari indicata dal consensus. I ricavi sono diminuiti a 2,22 miliardi da 2,87 miliardi. Gli analisti avevano previsto un giro d’affari di 2,38 miliardi.

Chipotle Mexican Grill -4,97%. La catena di fast food messicana ha annunciato un outlook inferiore alle attese. Per il quarto trimestre le società stima un utile per azione compreso tra 1,70 e 1,90 dollari (consensus 2,54 dollari). Yahoo -0,12%. L’investitore Starboard Value LP ha scritto una lettera al management del colosso tecnologico chiedendo cambiamenti nel board e nelle scelte strategiche della società.

Europa
Le principali Borse europee hanno aperto la seduta in forte calo sulla scia del tonfo dei mercati asiatici. Il Dax30 di Francoforte cede il 2,5%, il Cac40 di Parigi il 2,6%, il Ftse100 di Londra l’1,7% e l’Ibex35 di Madrid il 2,4%. La banca centrale cinese ha svalutato ulteriormente lo yuan a 6,5646 per dollaro, il livello più basso da marzo 2011.

Crollano le quotazioni del petrolio. Il Wti cede il 5,2% a 32,22 dollari al barile mentre il Brent sull’Ice di Londra perde il 5,7% a 32,27 dollari.

In Germania, l’Ufficio federale di statistica (Destatis) ha reso noto che nel mese di novembre le Vendite al Dettaglio hanno fatto segnare una crescita dello 0,2% su base mensile. Le attese erano fissate su un incremento dello 0,5%. Su base annuale l’indice è cresciuto del 2,3% (consensus pari a +2,4%), dal +2,5% della rilevazione di ottobre.

Nello stesso mese gli ordinativi industriali sono aumentati dell’1,5% rispetto al mese precedente, battendo stime degli analisti che avevano calcolato un incremento pari allo 0,1%. A ottobre gli ordinativi erano cresciuti dell’1,7%.

Nel Regno Unito, l’Indice Halifax dei Prezzi Immobiliari a dicembre ha registrato un incremento dello 1,7% su base mensile. Il dato mostra un deciso miglioramento rispetto alla rilevazione del mese precedente pari a -0,2%. Rispetto a dicembre 2014 l’indice è cresciuto del 9,5% dal +9,0% della rilevazione precedente.

Italia
Tra le principali piazze del Vecchio Continente è andata particolarmente male Milano, che nei giorni scorsi aveva invece fatto meglio delle altre borse. Nonostante la giornata festiva i volumi sono aumentati decisamente nel corso della giornata.

A livello settoriale male i bancari, mentre tra i singoli titoli spicca lo scivolone di Fiat Chrysler Automobiles. Così a fine seduta il FTSEMib ha chiuso con un ribasso del 2,67% a 20.422 punti, mentre il FTSE Italia All Share ha registrato un calo del 2,46% a 22.209 punti. Performance negativa anche per il FTSE Italia Mid Cap (¬1,11%) e il FTSE Italia Star (¬1,1%).

In crescita i volumi: nella seduta di ieri il controvalore degli scambi è stato pari a 2,55 miliardi di euro, rispetto ai 2,16 miliardi di ieri. Su 312 titoli trattati, 66 hanno terminato la giornata con un rialzo, mentre le performance negative sono state 225. Invariate le restanti 21 azioni. L’euro è salito a 1,0758 dollari. L’oro si è attestato a 1.090 dollari.

Tra i singoli titoli male Fiat Chrysler Automobiles, arretrata del 5,26% e anche sospesa nel corso della giornata per eccesso di ribasso. Il collocamento di Ferrari (¬0,81%) ha evidentemente tolto un po’ di appeal speculativo al titolo del Lingotto, che in queste ore è stato confermato da Goldmans Sachs all’interno della “convinction buy list” (la lista dei titoli da comprare con convinzione). Gli ultimi dati sulle immatricolazioni in Italia e negli Usa hanno ribadito le buone performance commerciali degli ultimi mesi. A pesare sul gruppo guidato da Sergio Marchionne alcune indicazioni negative in arrivo dal Brasile: secondo l’associazione dei concessionari del paese sudamericano le vendite di auto dovrebbero registrare nel 2016 una flessione del 5,9%.

Male anche l’azionista Exor (¬4,05%). Male i bancari. Unicredit ha perso il 4,25%. Gli analisti di Jp Morgan hanno deciso di abbassare la loro raccomandazione sull’istituto, portandola da “neutrale” ad “underweight”.

Il target price è stato abbassato da 6,1 a 4,9 euro per azione. Mps ha invece perso il 3,34%, la Popolare di Milano il 3,75% e il Banco Popolare il 4,14%. Del 2,5% la flessione di IntesaSanpaolo. Tra i titoli del risparmio gestito in difficoltà Banca Mediolanum (¬5,39%). Il gruppo di Doris ha comunicato che nel mese di dicembre 2015 la raccolta netta in Fondi comuni è stata pari a 452 milioni di euro, un dato che porta il totale dell’anno a 4,68 miliardi di euro. La raccolta netta totale ha toccato il record storico di 956 milioni di euro in un solo mese, attestandosi a 4,64 miliardi di euro nell’intero 2015.

Giù anche Anima Holding (¬4,25%). Generali ha lasciato sul terreno l’1,65%. Gli analisti di Deutsche Bank hanno deciso di abbassare da “buy” (acquistare) a “hold” (mantenere) il loro rating sulla compagnia assicurativa. In difficoltà i titoli delle aziende legate al petrolio in scia ai nuovi ribassi del prezzo del greggio.

Saipem ha perso il 3,68% e Tenaris il 2,31%.

I dati macro attesi oggi
Giovedì 7 gennaio 2016

08:00 GER Ordini all’industria nov;
10:00 ITA Tasso di disoccupazione nov;
11:00 EUR Indice fiducia economica dic;
11:00 EUR Indice fiducia industria dic;
11:00 EUR Indice fiducia servizi dic;
11:00 EUR Indice fiducia consumatori (finale) dic;
11:00 EUR Tasso di disoccupazione dic;
11:00 EUR Vendite al dettaglio dic;
14:30 USA Richieste settimanali sussidi disoccupazione.