Viva l’Italia

Festa della Repubblica piena di significati, quella celebrata questo due giugno in Italia. Probabilmente anche la retorica che, come d’abitudine nelle precedenti edizioni, si appropriava di buona parte della scena, quest’anno ha ceduto opportunamente il passo a altri argomenti in tema, senza dubbio di portata più ampia e più attuale. È opportuna una premessa. Il cambiamento del regime monarchico nel Paese fu combattuto al calor bianco e la vittoria repubblicana non fu proprio un trionfo. Per una volta, un insieme di concomitanze positive fece si che tutto andasse nel migliore dei modi, nonostante le tante difficoltà obiettive: l’Italia era alle prese con una pesante sconfitta bellica.Una di esse, probabilmente quella di maggior peso, fu che quella commedia a lieto fine fu recitata solo da protagonisti, senza comparse. La storia, a ragion veduta, qualifica quelle figure come Padri della Patria. Personaggi di grande levatura e di specchiata moralità, quegli stessi furono pronubi del lieto evento che generò la repubblica, gestito con buon senso e serenità di pensiero. La caratteristica singolare che accomunava quei giganti era che furono avversari politici convinti sempre, nemici personali mai, per il bene del Paese. Una condizione questa che presto sarebbe restata solo un ricordo per il drastico mutamento nella gestione dei rapporti intercorrenti tra i rappresentanti del popolo. Cionostante la dama turrita ipotizzata del re Italo, se e quando non è facile stabilirlo, con qualche segno dell’età è arrivata al terzo millennio. Ora sarebbe tempo che venisse sottoposta a un’opera simile a quelle di straordinaria manutenzione, essendo il suo check up in atto da tempo e senza soluzione di continuità. Pur avendo ricevuto qualche bordata nel corso della sua evoluzione, attualmente essa rappresenta comunque una eloquente testimonianza di quanto sia importante il poter vivere liberi, in un sistema sociopolitico democratico. Tutto ciò balza prepotentemente agli occhi e dovrebbe far riflettere sulla esatta portata di quanto sta accadendo non lontano dai patri confini. Probabilmente la peggiore delle manifestazioni negative che prima o poi esplodono dove la libertà non è di casa. Esse derivano inequivocabilmente da situazioni di conduzione della cosa pubblica in chiave monarchica o oligarchica. Anche perchè in tali frangenti non si può più parlare a ragion veduta di ordinamento democratico, ma è d’obbligo far ricorso, senza paura di sbagliare, al termine demagogia. Il che, espresso in termini da avventori del Caffè dello Sport, vuol rendere il concetto che la democrazia non è un’ astrazione, bensi è cosa concreta e seria. Ciò che non le consente di essere presente in ogni dove, è che non è facilmente esportabile. Repetita juvant: quanto sta accadendo a est, con l’augurio che, se non possa azzerarsi subito, almeno resti circoscritto a dove è venuto fuori, è dettato soprattutto dal modo singolare di certuni sedicenti leader indigeni di rapportarsi con il resto dell’umanità. Accade inoltre che, in maniera diffusa, a occuparsi di quanto sta succedendo ormai da più di tre mesi, siano eserciti di soli generali o alti gradi, spesso scollegati tra di loro, con interlocuzioni e collaborazioni occasionali, talvolta ondivaghe. Se è ancora vero che de minimis non curat praetor, le sue dirette emanazioni, in questo caso le diplomazie in qualche modo coinvolte, oltre alle funzioni di mera e formale rappresentanza, di concreto non stanno facendo niente o quasi. È noto il modo di dire esteso nel tempo anche a altre categorie professionali, che ambasciator non porta pena. Lo sa bene Vazlov, capo della diplomazia russa, e pretende che i suoi interlocutori, il resto del mondo, si attengano al suo dettato. Altrettanto fa Putin, che manda il più possibile quel ministro degli esteri in avanscoperta, riservando per sé l’ultima parola. Sono comportamenti, quelli appena descritti, che connotano marcatamente la scarsa se non nulla volontà di chi li mette in atto, di servire il popolo, ma badare biecamente a ripetere tra loro sbornie di potere non stop. La Tirannia non ha permesso mai nella storia che il suo protagonista lasciasse impunito il suo scranno. La meno riuscita delle manifestazioni democratiche, anche se un attimo prima della fine della partita, ha concesso più volte ai suoi protagonisti l’occasione di riscatto.Tanto si potrebbe affermare, anche se tirato per i capelli, del passaggio dalla prima alla seconda repubblica italiana. L’argomento può diventare un campo minato, di cui, di questi tempi, nessuno avverte la mancanza. È pur vero che anche l’occhio vuole la sua parte. Giorni fa si è potuto assistere, per chi lo ha voluto, al Grand Guignol che il regista Putin ha messo in scena sulla Piazza Rossa di Mosca. Protagonista non è stato il popolo ma l’armamentario di cui dispone il suo esercito. Nel bacino del Mediterraneo altri personaggi con ben diversa carica umana hanno festeggiato il compleanno della loro repubblica, assistendo alla deposizione della rituale corona da parte del Capo dello Stato al Milite Ignoto, sull’ Altare della Pace.Dopodiche è iniziata la festa per tutti, intendendo per essi chiunque partecipi, a qualsiasi titolo, al funzionamento dell’officina Paese per una sua affermazione sempre più incisiva nel mondo. Del resto, tra tante vicissitudini, l’ Italia e arrivata a oggi libera e considerata nel mondo. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che gli italiani, oltre a essere per lo più brava gente, sono attenti custodi del loro geniaccio, riconosciuto universalmente. Che dire poi della loro classe, che è di casa ovunque, all’interno dei suoi confini. Per concludere, viva l’Italia, senza retorica e con l’orgoglio di viverci, malgrado tutto, ancora bene.