Vorrei sentire, un poco di silenzio per favore

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NON GRIDATE PIÙ 

Cessate d’uccidere i morti, 

Non gridate più, non gridate 

Se li volete ancora udire, 

Se sperate di non perire. 

Hanno l’impercettibile sussurro, 

Non fanno più rumore

Del crescere dell’erba, 

Lieta dove non passa l’uomo.

Giuseppe Ungaretti

Qualcuno urla ora, vicino a me. I l suono sgraziato della sua voce taglia il silenzio come una lama arrugginita e ferisce la bellezza che c’era sino a un attimo fa. Ora esco per strada e davvero è un’invasione di suoni mi aggredisce: infiniti tipi di rumore che s’intrecciano, determinando una bruttezza incredibile che non si vede, ma ovviamente si sente. Anzi, non si sente niente. Napoli è la prima città per il rumore in Europa e la terza nel mondo dopo New York e Los Angeles. Ma è la prima se si considera il numero di abitanti. Altro record negativo! D’accordo è vero la stazione metropolitana di Toledo è la più bella del mondo e questo è un record positivo. Forse quando sarà dopo più di 20 anni aperta la piazza della stazione centrale anche questa avrà un primato buono. Ma torniamo a questo punto dei rumori. Ci sono tutti gli insopportabili rumori che conosciamo, inutili, anzi dannosi anche perché l’inquinamento acustico è inquinamento. Ma quello che trovo veramente il peggiore insieme all’abbaiare del cane durante la notte, è l’urlo umano. Chi urla spesso presume che questo conferisca più vigore e forza alle proprie argomentazioni, che le renda più consistenti, più convincenti. L’urlo è aggressività, strumento in generale dell’ignoranza e del torto che sono riempite dal rumore che è un vuoto che si propone di essere pieno. Chi urla non si rende conto di ottenere esattamente il contrario di quello che si propone, ovvero di essere sentito. Non si sente, perché spesso anche se le orecchie rimangono aperte, si chiudono il cuore e la mente e poi il contenuto di chi urla diventa altro rispetto a quello che esprime. Quanto rumore e parole ovunque per esprimere, proprio usandole, la loro assenza. Ma qui,a Napoli, le persone hanno un tono verbale alto, anche se la condizione emotiva è tranquilla. Fa parte dell’esagerazione di questa città in cui tutto è eccedente e nello stesso tempo spesso carente. Sto rientrando a casa dove troverò forse del silenzio e penso quanto può essere prezioso, ovunque ma soprattutto qui a Napoli questo bene, proprio perché più raro che a Bellinzona. Umberto Eco lo evoca alla fine delle 580 pagine de Il nome della rosa: «Non mi rimane che tacere” ed io osservando ora lo sguardo di mia nipote Serena di tre mesi penso che devo stare zitto perché “non ci sono parole per dirlo”.