L’apertura culturale dell’innovazione aperta

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Fare innovazione aperta non vuol dire mettere vino vecchio in botti nuove. Pratica, quest’ultima, molto apprezzata dal Bazar proprio perché promuove le riforme conservatrici e boccia le rivoluzionarie.

La cultura – e quella dell’innovazione aperta non fa eccezione – è un fiume carsico che scorre a un livello molto profondo, sotto lo strato superficiale delle mode culturali del momento. Scendendo in profondità si scopre che non regge alla prova dei fatti la visione manichea dell’innovazione, la sua netta divisione nei due princìpi opposti della chiusura e dell’apertura dell’innovatore, sia esso un singolo o un team, al mondo esterno. Già negli anni ‘80, sia in Svezia che in Finlandia, i programmi tecnologici si svolgevano tramite collaborazione tra imprese, università e autorità pubbliche. Anche il complesso dei programmi europei faceva riferimento all’apertura e alla co-creazione. Più in generale, in assenza di un’apertura culturale, l’innovazione aperta si presenta come un vino vecchio messo in nuove botti, per usare un vecchio detto ripreso da Trotte Hartmann nel loto testo “Why ‘Open Innovation’ Is Old Wine in New Bottles”, pubblicato dall’International Journal of Innovation Management Vol. 13, No. 4, 2009.

Ancor prima che l’innovazione entrasse nel linguaggio comune, come raccontato da Rita Gunther McGrathnella sua “Brief History of Inventing Innovation”, pubblicata da Harvard Business Review il 15 ottobre 2012, nel vocabolario aziendale la parola ‘diversificazione’, che stava a indicare l’obiettivo di entrare in nuovi territori di business, si accompagnava alla conoscenza e all’informazione oltre le mura aziendali, da ottenersi intrecciando legami esterni. È dunque in un continuo che va dalla debolezza alla forza, dall’occasionalità alla sistematicità, dalla bassa all’alta qualità dei legami, che si dispiega l’innovazione aperta.

Dismesso l’abito del dualismo manicheo, l’apertura mentale offre la visione dell’innovazione aperta come un processo in divenire tutt’altro che perfetto, non lineare ma ciclico, con punti di origine i più vari, che emette segnali di preavviso ed è dotato di meccanismi di retroazione. L’apertura mentale, poi, agisce da calamita che attrae in quel processo i talenti e sviluppa cicli veloci d’iterazione creativa. Ne scaturiscono comportamenti altamente generativi di responsabilità e benefici reciproci.