Per riforme utili serve coraggio

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Presidente, se davvero la Costituzione è obsoleta – a me non sembra e, credo, neppure a lei – anziché lasciare che chiunque va al potere ne distrugga un pezzo, è meglio farla restaurare da chi se ne intende. Come lei sa, competenza e partecipazione sono le fondamenta, ormai sgretolate, della società. Eravamo un grande paese quando agli ignoranti erano precluse le vie della politica. Oggi, invece, pontificano, per di più, applauditi. Non so se è rimasta tra le sue prerogative la facoltà di istituire o suggerire un’Assemblea costituente, che risolverebbe tanti problemi, per ora dibattuti da incapaci. L’evento eccezionale darebbe una scossa al costume che ci sta portando irrimediabilmente al disastro. Lei, che è credente, non un cattolico di professione, sa che nei momenti di dissesto morale e di crisi della fede, la Chiesa non ricorre al pontificato di un chierichetto, ma indice un Concilio. La democrazia vacilla, Presidente, e lei, come tutti, sta a guardare. Siamo prossimi al “Si salvi chi può”. Persino la Consulta è catechizzata e edulcora le sentenze per consentire al governo di derubare i pensionati. Chi ha controllato se i 35 miliardi sono una cifra reale o inventata, come tante altre bugie? Non ci sono più certezze né punti di riferimento. I contrappesi che impediscono ai tre poteri dello stato di prevaricarsi l’un l’altro, con la soppressione del senato elettivo stanno per essere alterati. È una considerazione che ha certamente fatto anche lei. Se la ripeto non è per ricordarla ai lettori, impotenti come me, ma per infonderle quel coraggio che le manca per essere un vero garante della libertà dei cittadini, tra cui i suoi figli e i suoi nipoti. Non creda a chi, per piaggeria, le dice che lei è il capo dello stato che l’Italia aspettava. Pensi al giudizio che le darà la Storia. Se lei non è grillino – perché a loro affida la gestione del paese l’iniqua legge elettorale che, senza riflettere, lei si è affrettato a promulgare – faccia ciò che ogni uomo probo farebbe se ne avesse il potere. Non tema di dire ciò che pensa e, soprattutto, indica una Costituente.

Ponzio Pilato è più che mai vivo

La pressione su Marino a dimettersi è uno scandalo. È un complotto personale, peggio dell’affare Dreyfus. Nel terzo Millennio, però, nessuno s’indigna. Amici e avversari, tutti col pollice verso. Ognuno ritiene stoltamente di poter trarre vantaggio dalle eventuali dimissioni o dalla destituzione. Un posto libero fa comodo a tutti. I grillini ringraziano, perché sarà uno di loro il successore. Noi, abituati come siamo ai soprusi, non ci scandalizziamo più. Non c’è neppure biasimo per i pavidi che si dimettono dalla giunta per indebolire il sindaco. Così gli ha intimato il padrone, è normale ubbidire. Moglie e figli accolgono, poi, in casa il servo di famiglia come un uomo giusto. Non ci si vergogna più per la mancanza di dignità. Neppure se il governo togliesse il finanziamento per il Giubileo, come minaccia di fare per indebolire un galantuomo. Così soccombe la democrazia. Non c’è difesa contro la prepotenza. Si voltano tutti dall’altra parte come se il problema non li riguardasse. Ognuno pensa al proprio sporco futuro. Basta aprire le porte del Quirinale ai cittadini e Castelporziano ai disabili per avere la coscienza tranquilla. Condannato dal tribunale della politica, sarà un prefetto di polizia a decidere della sorte di Marino. Le alte cariche dello stato stanno guardare. Non c’è neppure un parlamentare a protestare, né un consigliere comunale. A difendere il sindaco di Roma, purtroppo, non c’è un Émile Zola che denunci l’abuso. Anche se ci fosse, non c’è L’Aurore a pubblicarne la difesa. Ormai anche i giornali sono asserviti al potere. Marino non è solo innocente, ma addirittura eletto dai cittadini. Destituirlo è un oltraggio agli elettori, che, però, se lo meritano. Perché è loro la responsabilità del degrado in cui siamo precipitati.

Il Calcio è in fin di vita.

Povero, insostituibile divertimento della domenica! Ci vuole un intervento, chirurgico, immediato. Il Parma è fallito. Ma è solo la prima. Ne seguiranno altre. Tutte. Rimarranno solo Juve, Inter e Milan. Un esempio di dissipatezza che tutti vogliono imitare senza averne le possibilità. Faranno un campionato a tre. Con le altre non c’è competizione, nonostante gli imbrogli. Tanti soldi in ballo, ma insufficienti a coprire le spese. Stipendi e ingaggi sproporzionati. La televisione ha svuotato gli stadi. Il Calcio non è più uno sport ma uno spettacolo. Infatti, Carpi e Frosinone sono intrusi che non sono riusciti a ostacolare. Le scommesse sono spesso truccate. I dirigenti sono disonesti o inadeguati, scelti tra i peggiori. In tanti finiscono in prigione. Poi i reati vengono prescritti. Troppa gente a succhiare. Anziché competizione e lealtà, è subito raggiro, e tanti debiti. Lo specchio di un paese corrotto e immorale, gestito da ambiziosi, ignoranti e inetti. È l’Italia in miniatura. Anche il Calcio vive al di sopra delle proprie possibilità ed è costretto a falsificare bilanci e risultati, corrompere i giocatori, drogare i giovani di denaro e successo. Come in parlamento e al governo, non sono i migliori a gestire. Gli scommettitori sono poveri disperati che credono in una fortuna che non arriverà o farabutti che conoscono già il risultato. Lotto e Gratta e vinci impoveriscono disoccupati, pensionati e vedove. Molti ci speculano, ma lo stato è assente. Anziché dei gravi problemi del paese, i giornali si occupano delle consulenze di Sofri, dal quale ricevono, però, una lezione di dignità. Sta crollando tutto. E noi continuiamo a rubare.

Miserabili destinati alla persecuzione

Trafficanti di esseri umani è una definizione impropria. Ma chiamarli così fa più effetto su un’opinione pubblica ignorante, e giustifica le accuse di cui li facciamo bersaglio. Lo erano gli schiavisti che nel XIX secolo deportavano gli africani in America. Questi esseri spregevoli approfittano, sì, dello stato di necessità – come tanti altri, anche da noi –per farsi pagare bene. Ma non obbligano nessuno a salire sui barconi. Anzi, sono ricercatissimi. Consentono ai profughi di allontanarsi dal terrore e dalle persecuzioni. Non rischiano la vita, rimangono a terra. Affidano la gestione dei trabiccoli fatiscenti ai cosiddetti scafisti, che non sono criminali, ma fuggiaschi anche loro. Non avendo soldi, si spacciano per marinai pur di ottenere un passaggio in cambio di mansioni che non sanno neppure svolgere. È della loro inefficienza la responsabilità di molti naufragi. Quest’umanità sofferente e sempre perseguitata, ovunque vada, che per almeno metà naufraga in mare durante la traversata, è vittima adesso della nostra stoltezza. Tra qualche giorno sarà l’incrociatore Cavour, ammiraglia della nostra marina militare, a guidare l’operazione che impedirà ai migranti di chiedere asilo politico all’Europa. Oltre all’immensa portaerei, saranno schierati nel Mediterraneo 5 navi militari, 2 sottomarini, 3 aerei da ricognizione, 2 droni e 3 elicotteri, con un migliaio di militari. Chissà quanto costa quest’azione bellica in piena regola. Hanno il compito di distruggere i barconi con operazioni chirurgiche che – non si sa come – non colpiranno gli occupanti. Mentre noi cerchiamo, così, di complicargli la vita, migranti e sedicenti scafisti dovranno scoprire altre vie di fuga.