Diplomazia e armamenti, due vie contrapposte

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In foto Sergey Razov

La diplomazia sembra essere l’alter ego dell’armamento spinto, che da più parti viene richiesto per l’Ucraina, se non altro perché la tecnica della comunicazione internazionale ha espresso da sempre il principio primo del dialogo e della non belligeranza che nel nuovo secolo sembrava essere almeno per l’Europa una parola d’ordine, ma non è stato così. Sicuramente negli ultimi venti anni ci si è accorti che la diplomazia era non tanto priva di personalità elevate, ma era puntualmente bistrattata ogni volta che entrava in campo politico per cercare una via di dialogo. Poi le cose sono cambiate, se non altro perché è andato crescendo il dialogo tra superpotenze, anche se su base soprattutto economica, ma almeno la globalizzazione, introducendo la necessità di conoscere e comunicare con popoli diversi, aveva dato una mano alla diplomazia nell’utilizzare la cultura come mezzo per avvicinare nazioni altrimenti inavvicinabili. Nessuno si sarebbe aspettato però, che scoppiasse in Europa un conflitto che ora preoccupa soprattutto per l’utilizzo di armamenti non convenzionali o nucleari, il che potrebbe estendere la guerra in tutto il pianeta se non metterlo alla prova in maniera definitiva. Intanto, tra i 20 Paesi che hanno partecipato martedì 26 aprile, al summit convocato dagli Usa con i partner internazionali, dedicato alla crisi ucraina, presso la base aerea americana di Ramstein in Germania, l’Italia, rappresentata dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini, ha espresso l’intenzione di inviare un sostegno diverso e più corposo all’Ucraina con armi più pesanti rispetto a quelle consegnate fino a questa fase del conflitto che oggi compie due mesi esatti.

M siamo certi che è quello che desidera il popolo italiano? Siamo sicuri che non prevale nel nostro Paese il concetto che inviare armi significa aumentare i morti? L’aumento di armi è un reale nonito belligerante per aiutare un popolo che soffre , oppure è l’ennesimo tentativo di allinearsi agli aiuti americani o britannici? L’elenco di armi potrebbe comprendere una nuova fornitura di missili Stinger, già contenuti nel primo decreto. Parliamo di sistemi a ricerca di calore, che hanno già avuto il merito di abbattere ben più di qualche aereo russo e fondamentali per proteggere lo spazio aereo. Però è l’artiglieria pesante a farla da padrone: si parla degli Obice M109, piccoli carri armati dotati di un equipaggio di quattro persone: il capo sezione/comandante, l’autista, l’artigliere e il caricatore/caricatore di munizioni. Il capo o l’artigliere puntano il cannone e aprono il fuoco. Si tratta di mezzi non più modernissimi ma ancora largamente in uso nel nostro esercito. Quelli più avanzati sono rappresentati probabilmente dai Panzerhaubitze 2000 (abbreviazione PzH 2000), semovente tedesco da 155 mm, tra i più potenti sistemi di artiglieria convenzionale schierati dal 2010 in poi. Sono capaci di una cadenza di fuoco molto alta che può sparare tre colpi in nove secondi, dieci colpi in 56 secondi e, a seconda del riscaldamento della canna, sparare continuamente tra 10 e 13 colpi al minuto. PzH 2000 è stato selezionato anche dagli eserciti di Italia, Paesi Bassi, Grecia, Lituania, Ungheria, Qatar e Croazia che hanno via via sostituito vecchi sistemi come gli M109.

Il nostro esercito ne possiede una settantina e un’eventuale corposa cessione potrebbe rappresentare un problema. L’elenco degli aiuti non è ancora finito: si parla anche dei cannoni Sidam25, importanti soprattutto per i bersagli che si trovano a bassa quota nel cielo ma soprattutto si pensa all’invio dei corazzati M113, veicolo per il trasporto delle truppe di fanteria. In questo caso si parla di “riserva” trattandosi di un mezzo molto datato: fu usato per la prima volta in combattimento nell’aprile 1962 dopo che gli Stati Uniti fornirono all’esercito del Vietnam del Sud armi pesanti sotto il programma del Comando di assistenza militare. Alla fine, l’M113 è stato il veicolo corazzato più utilizzato dell’esercito americano nella guerra del Vietnam e utilizzato per sfondare fitti boschetti nel mezzo della giungla per attaccare e invadere le posizioni nemiche.Intanto, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato su Telegram che gli alleati occidentali “hanno finalmente iniziato a rifornire Kiev con le armi di cui ha davvero bisogno. Siamo stati ascoltati finalmente – ha dichiarato Zelensky – l’Ucraina sta ricevendo esattamente quello che abbiamo chiesto”. Di parere diverso l’ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov, durante un’intervista concessa ai giornalisti della trasmissione di Rete 4. “Per me è una logica strana che per arrivare la pace devi mandare nella zona del conflitto armamenti pesanti” sottolineando che questo “non farà che peggiorare le nostre relazioni bilaterali”.

Se l’arma della diplomazia serve ancora, occorre sicuramente una personalità che faccia capire, pima di sovvertire le stesse realtà che la storia ha voluto incrementare dopo i lunghi conflitti mondiali, che la diplomazia deve scendere in campo soprattutto quando il dialogo e impossibile e il nemico sembra diventare il soggetto più debole ed indifeso, e in questo conflitto tale punto si è superato abbondantemente da molto, e anche la musica di Bono nella metropolitana di Kiev sembra ricordare quella dei valzer di Strauss mentre le bombe dall’alto devastavano le capitali europee nel 1943.