Caccia al valore – Il rovescio della medaglia

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Abbiamo recentemente scritto che le ultime due grandi crisi economiche del 2008 e del 2011 hanno causato la perdita di circa un milione 200 mila di posti di lavoro in Italia mentre hanno sorprendentemente favorito la crescita del Abbiamo recentemente scritto che le ultime due grandi crisi economiche del 2008 e del 2011 hanno causato la perdita di circa un milione 200 mila di posti di lavoro in Italia mentre hanno sorprendentemente favorito la crescita del numero di occupati in Germania, dove si è registrato un aumento di oltre 1 milione 900 mila unità. Ampliando l’orizzonte di analisi, negli ultimi quindici anni il Prodotto interno lordo italiano (PIL) è rimasto praticamente invariato, mentre il PIL tedesco è cresciuto del 15% circa. Analizzando gli effetti di tali divergenze sul fronte finanziario, dal 2000 ad oggi la capitalizzazione di borsa italiana si è ridotta da 800 a circa 470 miliardi di euro (meno 41% circa) mentre il rendimento lordo annuo dei titoli di Stato con scadenza decennale, nello stesso periodo, si è più che dimezzato, passando dal 5,5% registrato nel mese di gennaio 2000 al 2% circa; lo stock di debito pubblico, infine, è aumentato da 1.450 miliardi di euro a circa 2 trilioni di euro (+38% circa). La borsa di Francoforte negli ultimi quindici anni ha registrato un rialzo del 47%. L’indice di borsa tedesco, il DAX, è ai massimi storici, mentre il rendimento annuo lordo delle obbligazioni governative (Bund) con scadenza decennale,pari allo 0,7%, è ai minimi storici. L’economia tedesca, dopo anni di crescita, si è improvvisamente inceppata: nel secondo trimestre del 2014 il PIL tedesco è diminuito dello 0,2%, nello scorso mese di agosto l’indice degli ordini nell’industria è calato del 5,7% registrando la contrazione più elevata dal gennaio 2009 e la produzione industriale, nello stesso periodo, ha subito una riduzione del 4%. A tal proposito non va dimenticato che, prima dell’entrata in funzione dell’euro, il grande “malato d’Europa” era proprio la Germania, con 4 milioni di disoccupati e una economia in stagnazione. La scelta tedesca di utilizzare l’avanzo commerciale con l’estero per investimenti al di fuori dei confini nazionali, affidando alle banche il ruolo di hedge fund che hanno finanziato a leva gli acquisti (spesso sbagliati) in società straniere, ha sortito l’effetto di indebolire la base produttiva interna e di deprimere la crescita; nel 2013, gli investimenti tedeschi nel settore pubblico sono stati pari all’1,6% del PIL, inferiori a quelli italiani (1,7%) e alla media dei Paesi dell’Unione Europea (2,2%). Lo spauracchio della recessione tedesca rappresenta paradossalmente una buona notizia per l’Europa e per il mondo intero: dopo anni di durissima opposizione alle politiche espansive della Banca Centrale Europea da parte dei “falchi” della Bundesbank, il prossimo 4 dicembre Mario Draghi annuncerà con ogni probabilità l’inizio di un programma di acquisti di titoli di Stato su larga scala allo scopo di iniettare liquidità all’interno del sistema per incentivare la crescita economica. Non è da escludere che a breve il governo tedesco, dopo anni di ottusa rigidità, possa cedere anche sul fronte delle politiche di austerità imposte ai Paesi membri che, di fatto, hanno favorito l’esplosione di una crisi continentale che sta mettendo in seria discussione il benessere economico della Germania stessa. Dovendo analizzare l’impatto delle variabili economiche sul fronte finanziario, probabilmente stiamo per assistere a una clamorosa rivincita dell’Italia nei confronti della Germania: oggi, in presenza di rendimenti sui titoli di Stato tedeschi praticamente nulli e con l’indice di borsa tedesco ai massimi storici (con tassi di crescita decisamente superiori rispetto al PIL), l’investimento in obbligazioni e azioni italiane rappresenta in termini relativi una soluzione sotto il profilo rischio/rendimento decisamente più saggia e opportuna. Infatti, i rendimenti dei nostri titoli di Stato sono mediamente pari al triplo di quelli tedeschi e il nostro indice borsistico, dal 2000 a oggi, ha ceduto quasi la metà del suo valore a fronte di una riduzione del PIL di appena un punto percentuale. Infine, l’auspicato imminente intervento della BCE e la concreta possibilità che i governi europei possano ribellarsi dall’incubo del fiscal compact, aprono la strada verso un auspicato recupero delle economie dei Paesi periferici nei confronti della Germania, avviando un processo di riequilibrio necessario a stemperare le recenti tensioni politiche e sociali che, di fatto, rischiano di minacciare la democrazia del vecchio continente.