La formazione a supporto dell’innovazione

250

di Ugo Calvaruso

Oggi si parla tanto di “innovazione” e di “formazione”, ma a cosa possono servire le attività formative e come possono stimolare la generazione di nuove idee o la produzione di prodotti, servizi o processi innovativi?

Per rispondere al quesito bisogna partire dalla comprensione di quale sia il significato di “innovazione” a cui ci riferiamo. Possiamo parlare, innanzitutto, di innovazioni generiche, che definiremo anche “primarie”, quali l’elettricità o l’informatica, e di innovazioni secondarie, o di procedimento, quali la catena di montaggio o l’e-commerce.

Sia la catena di montaggio che l’e-commerce sono quindi innovazioni di procedimento in quanto hanno adattato rispettivamente innovazioni generiche, come l’elettrificazione o l’informatizzazione, a specifici bisogni, relativi a determinati settori, come l’industria automobilistica o i servizi commerciali.

Tutto ciò deve farci porre l’attenzione sul fatto che, mentre le innovazioni generiche tendono a trasformare o ad aprire nuovi mercati ma non a determinare una crescita economica nell’immediato, le innovazioni di procedimento consentono di migliorare il processo produttivo o erogativo (nel caso dei servizi) delle imprese e quindi di aumentare anche il loro rendimento.

L’ondata di innovazioni secondarie innescata dall’avvento e dalla diffusione di innovazioni generiche si traduce in una maggiore intensità di innovazione e una potenziale crescita economica nel lungo periodo.

Arrivati a questo punto, però, rimane un quesito aperto: cosa c’entra e a che serve la formazione? E, soprattutto, come possono le attività formative stimolare la generazione di nuove idee o la produzione di prodotti, servizi e processi innovativi?

Nel caso in cui parliamo di innovazioni generiche la formazione può essere utile a stimolare la scoperta, l’apertura al nuovo, la capacità di affrontare le paure relative alle novità e, rispetto al suo ruolo politico, la mediazione tra gli interessi delle imprese, dei territori e dei cittadini. Invece, rispetto alle innovazioni secondarie, le quali non a caso richiedono l’investimento di risorse (che altrimenti andrebbero allocate nella produzione o nell’erogazione di servizi che generano direttamente valore per l’azienda), la formazione è funzionale e fondamentale per la diffusione e la “fecondazione” delle innovazioni generiche, far riflettere sui possibili utilizzi delle stesse al fine di soddisfare bisogni specifici di un settore o risolvere problemi presenti in alcuni processi produttivi, ridurre gap di competenze o di conoscenze per ammodernare le attività, e non solo.

Ecco, perché, dinanzi al “nuovo” mondo, alle innumerevoli trasformazioni in atto e alle tecnologie generiche che hanno bisogno di innovazioni secondarie o di procedimento, il ruolo della formazione non può che beneficiarne. A patto che tutti gli attori e gli stakeholder che fanno parte del settore riescano a creare un ecosistema formativo italiano in grado di generare maggiore crescita (sempre più sostenibile e inclusiva) e, soprattutto, maggiore benessere diffuso per il nostro Paese. Questo richiede certamente una maggiore consapevolezza sia di chi investe in formazione sia di chi fa formazione.