Scienza contro cultura, questa guerra non s’ha da fare

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Ci fu un giorno l’alba della pandemia, poi la piena pandemia, poi fu la volta delle varianti. Le chiusure, le aperture. Le proteste per le aperture, quelle per le chiusure. Ed ora Green Pass e la vita è bella. Dagli al novax.  Guelfi e ghibellini. Sommo Dante aiutaci tu. In questo mare a correnti alterne e gorghi senza fine: i Musei. Gli unici posti a zero contagi da sempre. Gli unici interni in cui il famoso e pericolosissimo affollamento non si verifica neanche a volerlo. I Musei che furono chiusi sin dall’inizio, i Musei il cui uso grazie agli spazi immensi avrebbe risparmiato la DAD, I Musei che a frontiere chiuse hanno potuto riprendere le attività col solo pubblico nazionale ed anche con buoni risultati. Oggi accessibili solo con il magico tesserino che ti qualifica tra i buoni, gli evoluti, i ligi, e gli avveduti. Coccarda. Molto bene. Anzi Male. Le polemiche impazzano. Il Direttore della Cappella Sansevero rifiutando di accettare un imposizione, discriminante nei confronti della cultura, si è dimesso ha lasciato il suo lavoro. Sic est. Possiamo scegliere tra continuare a giocare al noidiquievoidila, possiamo lasciare qualcuno dietro la lavagna, oppure abolire un provvedimento che per i musei è sbagliato quanto la loro chiusura. Le ragioni sono sempre le stesse: i musei non sono luoghi di contagio. Prego trovare uno, un solo, sparuto episodio di contagio o malattia in un Museo, un solo piccolissimo quanto pernicioso assembramento di fronte a una scultura, una tela, una ceramica. Embè. Inutile la malizia di tanti sillogismi più o meno realistici, fantasiosi, tendenziosi. Soluzioni prego. Abbiamo da un lato uno stato che ormai rinnova il suo stato d’emergenza con la stessa disinvoltura con cui apre e chiude i musei, le attività, la vita delle persone. Ha deciso che per vivere ci vuole il lasciapassare. Dall’altra, la popolazione ribelle, che per motivi di ogni tipo rifiuta di sottoporsi alle pratiche richieste e per questo è punita con l’esclusione dalla vita sociale, lavorativa, culturale. Capuleti contro Montecchi. Divide et Impera. L’ex calciatore spagnolo, cantante di tanti drammi d’abbandono sentimentale, singhiozzerebbe il suo: “non si vive così”. Una soluzione, facile e di pronta esecuzione c’è: in nome di una sicurezza maggiore, al botteghino di un Museo, di un Teatro, di un Cinema una bella postazione di tamponcino rapido, quello che non da neanche tanto fastidio, e via, si entra. Se davvero lo scopo della gestione sanitaria nazionale è quello di salvare i sani dal contagio, questo dovrebbe bastare. Nessuna libertà violata e sicurezza sanitaria preservata. Lo spiegamento davvero notevole di addetti al vaccino, postazioni fisse e mobili, sarebbe notevolmente ridotto e il personale riconvertito ai controlli nelle strutture. Il problema non sarebbe economico. La cultura non sarebbe discriminata, la gente nemmeno e la forza di un lasciapassare non sarebbe dequalificata da un regolamento che maliziosamente potrebbe essere interpretato come un arma per obbligare, senza obbligo istituzionale, la gente a vaccinarsi. La scienza dovrebbe trovare soluzioni, non creare discrimini. Scienza contro cultura non si può. Proprio no.