Un bel paese di indigenti, serve la Caritas

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È Pasqua, ma non per tutti è festa di Resurrezione. Non nel senso figurato, almeno. (Peraltro, anche dal punto di vista strettamente religioso – i riti della Settimana Santa rappresentano il motivo principale per il quale la Confederazione degli artigiani (Cna) stima tre miliardi di movimento e 12 milioni di turisti tra italiani e stranieri – c’è più di una preoccupazione in giro, alimentato dal rischio concreto del terrorismo islamico che il Viminale, per la prima volta, considera con vero allarme. Di più, nel mirino c’è soprattutto Roma, secondo la polizia, e in particolare il centro della cristianità, Piazza San Pietro).
Sul fronte politico, per esempio, a circa un mese dalle elezioni, la formazione del governo è ancora di là da venire e, al momento, stando alle dichiarazioni ufficiali e soprattutto ai retroscena che si leggono sui media, è più concreta l’ipotesi di un ritorno alle urne che un accordo sull’esecutivo tra due dei tre poli emersi dalle urne il 4 marzo scorso.
Sul fronte economico, poi, nemmeno a parlarne. Sì c’è sprazzo di ottimismo qua e là, ma i numeri di base non confortano affatto. Il Paese – altro che populismo e rancore, i termini più utilizzati dagli analisti politici per spiegare il successo elettorale di M5S e della Lega – soffre, eccome. “Altro che reddito di cittadinanza, qui ci vuole la Caritas!”, ha titolato Dagospia commentando l’ultimo report dell’Inps. “In Italia 7 pensioni su 10 sono sotto la soglia dei mille euro – La spesa complessiva sostenuta dallo Stato è pari a 200,5 miliardi di euro, di cui 179,6 miliardi sostenuti dalle gestioni previdenziali”.
Detto in altri termini e con altri dati, nel Belpaese la povertà si tocca con mano. Le persone beneficiate da misure di contrasto all’indigenza – ricorda sempre l’Inps – sono nel primo trimestre 2018 quasi 900 mila e 7 su 10 dei beneficiari risiedono al Sud.
Oppure, detto con altre cifre ancora: il 45% dei contribuenti italiani dichiara fino a 15.000 euro e versa il 4,2% dell’Irpef totale mentre i “Paperoni” con oltre 300.000 euro di reddito sono 35.000 mila (lo 0,1%). E per gli appassionati di statistica aggiungo: nella fascia tra 15 e 50mila euro si colloca il 50% dei contribuenti che dichiara il 57% dell’Irpef. Il 5,3% dichiara invece oltre 50.000 euro (39% dell’Irpef totale). Il reddito complessivo totale dichiarato dagli italiani nel 2017 ammonta a circa 843 miliardi di euro (+10 miliardi rispetto all’anno precedente) per un valore medio di 20.940 euro, in aumento dell’1,2% rispetto al reddito complessivo medio dichiarato l’anno precedente. La regione con reddito medio più alto è la Lombardia (24.750 euro, mentre la maglia nera va alla Calabria (14.950 euro).
Sul Sud piagnone e perennemente assistito, inoltre, ci sarebbero molte altre cose da aggiungere. Anzi, da precisare, come ha fatto con ricchezza di particolari e di dati Marco Esposito sul Mattino di mercoledì scorso: “Al Sud si annuncia, al Nord si realizza. Un esempio per tutti: a fine 2016 si è deciso per legge che dal primo luglio 2017 il 34% degli investimenti ordinari dei ministeri dovesse andare al Mezzogiorno in base al principio banale che il 34% degli italiani vive nel Mezzogiorno. Ebbene, il primo luglio è stato fatto slittare al primo gennaio 2018, poi l’impegno è finito nel dimenticatoio. Nel frattempo si sono tenuti, il 22 ottobre 2017, due referendum consultivi in Lombardia e Veneto per chiedere maggiore autonomia. I quesiti non avevano nessun valore legale, eppure il governo in quattro mesi ha accolto le richieste di Lombardia e Veneto (cui si è aggiunta l’Emilia Romagna) e ha approvato una riforma storica, mai attivata dal 2001. Le tre regioni avranno più poteri e più risorse, mentre il Sud si dovrà accontentare della promessa di livelli essenziali di prestazione”. (…) E ancora: “3 miliardi di fondi europei destinati al Nord raddoppiano e diventano 6 miliardi con il cofinanziamento nazionale. Mentre in Campania i medesimi 3 miliardi europei diventano solo 4 miliardi, perché il cofinanziamento nazionale è tagliato di due terzi”.
Né finisce qui il rosario della Passione. Preoccupa, infatti, il calo a gennaio del fatturato dell’industria, che è sceso del 2,8% rispetto al mese precedente. E così gli ordini che registrano -0,5%. E’ pur vero, però, che il calo segue tre rialzi consecutivi, mentre su base annua gli ordini registrano +9,6%. Inoltre, le stime preliminari dell’inflazione parlano di un aumento dello 0,4% su base mensile e dello 0,9% su base annua (da +0,5% di febbraio).
E c’è anche da registrare la performance positiva di Bankitalia che quest’anno verserà allo Stato 4,9 miliardi fra dividendi del bilancio 2017 (pari a 3,365 miliardi) e imposte di competenza. Si tratta “di un livello superiore di circa 1,5 miliardi a quello, elevato, dello scorso anno” ha spiegato con soddisfazione il tanto vituperato (nei mesi scorsi) governatore Ignazio Visco. Ecco, per lui invece è vera Pasqua di Resurrezione.

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