Giornali e libertà: il Belpaese visto da lontano

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Diceva lo scrittore e medico François Rabelais – affermato umanista del Rinascimento Francese – che l’ignoranza

Diceva lo scrittore e medico François Rabelais – affermato umanista del Rinascimento Francese – che l’ignoranza è la madre di tutti i mali. Il grado di informazione dei cittadini nei paesi occidentali è tema centrale e molto dibattuto. Accade infatti che quando il giornalismo non risulta esser pienamente indipendente dal potere politico e la legislazione che regola i mezzi di informazione non è trasparente, stampa, tv, radio non informino i cittadini adeguatamente anche su temi sociali e politici di importanza per la società. E visto che gran parte dei cittadini attingono ancora queste informazioni prevalentemente dai media tradizionali, finiscono per essere male informati. Secondo la classifica annuale della libertà di stampa stilata dall’associazione Reporter senza frontiere, nell’ultimo anno l’Italia sarebbe sprofondata al posto numero 73, retrocedendo di 24 posizioni per collocarsi dietro la Moldavia ma prima del Nicaragua. Per quanto tale quadro appaia grottesco e susciti perplessità rispetto ai parametri usati, la necessità di approfondire il dibattito della qualità della informazione in Italia resta alta. Pensiamo anche alle polemiche attorno alla tv pubblica: la Rai è oggi un esempio di sprechi, di mancata trasparenza e lottizzazione, oltre che di politiche illiberali. Oggi per sopravvivere è costretta a chiedere il canone per mantenere tutti quei pesi morti che i partiti politici e cattivi dirigenti hanno insediato nell’azienda. Con una Rai privata e senza quei pesi dei raccomandati a vario titolo, i cittadini non dovrebbero più pagare dazio ma soprattutto avremmo un organo di informazione libero dai condizionamenti partitocratici. Ad arricchire l’informazione nostrana nella storia ci sono stati anche oltre 5mila corrispondenti esteri che in un secolo hanno contribuito a dare la loro impronta all’immagine dell’Italia nel mondo: la sua vita politica, la sua cultura, le sue manifestazioni, i suoi personaggi. Le numerose pagine scritte da chi osserva l’Italia da straniero hanno illustrato tesori monumentali e ambientali, presentato imprenditori e prodotti di successo, descritto riti istituzionali e rappresentato i momenti bui come quelli più felici della nostra storia. L’Associazione della Stampa Estera in Italia nasce infatti nel 1912 a Roma ed è al giorno d’oggi la più grande organizzazione di corrispondenti esteri nel mondo. Attualmente sono quasi 400 da 54 paesi che rappresentano oltre 800 media. L’olandese Maarten van Aalderen è Presidente dell’Associazione della Stampa Estera in Italia ed ha curato un lavoro prezioso per noi italiani; un libro che svela le bellezze nascoste del paese in cui viviamo, raccontate – una per una – da giornalisti corrispondenti esteri. Il prestigioso susseguirsi di pareri, sensazioni, esperienze che danno vita a “Il Bello dell’Italia” offre la possibilità a chi ama questo paese di conoscerlo, guardandolo allo specchio da punti di vista diversi dai nostri italiani, grazie ad occhi e penne olandesi, tedesche, inglesi, americane, asiatiche, africane, australiane, cristiane, arabe, ebree… Per scattare assieme la foto dell’Italia vista dal mondo, partiamo dalle esperienze quotidiane che vive un professionista olandese che lavora a Roma: quanto grande è lo spread tra i bizantinismi di norme e regolamenti italici col Suo Paese? Le differenze ci sono. Anche se le norme e regolamenti ovviamente hanno il loro motivo di esistere, se sono troppi rischiano di impedire l’iniziativa di coloro che vogliono costruire. Ora, più che mai, si sente il bisogno di ricostruire per uscire dalla crisi. Una delle differenze maggiori con l’Olanda è la questione della giustizia. I processi durano troppo in Italia. Ciò significa che quando una impresa estera vuole investire qui e ha un conflitto giudiziario, deve aspettare troppo l’esito. Questa lentezza può scoraggiare investitori stranieri e non è un caso che i dati indichino una tendenza negativa, anche rispetto ad altri paesi europei. Il libro appena uscito potrebbe avere come sottotitolo “l’Italia allo specchio: tutti i luoghi comuni rivisitati dai giornalisti stranieri”. La politica, il cibo, il terrorismo, la mafia, ma anche la cultura e l’arte, le eccellenze italiane, lo sport: quali sono i luoghi comuni sfatati e quelli confermati? Dalle interviste con i miei 25 colleghi, quindi giornalisti stranieri in Italia da tutto il mondo, emerge che la ricchezza artistica (1) e cinematografica (2) italiana non è solo una questione del passato, ma anche di oggi. È una delle sorprese che sono emerse da questo libro, dalle interviste con una giornalista polacca e una giornalista colombiana. L’enogastronomia poi esce benissimo in alcuni interventi, ma su questo gli italiani saranno meno sorpresi. La giornalista americana cita il vino e le oltre 3.000 qualità di uva, di cui 700 ufficialmente registrate. Numeri che nessun altro Paese del mondo può vantare. La bellezza della vostra lingua, che un collega iraniano segnala sempre più apprezzata (ogni anno più di mille studenti iraniani vengono in Italia per studiare e imparare l’italiano), non sarà sorprendente per voi, ma il fatto che un giornalista egiziano fa notare la grande importanza dell’Italia dal punto di vista geopolitico e la vicinanza storica che gli egiziani sentono per l’Italia, questo sì che fa piacere e potrebbe essere sorprendente. Forse molti italiani questo non lo sapevano. Sorprendente poi è l’intervista con la giornalista israeliana, che nomina i vari punti positivi dell’istruzione, che viene sempre criticata in Italia: oltre il 90% dei bambini di tre anni sono iscritti alla scuola dell’infanzia, su una media del 70% di altre nazioni. La corrispondente algerina è invece sorpresa dal senso di solidarietà degli italiani e dalla forte presenza di volontariato su tutto il territorio mentre quella turca elogia la convivialità a tavola. E’ nota la capacità degli italiani di tirarsi fuori, con grande creatività e fantasia, dalle situazioni più disastrose. Quanto ci culliamo su ciò e quanto dovremmo invece preparaci di più alle sfide di un mondo competitivo e più aperto che mai? Come ha detto giustamente il collega tedesco Udo Gümpel nell’intervista del libro, se la burocrazia non impedisce e soffoca la fantasia e la creatività, l’Italia avrà più facilità di uscire dalla crisi. La globalizzazione non deve spaventare, ma deve essere considerata una grande opportunità dove devi agire in modo tempestivo. La globalizzazione è un processo che integra non solo l’economia, ma anche la cultura, la tecnologia e la politica. Aumentano le opportunità di conoscenza perché il sapere diviene sempre più diffuso e sempre più alla portata di tutti. L’era della globalizzazione sta aprendo numerose possibilità per milioni di individui a livello mondiale: occorre coglierle. Nel libro una giornalista russa scrive che il petrolio italiano è rappresentato dal pensiero mentre uno inglese spiega che se l’Italia vuole voltare pagina deve chiarire il suo passato. In che modo valorizzare lo spirito innovativo se quello imprenditoriale è costantemente mortificato dalla soffocante presenza dello stato? La giornalista russa citava l’imprenditore Loro Piana e parlava della visione imprenditoriale necessaria per svoltare: quella per cui il petrolio italiano è rappresentato dal pensiero, dalla capacità di creare e dallo spirito innovativo. Certo, come detto, peso fiscale e burocratico non aiutano ed occorre lavorare su questi interventi di riforma per la crescita. Il giornalista inglese invece parlava del politico Sergio Flamigni, che molti non conosceranno nemmeno. Ma secondo il giornalista inglese ha lavorato con onestà e rigore negli anni di piombo, mettendo luce sulle ombre del passato. Si tratta di un metodo onesto di lavoro. L’ex politico, lasciata l’attività parlamentare, scelse di intraprende un’intensa attività di ricerca e di studio sui fenomeni del terrorismo, della P2, della mafia, che si concretizza nella pubblicazione di numerosi libri. “È bene che i giovani possano costruire il futuro dell’Italia valendosi della memoria e della conoscenza del passato onde evitare le tragedie causate dal fascismo, dalla guerra e dal terrorismo”: questo lo spirito che anima il Centro di documentazione Archivio Flamigni. L’Italia ha un patrimonio artistico record: 5mila tra musei, monumenti e aree archeologiche, con 49 siti Unesco. Un dato che viene dal Sud offre una ulteriore amara riflessione: nel 1997 visitarono la Reggia di Caserta 1,1 milioni di persone, nel 2013 meno della metà: 531mila. Sempre al Sud vengono ancora turisti europei importanti (tra cui Frau Merkel, fedele alle terme di Ischia), ma in numeri decrescenti: quali son le aree di miglioramento per gli operatori turistici italiani per soddisfare la domanda di “Italia” degli stranieri? Venezia, Firenze e Roma non hanno bisogno di pubblicità. Neanche i lagi del Nord. Sono stato invece invitato per un giro turistico in Puglia, che mi sembra una regione interessante da scoprire per gli stranieri, come la Campania del resto, il Cilento soprattutto, ma amo anche moltissimo Napoli, la grande città sottovalutata, che non a caso ho nominato nell’introduzione. Direi quindi soprattutto la Puglia e la Campania. Adoro la Sicilia, che esce anche molto bene nel mio libro, ma la bellezza della Sicilia è già nota all’estero. Gli operatori turistici devono puntare più sul Sud Italia, dove ci sono molte zone bellissime e non ancora abbastanza conosciute. Ovviamente sarebbe un bene se nelle strutture alberghiere si sapesse parlare inglese. Nel libro i racconti dei colleghi sono innumerevoli; la corrispondente argentina si sorprende per le variegate bellezze dell’Italia così come la collega canadese e l’australiana sono affascinate dalla storia della Capitale e dai suoi tesori nascosti. Tra questi, la Garbatella, che per il mio compatriota olandese, è il quartiere più bello del mondo. Ma non solo di Roma vive l’Italia: il collega svedese è molto legato a Stromboli mentre quello danese Jensen preferisce Pantelleria, a testimonianza della unicità di ricchezze di ogni sorta, presenti nella penisola. Lo scenario mondiale mostra una grande debolezza quando si analizzano le relazioni internazionali: è la debolezza della politica estera UE. Oggi i confini caldissimi sono numerosi: Libia, Ucraina, Grecia, Medio Oriente. Come si svolge questo dibattito nel suo paese e quanto le appare consapevole e preparato in Italia? L’Italia ha una posizione geopolitica molto delicata, visto che è il primo paese esposto per l’immigrazione clandestina. Ora, visto che si aggiungono le minacce di Daesh (Is) dalla Libia, l’Italia ha una posizione poco invidiabile. Ma del resto rischia tutta l’Unione Europea. In grandi linee, non ci sono grandi contrasti tra l’Olanda e l’Italia nella politica estera. Ma di questo argomento si potrebbe parlare molto a lungo. Già sulle differenze nel rapporto con la Grecia si può dire molto. Sicuramente l’Olanda sarà a proposito più vicina alla posizione della Germania. Il tema della responsabilità è sentito così come quello degli impegni che quando vengono presi dai governi dei paesi europei, vanno rispettati sino in fondo e con coerenza. Il governo olandese ha spesso in passato manifestato la necessità di pretendere disciplina e rigore ai paesi del Sud Europa, senza ricorrere al facile indebitamento scaricato sugli altri. Lei è un giornalista ed avrà potuto osservare le vicende che hanno portato alla chiusura di alcune testate, come l’Unità. Perché in Italia la cultura delle persone fa fatica a metabolizzare la basilare lezione logica ed economica per cui se una impresa offre un prodotto che non viene scelto dai consumatori è bene che smetta di sprecare risorse? In Olanda abbiamo da tempo la mentalità che chi non riesce ad offrire un prodotto che interessa, deve semplicemente cambiare prodotto, altrimenti chiude. Punto. Nel corso degli anni, ci sono stati dei sussidi statali enormi per le testate giornalistiche in Italia, con abusi enormi, ma questo ora sta cambiando radicalmente. In Olanda i giornali non hanno sussidi, in effetti un’altra realtà e sistema. Il grado di informazione sulla realtà circostante è un elemento vitale per aiutare i cittadini a valutare l’efficacia delle politiche pubbliche: l’ignoranza degli italiani inizia sui giornali e si alimenta di bufale su cui politici e giullari fatturano fortune e illudono elettori. La incredibile figuraccia che il New York Times ha testimoniato per l’Italia grazie ad un “onorevole” – “recordman per la peggiore affermazione falsa dell’anno”, conferma ciò. In che modo valutare la classifica della libertà di stampa in Italia? Non voglio parlare in modo offensivo nei confronti di nessun partito o movimento politico. Per quanto riguarda la classifica della libertà di stampa in Italia, credo che sia migliore di quanto non si pensi, ma, a parte le bruttissime minacce nei confronti di giornalisti da parte della mafia, una anomalia italiana c’è ed rappresentata dall’Ordine dei Giornalisti, che rende più difficile l’accesso al mestiere per giovani che studiano, lavorano ed ambiscono a fare i giornalisti. E questo non va bene.    


Antonluca Cuoco Salernitano, nato nel 1978, laureato nel 2003 in Economia Aziendale, cresciuto tra Etiopia, Svizzera e Regno Unito. Dal 1990 vive in Italia: è un “terrone 3.0”. Si occupa di marketing e comunicazione nel mondo dell’elettronica di consumo tra Italia e Spagna. Pensa che il declino del nostro paese si arresterà solo se cominceremo finalmente a premiare merito, concorrenza e legalità, al di là di inutili, quando non dannose, ideologie. È nel Direttivo di Italia Aperta, socio della Alleanza Liberaldemocratica e sostenitore dell’Istituto Bruno Leoni. Twitter @antonluca_cuoco