(Adnkronos) – Comunicazioni da parte dell’azienda direttamente al paziente, invio degli apparecchi a casa, App che consentono di prendere l’appuntamento con il dentista più vicino che non fa la diagnosi ma funge da semplice ‘braccio’. Si diffonde sempre di più, in tutto il mondo, Italia compresa, il fenomeno di un particolare ‘fai-da-te’ per gli allineatori dentali trasparenti, con i produttori che “si rivolgono direttamente ai pazienti bypassando il professionista, che diventa a tutti gli effetti un ‘prestanome virtuale’ perché non fa diagnosi, esegue solo quanto stabilito da un clin-check anonimo, convinto di avere maggiori opportunità di lavoro, ignaro invece della responsabilità medico legale che pesa sulle sue spalle”. E non senza rischio per i pazienti. Lo denuncia all’Adnkronos Salute Raoul D’Alessio, docente di ortognatodonzia e coordinatore del Sindacato unitario specialità ortognatodonzia (Suso).
Nella cura del sorriso 4.0 il fai da te e la ‘disintermediazione’, che ‘scavalcano’ la figura di garanzia della salute, ovvero il dentista, sembrano essere sfuggiti un po’ di mano, denuncia D’Alessio. “L’azienda – racconta il coordinatore Suso – pubblicizza il trattamento ortodontico con allineatori trasparenti e acquisisce nuovi pazienti attraverso campagne di marketing. I pazienti, poi, prenotano online un appuntamento gratuito e vanno dal dentista partner, per una scansione intraorale negli orari disponibili. Lo scanner intraorale è una dotazione dell’azienda e la scansione viene poi inviata ai laboratori aziendali i quali provvedono alla elaborazione del piano di trattamento”.
Gli allineatori, poi, “vengono spediti direttamente al paziente che si presenta nello studio indicato dall’azienda, dove vengono fatti gli attachment a cui seguono visite di controllo in remoto tramite un’app. Per ogni prestazione è previsto un compenso economico per l’operatore, al quale l’azienda dice che è esonerato da qualsiasi responsabilità medica relativa al piano di trattamento e all’esito dello stesso, cosa assolutamente falsa”.
Un sistema non privo di insidie e problemi. D’Alessio ricorda infatti che, secondo il Decreto Legislativo del 24 febbraio 1997, n.46: “è vietata la pubblicità verso il pubblico dei dispositivi che, secondo disposizioni adottate con decreto del ministro della Sanità, possono essere venduti soltanto su prescrizione medica o essere impiegati eventualmente con l’assistenza di un medico o di altro professionista sanitario. “Ne consegue che “alcune aziende produttrici di allineatori trasparenti, dispositivi medici su misura a tutti gli effetti, quando fanno pubblicità sui vari canali, compresi i social, stanno compiendo un atto illecito”.
Altro problema, “non da poco, è la diagnosi, che in questi casi viene fatta non si sa bene da chi. Eppure il Codice deontologico specifica che ‘la prescrizione per ‘diagnosi, cura e riabilitazione è una diretta, specifica, esclusiva e non delegabile competenza del medico, impegna la sua autonomia e responsabilità e deve far seguito a una diagnosi circostanziata o a un fondato sospetto diagnostico’. Quindi il dentista che non ha fatto diagnosi compie un atto contrario al Codice, sul quale ha giurato al momento dell’iscrizione all’Ordine, e dunque è soggetto a procedimento disciplinare”. E anche “la responsabilità medico legale che, a differenza di quanto sostenuto dalle aziende, è a carico dell’operatore, vale a dire di chi esegue materialmente il trattamento ortodontico nel proprio studio o nello studio fornito dall’azienda”. Altro aspetto delicato è l’invio di dispositivi medici su misura direttamente ai pazienti, con una serie di possibili rilievi sul piano professionale.
“L’ortognatodonzia – conclude D’Alessio – è una branca odontoiatrica molto difficile in termini di diagnosi, terapia e responsabilità medico legale, spesso esercitata su pazienti pediatrici o in adulti con condizioni parodontali critiche, verso i quali abbiamo anche una responsabilità clinica, in vista di un miglioramento futuro. Gli allineatori trasparenti sono solo uno dei mezzi terapeutici che presuppongono comunque una sostanziale conoscenza della materia, acquisita nei lunghi anni di studio e formazione, e come tutti hanno dei limiti che dobbiamo conoscere e che spesso il dentista generico prende sottogamba, a suo rischio e pericolo. Prima di formulare un piano di terapia, che chiamiamo ‘clin – check’, è fondamentale partire dalla diagnosi, e questo va spiegato ai pazienti, i quali rischiano di affidarsi ad aziende che mirano esclusivamente al profitto”.