Buonalbergo: Il ponte delle chianche, un ponte da salvare

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Quello che era, fino agli anni 80 dello scorso secolo, una imponente opera infrastrutturale della grande rete stradale – che in periodo imperiale romano era stata realizzata per raggiungere i porti pugliesi e quindi le coste aldilà dell’Adriatico, ancora ben conservata – oggi è fortemente danneggiata da maldestri interventi umani, dall’incuria e dagli eventi naturali.
L’Associazione SudFrancigena, il Gruppo Teatrale di Buonalbergo, con la collaborazione di altre Associazioni locali e con il Patrocinio della Delegazione FAI di Benevento, ed ora anche grazie alla neonata Fondazione Jorit, da tempo stanno portando avanti azioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica affinchè si faccia pressione sul Comune, sulla Regione Campania, sulla locale Soprintendenza e direttamente sul MiBACT, affinchè smettano di temporeggiare ed intervengano prima che vi sia la completa perdita del Bene.
Il Ponte è stato inserito anche nei “Luoghi del cuore 2018” del FAI, con la raccolta di circa 2800 firme, ma senza che venisse sfruttata questa opportunità.
Numerose sono inoltre le iniziative annuali volte alla sensibilizzazione, l’ ultimo evento ha visto partecipi molte persone provenienti dall’ intera regione che hanno dato il loro supporto alla causa durante una passeggiata simbolica verso questo luogo storico. La giornata è stata non solo un modo per conferire la giusta importanza e riportare all’ attenzione il triste stato in cui versa il Ponte delle Chianche ma ha dato ai partecipanti un’ occasione di confronto, di crescita culturale, di convivialità entrando continuamente a stretto contatto con la storia, la natura ed il paesaggio che circonda questo luogo.
Il grande Ponte, che si sviluppava per una lunghezza di circa 120 metri ed una larghezza “standard” di 7,20 m (5 passi romani) permetteva alla Via Traiana, realizzata dall’Imperatore Traiano agli inizi del II secolo d.C., di superare il torrente Santo Spirito, dopo aver percorso circa XIV miglia dall’Arco di Traiano, verso Brindisi.
Qualcuno ha ipotizzato che il Ponte fosse stato ideato dall’architetto Apollodoro da Damasco; rimane il fatto che si tratta di un’opera di grande raffinatezza ingegneristica, costituito da 6 archi di diversa luce, costituiti da una doppia ghiera di bipedales (grandi laterizi di dimensione 60×60 cm e spessi circa 5 cm) poggiati su piloni in conglomerato cementizio, anch’essi rivestiti di laterizi. I piloni a loro volta sono posati su una fondazione costituita da grandi blocchi calcarei squadrati posati nell’alveo del torrente.
Il ponte, anche grazie alla manutenzione periodica eseguita fino alla caduta dell’Impero Romano d’occidente, alla fine del V secolo, è rimasto pienamente operativo fino in età contemporanea; certamente in epoca longobarda era utilizzato nel percorso della Via Sacra Langobardorum, dalla capitale del Ducato di Benevento al Santuario di San Michele Arcangelo al Gargano. E successivamente, dopo la presa di potere dei Normanni nel sud Italia, come strada di pellegrinaggio (Via Francigena) e per le Crociate, nelle guerre di Religione per la conquista di Gerusalemme.
Negli anni 70 del novecento, benchè fortemente danneggiato nel penultimo arco verso est, era ancora interamente percorribile. Agli inizi degli anni 80 un disastroso intervento di restauro ha portato alla demolizione dei primi due archi verso est ed alla ricostruzione inappropriata del primo arco. Dopo di che, l’abbandono e l’oblio.
Questo ha portato ad un lento ma sempre più rapido dissesto strutturale che è stato fortemente accelerato dall’alluvione del 15 ottobre 2015, quando una grande quantità d’acqua e grandi massi e tronchi, ne hanno fortemente sollecitato la struttura. Da quel momento in poi distacchi e crolli sono sempre più ravvicinati nel tempo.
L’organizzazione annuale di una “escursione al Ponte delle Chianche”, non è ormai altro che una visita al capezzale di un malato grave, a cui non si somministrano cure di alcun genere e che ormai versa in una straziante agonia.