Caserme al Sud, una svolta positiva per la sicurezza dell’Italia

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Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dell’onorevole Antonio Del Monaco

Accolgo con grande gioia la dichiarazione del ministro Trenta riferita alla ricollocazione della maggior parte delle caserme al Sud, tenuto conto che negli ultimi anni è cambiato completamente lo scenario geopolitico internazionale che ci vedeva operativi contro un eventuale nemico proveniente dall’Est; per cui le caserme erano in passato dislocate soprattutto nella zona del Friuli Venezia Giulia e del Veneto. Con la caduta del Muro di Berlino, sparito quello che era il possibile nemico, oggi il pericolo potrebbe venire più dal Mar Mediterraneo, dalle sponde del Maghreb e da tutti quei paesi che fronteggiano le nostre coste meridionali; pensiamo al terrorismo di matrice islamica o alle guerre civili, per esempio. Perciò è importante esaminare con attenzione quello che è lo scenario attuale e guardare con maggiore interesse al territorio del Sud da cui, inoltre, proviene la maggioranza del personale delle Forze Armate. Ciò è dovuto alla struttura economica propria dell’Italia, visto che la maggior parte delle fabbriche e delle grandi attività imprenditoriali e commerciali in genere sono ubicate nelle regioni settentrionali; per cui i giovani del Nord preferiscono inserirsi dal punto di vista lavorativo nel fiorente settore privato, mentre i ragazzi del Sud, motivati dalla possibilità di vedere nelle Forze Armate una propria collocazione stabile al servizio dello Stato, partecipano numerosi ai concorsi nei vari corpi militari e io questo lo posso dire con certezza per la mia esperienza pregressa di selettore, in quanto, come psicologo per più di dieci anni in varie commissioni esaminatrici, ricordo molto bene che il grosso dei ragazzi che partecipavano era del Sud; mentre le due regioni che maggiormente affluivano con i loro aspiranti erano la Campania e la Puglia e al loro interno le province più rappresentate erano quelle di Caserta e di Lecce. Oggi lo scenario non è cambiato di molto, in quanto il grosso dei dipendenti civili e militari della Difesa e degli aspiranti tali è prettamente del Sud. In questo particolare momento storico, dunque, noi ci troviamo di fronte realmente a un cambiamento di quello che è il potenziale nemico, per cui dovremmo urgentemente dislocare diversamente sul territorio e sulle nostre coste meridionali i diversi presidi militari, sfruttando il grosso vantaggio di avere un personale prevalentemente del Sud che quindi avrebbe un’ottima e pregressa conoscenza dei luoghi di operazione e potrebbe intervenire con maggiore facilità e rapidità sugli stessi; inoltre, così facendo, avremmo anche degli indubbi vantaggi dal punto di vista motivazionale, consentendo a tanti militari meridionali di operare nelle regioni di origine, accanto ai propri famigliari e al servizio dei propri conterranei. Per procedere con questo piano di dislocamento davvero ambizioso bisogna prima di tutto fare un censimento delle caserme ubicate al Sud, sia di quelle attualmente in attività che probabilmente potrebbero essere ripopolate, visto che molte sono sottodimensionate dal punto di vista dell’organico, sia delle altre che dopo il blocco della leva obbligatoria sono state chiuse e potrebbero di conseguenza tornare operative. Ci sono tantissime caserme in attività, ma praticamente vuote; ad esempio, la settimana scorsa ho parlato con il sottosegretario Angelo Tofalo di un presidio militare che attualmente ha un organico che va dal 5 al 10% della sua effettiva capacità; parlo della caserma Tescione di Caserta; così come a Maddaloni ci sono due presidi che una volta pullulavano di migliaia di persone e oggi invece accolgono poche centinaia di militari. Pochi esempi che dimostrano quale sia lo stato attuale di molte caserme nel Meridione; per cui dobbiamo guardare bene prima quello che abbiamo, quello che per il momento è stato accantonato, ma potrebbe essere ripreso e soprattutto definire questo nuovo sistema, questo nuovo piano di presidi militari ubicati nelle regioni meridionali, guardando la provenienza del personale operativo. D’altra parte bisogna tenere conto anche di un aspetto non meno importante, in quanto attraverso questo intervento si potrebbe incidere pure sulla prevenzione e promozione della salute, visto che la maggior parte delle famiglie dei nostri militari stanno al Sud e il ricongiungimento famigliare gioverebbe alla salute psichica del personale e potrebbe essere un rimedio a tanti casi di suicidio a cui, purtroppo, assistiamo quasi quotidianamente. Più precisamente, in questo caso due sono le possibilità d’intervento ovvero quella di natura logistica, appunto l’avvicinamento alle famiglie, ma anche un’altra di natura prettamente più tecnica, e qui intervengo da terapeuta, in quanto non basta aumentare il numero di ore ai consulenti per risolvere il problema dell’ascolto, dell’ascolto attivo, ma è importante invece installare le subagenzie psicosociocomunicative fino ai minimi livelli, in maniera tale di avere a disposizione uno psicologo anche nel reggimento, gruppo autonomo o, magari, battaglione autonomo, proprio per garantire un intervento immediato di prevenzione e promozione della salute del personale. La realizzazione di questo ambizioso progetto logistico potrebbe anche essere l’occasione di rivedere l’obsoleto modello di volontario VFP1 che andrebbe sostituito, a mio avviso, da un volontario a ferma prefissata triennale con riserva assoluta per le Forze Armate e determinati requisiti tecnici operativi; un nuovo tipo di volontario che potrebbe successivamente essere reclutato tra le forze dell’ordine o spendere più facilmente nel mondo del lavoro le competenze pratiche acquisite sotto le armi. E’ importante che tutto ciò avvenga; quindi sono contento che il ministro Trenta e il ministro Lezzi abbiano elaborato questa interessante proposta che trova il mio appoggio incondizionato e anzi sono dispostissimo a poter collaborare con il ministro della Difesa e con il suo staff sia come militare, sia come membro della IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati, sia come psicologo, affinché quest’idea di dislocare la maggior parte delle caserme al Sud possa essere realizzata al più presto. On. Antonio del Monaco