Ragazzi dentro, il circuito penale riguarda anche i minori

Torture e vessazioni, in un caso ci sarebbe stata anche un tentata violenza sessuale, vittime i minori reclusi all’Istituto Penale per Minorenni “Beccaria” di Milano, a dimostrarlo ci sarebbero anche dei fotogrammi delle telecamere interne dell’Ipm milanese, attorno al quale si è aperta un’inchiesta, dove si indaga su torture e maltrattamenti, che ha portato in carcere tredici agenti e alla sospensione di altri otto colleghi. Il fatto cruento che è battuto da ogni organo di informazione, sconcerta e rabbrividisce, nel quale tra commenti e riflessioni, si accende l’attenzione su una realtà tanto attuale quanto dimenticata, quella dei minori coinvolti nel circuito penale e talvolta collocati in strutture penali o in Istituti Penali Minorili, conosciuti nel linguaggio comune come carceri minorili. Il fatto, senza dubbio va condannato e proprio nel sistema giudiziario si dovrà trovare la verità ma anche la giustizia, dove i colpevoli anche se forze dell’ordine, sono chiamati a pagare per il loro comportamento, fortemente giudicabili e lontano dalla logica rieducativa delle misure penali previste dal nostro ordinamento. Le mele marce esistono, e questo ce lo insegna la cronaca, la vita reale e gli ambienti di lavoro ad ogni livello, ferisce quando accade ai danni di persone deboli, in questo caso di minori, che seppur hanno commesso sbagli nella loro giovane vita, hanno il diritto alla dignità e al rispetto, nonché all’occasione di rieducazione e di redimersi, senza alcun marchio o stigma né durante né dopo. L’accaduto ha anche puntato il dito contro gli assistenti sociali, difatti, firme note della stampa nazionale, si sono chiesti dove fossero gli assistenti sociali, generando un boomerang di sempre più odio verso i servizi sociali, senza sapere che nelle carceri minorili non è presente alcun assistente sociale. E’ così che la disinformazione dilagata, generando caos e anche astio, che non serve proprio a nessuno, soprattutto in momenti del genere. E’ così che da assistente sociale, voglio trattare questo tema, provando snocciolare diritti, doveri e competenze, chiarendo dubbi e perplessità dell’opinione pubblica e non solo. Sempre più minori hanno contatti con il sistema penale minorile, ciò significa che sempre più ragazzini dai quattordici anni in su, hanno commesso o commettono reati. Nel 2023 sono stati 1.143 i giovani che hanno fatto ingresso negli Istituti Penali minorili: mai così tanti negli ultimi quindici anni. Il rapporto “prospettive minori” di Antignone denuncia la crescita della presenza di minorenni, quasi il 60% del totale, soprattutto stranieri. Ai dati fermi al febbraio 2024, nei 17 IPM del nostro Paese erano 523 i minori. Registrando, quindi, un preoccupante ricorso al collocamento massiccio negli IPM. E il recente decreto cosiddetto Caivano, in pochi mesi ha dato i suoi frutti. Il decreto varato dal Governo Meloni a metà settembre scorso e convertito in legge a novembre, in seguito allo stupro di due ragazze al Parco Verde di Caivano a Napoli, ha prodotto i suoi effetti. I dati lo confermerebbero. Da un lato, come detto, l’aumento della custodia cautelare, 68,5% è detenuto in attesa di una condanna definitiva, 37% coloro che hanno fatto ingresso a seguito del reato per violazione della legge sugli stupefacenti. Dall’altro, si nota anche l’impennata, il 60% della popolazione detenuta negli IPM, è proprio minorenni, contrariamente al passato dove vi erano reclusi i giovani fino ai 25 anni, che durante l’età minorile avevano commesso un reato. Il decreto ha ampliato la possibilità di ricorrere alla custodia cautelare e dà il potere al direttore dell’istituto di trasferire i detenuti diventati maggiorenni subito nel carcere per adulti, interrompendo il loro percorso di crescita. La criminalità minorile torna a preoccupare e ad arruolare minorenni. Un ragazzo ogni due che entra in Ipm lo fa per reati contro il patrimonio, spesso si tratta di donne. Si denuncia più al Nord, meno al Sud e al centro. Il sistema penale italiano minorile è retto dal DPR 488/88, nato per differenziare l’approccio del sistema giudiziario tra gli adulti ed i minori, comune denominatore è la funzione rieducativa della pena e la risocializzazione. A giudicare i minori per le accuse sono i Tribunali per i Minorenni, composto da giudici che hanno professionalità varie, ci sono infatti, psicologici, assistenti sociali, pedagogisti. L’Ipm è l’estrema ratio, proprio perché data l’età dei minori, si tende ad optare per una messa alla prova, che tenda ad attività di volontariato e volte alla società stessa, ma anche al collocamento in comunità penali, quelle che nel linguaggio comune vengono chiamate “casa famiglia”, dove minori allontanati dalla loro famiglia per motivi di maltrattamento, violenza, dinamiche familiari disfunzionali, convivono con minori che hanno commesso un reato. Fondamentale per un minorenne che si è reso autore di un reato è coinvolgerlo e soprattutto definire un progetto educativo, che lo renda consapevole di quanto commesso ma allo stesso tempo gli dia uno slancio verso il futuro, con obiettivi e stimoli. Il percorso è accompagnato da un’equipe, dove l’assistente sociale dell’Ufficio Servizio Sociale Minorenni, mentre, all’interno degli Ipm vi sono gli educatori e pedagogisti. Che sia fuori o dentro un Ipm, ogni ragazzo è una risorsa, anche se non lo sa. Si tratta di ragazzi che hanno alle spalle un passato di violenza e sono cresciuti in un ambiente malavitoso in cui è normale delinquere e difficile emanciparsi. Bisognerebbe tenerlo a mente, cambiando diverse mentalità, offrendo alle realtà territoriali servizi e opportunità.