Confcommercio Caserta: Comparto agroalimentare, un’azienda su tre non riaprirà o sarà costretta a licenziare

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Un’azienda su tre del comparto agroalimentare del Casertano, in particolare del settore della ristorazione, sarà costretta ad effettuare tagli al personale dal prossimo 31 marzo, quando scadrà il blocco dei licenziamenti disposto dal Governo per il periodo di pandemia. Lo denuncia il vice presidente provinciale di Confcommercio Caserta, Umberto Cinque. Il dirigente dell’organizzazione illustra un quadro a tinte fosche con la “cassa integrazione ferma a maggio, gli ultimi ristori percepiti a novembre, le esposizioni bancarie sempre più elevate, scadenze fiscali e zero incassi persino a dicembre per effetto dell’introduzione delle zone rosse e arancioni”. “L’intera filiera è in ginocchio – prosegue Cinque – e non si intravedono spiragli. Per sopperire ai ritardi del Governo, tanti imprenditori si stanno facendo carico di tutte le spese, anticipando persino gli importi dovuti dallo Stato ai lavoratori. Ma non potranno reggere ancora a lungo. Un’azienda su tre ammette che sarà costretta a effettuare tagli al personale quando terminerà il blocco dei licenziamenti previsto per il prossimo 31 marzo. Di fronte ad un simile scenario non comprendiamo i motivi per i quali non venga avviato un confronto serrato con gli addetti ai lavori e le associazioni di categoria. Un incontro per ribadire con forza le esigenze degli imprenditori che non hanno certo bisogno di bonus o mance, bensì di poter tornare a lavorare in sicurezza”. “In provincia di Caserta – fa notare Giuseppe Russo, presidente provinciale di Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) Caserta – operano oltre trentamila piccole e medie imprese, oltre diecimila delle quali in grave crisi dopo dieci mesi di pandemia. Si calcola che un terzo non riuscirà più a riaprire i battenti. Dinanzi ad una situazione tanto drammatica, il Governo reagisce annunciando ristori assolutamente insufficienti e adottando lo stesso criterio per ogni regione, dimenticando che qui in Campania i giorni in cui i ristoranti hanno potuto regolarmente aprire al pubblico sono stati numericamente inferiori rispetto ad altre realtà. Basti pensare che a dicembre, tradizionalmente il mese più produttivo dell’anno, siamo stati sempre in fascia rossa e arancione e quindi chi ha lavorato ha potuto svolgere esclusivamente attività di asporto e delivery. Uno svantaggio economico e competitivo inaccettabile”.