Dai valore al ricevere

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“Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca. Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle. Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano. Considero valore quello che domani non varrà più niente, e quello che oggi vale ancora poco. Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordarsi di che. Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord, qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato. Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto”.

Erri De Luca

di Ugo Righi

Orson Welles affermò: ”Non capita mai una seconda volta la possibilità di dare una buona prima impressione”. Per sottolineare come da questa dipenda molto, a volte tutto.
L’impressione si forma subito, nei primi contatti, e determina la qualità della relazione successiva e la possibilità o meno di una continuità.
Il termine “impressione” significa imprimere, lasciare una traccia un’impronta. In un certo modo anche l’entrata, la vetrina, l’illuminazione sono degli stimoli che muovono l’impressione, anche se quella vera, più intensa, è determinata dal contatto umano.
E’ proprio così e l’accoglienza è fatta di molti aspetti, tangibili e intangibili.
Mi trovo ora ad Acqui Terme e sono appena uscito da una cartoleria in centro città, dove per inviare un fax, ho pagato 2 euro e avuto uno scambio con il fornitore del “servizio” che orienta questo racconto.
Non mi era mai capitato un costo così elevato (almeno il quadruplo del normale) per questo servizio e lo faccio notare, con tono semiserio, al titolare.
Lui mi risponde in modo non amichevole, anzi, sarcastico “ adesso lo sa e quindi in futuro potrà scegliere”.
E’ una battuta tanto sorprendente quanto aggressiva che mi coglie impreparato e rispondo che “ha ragione, scelgo di eliminarlo e di parlare male di lui.”
Questo è un episodio piuttosto insolito di clamorosa cattiva accoglienza, ma continuiamo.
Andando verso il mercato incontro il mio amico Luca (proprietario di un delizioso ristorante) mentre sta entrando in una tabaccheria, gestita da una signora simpatica, dove ogni tanto vado a giocare e controllare il superenalotto.
Mi chiede d’accompagnarlo perché deve acquistare del tabacco da pipa. Gli racconto quanto mi è accaduto in cartoleria.
Mi accorgo, mentre parlo, che questo episodio mi sta mantenendo un sottile stato d’irritazione per l’arroganza che ho trovato in quell’esercente.
Lui mi dice che ne aveva già sentito parlare di questo tipo e che ha una pessima reputazione.
Afferma che chi ha a che fare con il pubblico non può essere così.
Ad esempio lui nel suo ristorante cerca di curare con grande attenzione tutto, perché è chiaro che i prodotti e servizi da soli non garantiscono il successo, quelli li hanno tutti.
Poi aggiunge qualcosa, che riporto integralmente, che è la sintesi di come si dovrebbe trattare il cliente, se si vuole farlo ritornare.
“Il grande paradosso è che io mi diverto, e guadagno di più, da quando ho smesso di cercare di ottenere solo quello che voglio io, ed ho cominciato ad aiutare gli altri a ottenere quello che vogliono loro, da quando li tratto in modo da fargli venire la voglia di tornare nel momento in cui sono ancora da me”.
Ha ragione, mi è chiaro quello che afferma, ma gli chiedo di approfondire.
Continua affermando che la formula è semplice, in fondo si tratta di ricordarsi come “io desidero comprare per capire come devo fare per vendere.”
Quindi più che mettersi nei panni degli altri questo significa mettersi nei propri, quando ,anziché essere fornitore, si è cliente.
C’è una cosa che è la più importante di tutte, la schiettezza della relazione che si stabilisce con il cliente e questa non può essere fasulla o copiata.
Luca continua e dice che, per esempio, lui parla bene della tabaccheria dove siamo andati e lo fa perché è stato, ed è, sempre accolto e ascoltato.
La giovane titolare non lo sa ma lui è un suo formidabile venditore non retribuito, aggiunge sorridendo.
Gli chiedo che cosa significa essere stato “trattato bene”, in fondo ha solo comprato delle sigarette e un accendino e si è fermato in tutto cinque minuti.
Luca mi risponde che è vero, ma non ho notato come l’ambiente era pulito e profumato e come tutto fosse a posto, come fosse logica la distribuzione degli articoli e la segnaletica, e come siamo stati accolti con un “buongiorno” convinto e anche con un sorriso?
Tutto questo rende un luogo bello e comodo.
Quando un cliente torna da un luogo bello e dove è stato bene ,anche se si tratta di un bar o di una tabaccheria o quialsiasi altro posto lo racconta.
Un fornitore di servizi o di prodotti se fa il suo mestiere con passione diventa “titolare di un progetto” di successo che realizza con i suoi clienti.
Chiedo a Luca se non stia esagerando un poco, ma non sono convinto della mia domanda perché penso che abbia proprio ragione.
Il fatto che il cliente parli bene di dove è stato è parte integrante dell’esperienza di vendita, va inserita nel percorso che parte dal “buongiorno” e si conclude nell’”arrivederci”. Ma in realtà non si conclude mai.
Consideriamo quindi che la tabaccaia di cui stiamo parlando bene, sappia che lui, e gli altri, sono suoi promotori d’immagine, lo sa perché lei nel fare quello che fa intende fare in modo che ritornino.
Bisogna trattare il cliente in modo tale che trasmetta una immagine positiva di noi anche se gli vendiamo semplicemente un gratta e vinci o un pacchetto di sigarette.
Questo è molto di più che semplicemente vendere, significa poter continuare a farlo e anche divertendosi.
Nel momento in cui un negozio apre, si apre al cliente e fa una promessa di accoglienza, gentilezza, attenzione.
Il cliente poi sceglie,ma ricordatevi sceglie chi rispetta le promesse più che chi le fa.
Sono arrivato con Luca al mercato, siamo di fronte a un imponente negozio mobile di formaggi e salumi, allestito in modo grandioso con tutti i formidabili prodotti di questa zona. Luca mi lascia con un’ultima interessante battuta: “Il cliente vale quindi occorre pensare intensamente ai suoi bisogni e vantaggi e costruire la professione per e con lui, occorre ascoltarlo e chiedere, se facciamo, una domanda siamo stupidi per pochi minuti, se non la facciamo, lo siamo per sempre.
Questo è il principio da seguire se vogliamo fare bene il nostro mestiere”.
La signora del bancone mi offre un pezzetto di Castelmagno (un formaggio formidabile) che non posso rifiutare, lo fa con un sorriso e un atteggiamento amichevole.
Saluto lei e Luca e mentre vado verso il parcheggio, penso che Luca sia uno che fa bene, speriamo che non sia interrotto dai soliti che dicono che non si può fare quello che sta facendo.
L’accoglienza è dare valore unica condizione per riceverne, vale in tutte le relazioni nel rispetto di te stesso che rispetti gli altri, ovviamente quando gli altri sono rispettabili.
Ma impariamo a fare noi il primo passo, poi si vedrà.