La nuova sfida per le Politiche del Lavoro: XXXIV Convegno di Aif

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di Ugo Calvaruso e Roberta Bruno

In occasione del XXXIV Convegno Nazionale “Utopia: Modernizzare e Integrare”, organizzato da AIF in partnership con Fondimpresa, abbiamo intervistato il direttore scientifico, Antonello Calvaruso, sul ruolo che il convegno e l’associazione avranno rispetto alle nuove sfide per le Politiche del Lavoro. Il 24, 25 e 26 novembre verranno affrontati: Strumenti e Metodi, Scenari ed Istituzioni, Sperimentazioni e Laboratori appartenenti al campo delle Politiche del Lavoro, approfondendo tematiche trasversali quali: Persone, Generazioni, Tecnologie, Apprendimento e Società.

Qual è il principale obiettivo del Convegno “Utopia: Modernizzare e integrare”?
Il mondo del lavoro non può essere più considerato in modo statico e la formazione non può assumere semplicemente il ruolo di fattore utile a rafforzare le competenze delle persone per inserirle nel mercato o aiutarle a rimanere nelle nuove forme organizzative. Soprattutto se ancora oggi non si sa dove si sta andando e in particolar modo quale sarà l’impatto tecnologico sui processi lavorativi.
Pertanto, l’obiettivo del Convegno è rendere le Politiche del Lavoro e i processi formativi consapevoli di essere leve strategiche per supportare la società, le persone, le generazioni, le tecnologie e gli apprendimenti, all’interno di questi cambiamenti e nell’incertezza che caratterizza il nostro tempo.

Che significato assume la formazione, nel momento in cui approfondiamo i processi formativi come leva strategica a supporto dei cambiamenti sociali e organizzativi?
Se si sofferma l’attenzione sui processi formativi, si può osservare come la maggior parte dei percorsi trascura l’importanza che rivestono la scoperta e l’invenzione nei processi di apprendimento. Mentre la scoperta è qualcosa che esiste anche senza di noi, che comunemente consideriamo oggettività, l’invenzione è ciò che senza di noi non esiste, frutto della nostra soggettività. La relazione di base che lega l’apprendimento al mistero è proprio il passaggio dall’ignoto al noto. In passato questa relazione era indiretta, per poter resistere alla tensione del mistero occorreva effettuare il passaggio dall’ignoto al noto. Oggi questa è diretta, perché apprendiamo sempre più rapidamente come fronteggiare immediatamente il mistero in ambienti virtuali caratterizzati da non luoghi (utopia) e non tempo (ucronia). Dal mistero, di cui nessuno sapeva nulla, si è passati al segreto del coding, in cui una o più persone usano quello che sanno producendo scarsità o facendo della rarità un mezzo di dominio e di assoggettamento. Questo processo di “scarsificazione” si contrappone a quello di moltiplicazione, attivabile con una “bella” formazione.

Quindi, si può affermare che esiste una politica della “scarsificazione”. Ma quali politiche possono essere messe in campo per supportare le persone e orientarle all’interno di queste trasformazioni?
Conosciamo due tipi di politiche del lavoro: quelle passive e quelle attive. Le prime sono, ad esempio, gli ammortizzatori sociali e servono in particolar modo a tamponare le emergenze. Ma non riescono ad affrontare le problematiche strutturali, creando un processo di “scarsificazione” nel momento in cui si staticizzano. Si possono, però, avere politiche che lavorano anche sui vivificatori, ossia le politiche attive che rappresentano l’elemento fondamentale delle attività che supportano i processi di apprendimento. Stimolando infatti le risorse psicologiche delle persone, le quali sono pressoché infinite, si sollecita anche la progettazione di un futuro migliore basato sulla speranza di maggiore benessere.
È con quella che è stata definita formazione “divenire” che si indica tale processo di progressiva riappropriazione del futuro, che vuole la trasformazione della vendetta in perdono, del carcere in scuola, della punizione in apprendimento, dell’etica nell’estetica del kalòs kai agathòs e della progressiva mutazione dell’ucronia in strategia. Agire sul cambiamento della qualità del potere – passando dalla capacità di produrre o impedire un cambiamento – a quella del risultato a somma variabile ma sempre maggiore di zero, significa abbandonare principi ripartiti per approdare a quelli generativi, passare dalle logiche competitive a quelle collaborative, passando dalla polemologia, o scienza della guerra, all’irenologia, la scienza della pace».

Qual è il ruolo dell’Associazione e del Convegno all’interno di questo processo?
Il ruolo dell’Associazione Italiana Formatori, con l’organizzazione del XXXIV Convegno Nazionale su questi temi, è salvaguardare la qualità della formazione a supporto del rafforzamento psicologico delle persone, della competitività delle imprese e della valorizzazione del benessere sui territori.
In un momento di forte incertezza, determinata dalla concomitanza della trasformazione tecnologica, della crisi pandemica ed energetica, la formazione basata esclusivamente sul rafforzamento delle competenze professionali è una proposta obsoleta, perché non prevede l’accompagnamento della persona a sopravvivere dignitosamente in un sistema che ha già completamente perso gli assiomi del sistema capitalistico.
Solo affrontando queste complessità sarà possibile prendere coscienza dell’inefficacia cognitiva di molti percorsi formativi e correre ai ripari».