San Carlo, il Cda si sgretola: la palla ora passa al ministero

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Con le dimissioni di quattro su sei componenti del Consiglio di amministrazione della Fondazione, dinanzi alla volontà del presidente e sindaco di Napoli, Luigi de Con le dimissioni di quattro su sei componenti del Consiglio di amministrazione della Fondazione, dinanzi alla volontà del presidente e sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, a non aderire alla legge Valore Cultura (con la proposta di ricapitalizzazione attraverso beni immobili comunali) si è concluso la notte scorsa il CdA del Teatro San Carlo. Di fatto non c’è stata alcuna deliberazione, nell’ultimo giorno utile, circa la possibiltà offerta dalla legge alle fondazioni liriche in difficoltà di accedere a risorse per 75 milioni. De Magistris, festeggiato dai rappresentanti delle rsu dei lavoratori (che hanno atteso per quasi sei ore il termine del cda e sono stati poi convocati all’interno della sala), ha parlato di ”battaglia storica che dobbiamo estendere in tutta Italia contro una legge pessima che non riduce i costi delle produzioni, favorendo le esternalizzazioni e penalizzando le risorse interne, sulle quali noi invece vogliamo puntare. Il Comune ha messo 40 milioni di euro, e’ l’unico socio che l’ha fatto. E’ stata una vittoria del popolo del San Carlo, che non riguarda solo gli stipendi ma la politica culturale’‘. Per l’adesione a ‘Valore cultura’ si sarebbero espressi i consiglieri dimissionari che rappresentano i soci fondatori, Stefano Caldoro (Regione), Luigi Cesaro (Provincia), Maurizio Madaloni, vice presidente (Camera di Commercio), Riccardo Villari (Mibac) mentre il tentativo di mediazione di Andrea Patroni Griffi (Comune) sarebbe fallito. ”L’adesione non era una posizione discrezionale – spiega Caldoro – già 5 delle 6 fondazioni per cui era stato pensato il fondo hanno aderito. Noi pensavamo a una adesione con prescrizione, senza toccare cioe’ salari e livelli occupazionali. La legge ci dava benefici enormi. Poi per evitare la spaccatura del consiglio, abbiamo preferito le dimissioni”. Dimissioni di massa Con le dimissioni di massa del cda ora la questione passa al Ministero per i beni Culturali, come fa già intravedere il vicepresidente della fondazione Maddaloni che spiega: ”Non abbiamo detto no all’adesione. Chi afferma questo è un cialtrone, dice il falso. Ci siamo dimessi per non sfiduciare il sindaco, ci è sembrato piu” etico che farlo andare in minoranza in votazione. Insomma, non abbiamo potuto decidere. Credo che un presidente dovrebbe lavorare per il consenso e cercare una intesa piu” ampia, compattare”. In merito alla delibera sul conferimento degli immobili alla Fondazione Maddaloni afferma: ”Apprezzo lo sforzo del Comune ma non e’ una delibera operativa (dovra’ essere approvata dal Consiglio, ndr) e non sappiamo neppure se gli immobili sono ‘bancabili’. Naturalmente siamo convinti che il primo cittadino ci abbia detto il vero, ma comunque sarebbe stato meglio proporre questa strada tre mesi fa e non oggi”. E adesso, che di fatto il Cda non c’è piu’? ”Ci affidiamo all’organo di tutela e vigilanza” conclude Maddaloni.