Caldoro-De Luca
stessa sfida, nuovi slogan

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Da “cambiare tutto” a “cambiare ora” la domanda è: “cosa è cambiato?”. Era il febbraio del 2010 e Da “cambiare tutto” a “cambiare ora” la domanda è: “cosa è cambiato?”. Era il febbraio del 2010 e i muri in tutta la Campania iniziavano a essere tappezzati da manifesti 6×3 con una grande scritta a caratteri bianchi in testa, “Cambiare tutto”, la figura del sindaco di Salerno Vincenzo De Luca che quasi emergeva dallo sfondo blu e, di fianco a lui, altre due righe di testo: “Con le persone perbene. Al di là dei partiti”. Nessun logo, nessun riferimento a schieramenti politici. Solo lui e un’idea precisa, quella di voltar pagina in Regione. Erano gli anni della prima grande emergenza rifiuti, del declino inesorabile del bassolinismo. De Luca, dopo l’indicazione unanime datagli dai partiti del centrosinistra a Roma, aveva deciso di giocarsi la sua partita con una strategia ambiziosa e rischiosa nello stesso tempo: indicare il superamento di tutto, anche e soprattutto di ciò che aveva prodotto la sua stessa coalizione negli anni precedenti, e mostrarsi ai cittadini campani come l’ “ultima occasione”. La guerra fatta di slogan iniziava identificando nel modello di Bassolino il primo nemico da abbattere. E così lo spettro del centrodestra animato da uno Stefano Caldoro che sventolava la bandiera del “governo del fare” appariva quasi come un obiettivo secondario, comunque conseguente. De Luca si faceva icona al posto dei tanti simboli di partito, si presentava come leader non di coalizione ma di tutti – anche di quelli che votavano solitamente in direzione opposta – e nello stesso tempo attirava su di sé l’ostilità di tanti compagni di viaggio. Questo forse gli valse la sconfitta nel 2010. In effetti, dopo un’esperienza di centrosinistra condannata persino dal candidato governatore sostenuto dalla maggioranza uscente, Caldoro più legittimamente poteva indossare i panni dell’innovatore. “Torniamo a sorridere”, prometteva e incitava richiamando l’idea di una Campania “che funziona”, “sicura”, “competitiva”, fatta “per i cittadini”, “bella e vivibile”. Profilo basso quello del candidato del centrodestra, per alcuni fin troppo morbido, quando De Luca attaccava. Al suo messaggio però diede credito alla fine il 54 per cento dei cittadini. Cinque anni dopo i competitor sono gli stessi ma i ruoli sono invertiti, lo scenario capovolto. Stavolta il cambiamento proposto dal sindaco di Salerno non è la tafazziana ammissione di un errore. Il governo uscente è quello di centrodestra e il “Cambiare ora” significa non solo mettersi alle spalle “cinque anni persi”, come recita uno dei nuovi slogan, ma anche farlo con immediatezza. “Mai più ultimi” in sostanza è una promessa e, per De Luca, anche la presa di coscienza di ciò che oggi è la Campania. Il quadro disegnato nel descrivere la realtà postcaldoriana è quello della “Sanità negata”, del “Trasporto pubblico in ginocchio”, del “51% di giovani senza lavoro”, della “palude burocratica”, dei “Miliardi non spesi restituiti all’Europa”. Persino l’“Emergenza rifiuti eterna” non è più quella di Bassolino, o almeno non è più solo quella. Il nemico di De Luca stavolta è coerentemente quello che ti aspetti e la stretta di mano dopo le primarie col “bassoliniano” Andrea Cozzolino a Salerno ne è una dimostrazione lampante. Caldoro, che non ha ancora sciolto esplicitamente la riserva sulla partecipazione alla competizione elettorale, lo sa. Sa di non potersi più porre come la novità, di non poter più continuare a parlare semplicemente dello “sfascio” del centrosinistra. Ecco allora che, in attesa dell’annuncio ufficiale, il governatore prepara il campo con una serie di atti amministrativi. Lo sblocco del turn over in sanità a favore di mille e cento nuovi assunti va letto in tale ottica. Allo stesso modo vanno considerati il recentissimo piano ospedaliero e l’accelerazione della spesa delle risorse comunitarie. Poco importa se si tratta in grande parte di progetti sponda, quelli condannati spesso alle precedenti giunte regionali. Per ora la battaglia elettorale si combatte così, a suon di “fatti”, quelli promessi nel 2010, e di comunicati stampa. Per gli slogan c’è tempo. Quelli sicuramente non compariranno in manifesti 6×3 perché, dicono fonti vicine al presidente, Caldoro non lì utilizzerà. La strategia di comunicazione verrà riadattata ai tempi. Dalla linea della serietà e sobrietà di cinque anni fa il governatore passerà a quella della serietà e della credibilità riacquistata. Poco, pochissimo fiato per la polemica come nel 2010. Insomma, spazio alle cose fatte.