Da Davos a Bruxelles e Strasburgo. Non tralasciando una puntata in Sicilia, a Palermo e dintorni

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(fonte Imagoeconomica)

Smentendo le voci che volevano che il WEF di Davos non avrebbe riscontrato le presenze attese, mercoledì, terzo giorno di quel forum, seppure senza squilli di trombe e rulli di tamburi, è stato possibile smentire quelle dicerie dell’untore. Volendo intendere con esse di chi avrebbe preferito che l’evento non fosse riuscito. I motivi di guardare in positivo quella tornata di lavoro sono diversi, ma ne bastano solo due per rendere bene il concetto: fin’ ora sono intervenute puntualmente le personalità attese e, di sicuro, non per parlare del tempo. In più, da remoto, hanno preso parte al dibattito anche altri grandi della terra, perfettamente calati nello spirito di quel convegno. Con tutto il rammarico per il mancato saluto di benvenuto di Heidi, con seguito di nonno e cane, da intendersi per essi alcune comparsate di anni fa, l’auditorio ha potuto prendere atto, come del resto quella parte della popolazione mondiale che non ha smesso mai di pensare al dopo, che quanti decidono le sorti del mondo sono andati comunque avanti. Gli stessi non hanno mai rimosso, durante i tre anni di emergenza, l’esigenza di organizzare per tempo il prosieguo del cammino della specie umana. Si è potuto così toccare con mano che, in momenti di grande emergenza come quello attuale, una quota rilevante dell’ umanità non ha dubbi almeno su un punto. Esso verte sul fatto che se una parte del mondo sta per precipitare nel baratro, rischia di trascinare con sé anche l’altra che fino a allora era rimasta fuori da quel pericolo. Ciò significa che in quei casi scatta una solidarietà definibile di convenienza, pur sempre efficace. Così martedì dalla Casa Bianca è arrivata fin sulle Alpi svizzere la notizia che il governo degli USA ha messo a disposizione della EU una somma consistente- 370 miliardi di dollari -per aiutare la transizione industriale degli stati che comprende alla Green Economy. Per quanto di grande portata, la decisione giunta da Washington dovrà essere esaminata in dettaglio e verificata non solo per la valenza economica, quanto per tutti i risvolti politici che porterebbe con sé. Di una cosa però è credibile si possa essere sicuri: l’argomento rispetto dell’ambiente ha registrato negli ultimi tre anni l’accresciuto interesse nei suoi confronti di buona parte del mondo. Per quanto sia poca cosa rispetto al piano americano -già da qualche parte è stato definito, non felicemente, Green Marshall Plan- il collocamento di obbligazioni verdi emesse dall’ ENI ha avuto successo. Si è concluso con anticipo, essendo stata completamente sottoscritta l’ intera emissione. Se è vero che la remunerazione di quei titoli assicurata dall’ emittente è, per i tempi attuali, particolarmente interessante, le conclusioni che se ne possono trarre sono senz’altro positive. In effetti sono entrambi i fatti riportati un’espressione di fiducia generalizzata che ha un effetto non molto diverso per la salute sociale da quello dell’ossigeno per chi ha problemi respiratori. Si è appreso inoltre, sempre ieri da Davos, riferito dalla Commissaria Von der Leyen, che a Bruxelles è In fase di costituzione un fondo sovrano, anche esso da destinare a corrispondere gli aiuti agli stati membri al termine dell’attesa fervida di riprendere il processo di riconversione delle attività produttive. Altri lavori sono in corso a Bruxelles e a Strasburgo dove il parlamento europeo dovrà, tra l’altro, eleggere il nuovo vicepresidente. Quello che andrá a occupare la poltrona della precedente, defenestrata e ristretta in Belgio per le vicende del Qatargate. Gran fermento quindi nel Vecchio Continente in particolare per confronti e anche dialoghi sui massimi sistemi. In Italia, terreno fertile per ogni genere di spettacolo, purchè tale esso sia, quindi in grado di focalizzare su di sé l’attenzione, soprattutto quella popolare, nè è andato in scena uno inedito. Si è verificato, all’inizio della settimana, qualcosa che definire epocale non basta a rendere compiutamente la portata dello stesso. È inutile ripetere quanto è accaduto a Palermo, talmente ampia è stata la portata di notizie diffuse dai mezzi’ dell’ informazione, tratteggiate con tinte che vanno da quelle pastello a quelle acide. Ferma restante l’importanza della cattura di un capo dimezzato o quanto meno sminuito della mafia storica, l’ambientazione e la sequenza di quell’arresto riportano l’attenzione dei lettori dei rotocalchi tradizionali e gli spettatori di quelli televisivi, direttamente a Mario Merola e alle sue sceneggiate. Anche se in forma sintetica, il genere di spettacolo che offrono è molto simile a esse. Mancano “isso” e “essa”, ma in compenso c’è “iddu”, “u malamente”.
Quindi non una commedia all’italiana, non un cinepanettone, ma qualcosa che si colloca tra la tragicommedia e la sceneggiata. Alla fine sarà più efficace indicarla con la sua denominazione corretta e efficace: farsa. Non del genere in uso nei teatri di Roma e Atene molti secoli fa, ma di quelle attuali portate in scena da attori dilettanti come quelli della compagnia “Sempre in prova”. Ci sarebbe da ridere, seppure a denti stretti, ma, per amor di patria, è meglio evitare qualsiasi commento. Valga solo, per tratteggiare qualche scena di quello show, l’ azzardo di un unico particolare: i bambini che vanno, non visti, a pescare i pesci rossi nella fontana del villaggio. Sanno che prima o poi qualcuno di essi abboccherà, quindi non si danno da fare più di tanto.La tristezza e l’angoscia che innesca il recente accaduto è paragonabile alla versione adulta e disillusa della pesca dei bambini appena descritta. Osservando i fatti sotto un’altra luce, si ha netta la sensazione che più di una tessera di quel mosaico che è la vicenda di Palermo siano fuoriposto. Tentando di essere più realisti del re, la conclusione a cui è facile arrivare è che molti conoscevano l’identità di quel malato in cura ma nessuno si azzardava a parlarne. Di conseguenza, al sentimento di soddisfazione per l’arresto di quel Mammasantissima, si affiancano immediatamente il dubbio e la paura per le altre situazioni simili presenti sul suolo patrio o in trasferta ancora silenti. Al momento sarebbe bene che si attenuassero la luci dei riflettori mediatici e le voci dei cori che ripetono a mò di litania ” come siamo bravi” o altre espressioni del genere. Probabilmente la partita della guerra alla mafia comincia ora e per le istituzioni, d’ ora in avanti, non sará ancor più qualcosa di simile a quella di giocare a guardie e ladri. Di certo comunque è che sarebbe un grave errore illudersi che i libri di storia o i corrispondenti supporti del futuro potranno indicare la data di lunedì scorso come quella in cui il problema mafia in Italia sia arrivato a soluzione. Ora a ciascuno il suo, guarda caso come il titolo di un famoso romanzo di Leonardo Sciascia, in tema.