Huawei premia i talenti campani. Vesuvio Valley e gli effetti taumaturgici della crisi

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Dei dieci ragazzi italiani selezionati dal Talent Lab di Huawei, il gigante cinese dell’Ict, ben tre sono campani. Certo, niente di comparabile alla notizia dell’apertura del primo Centro di Sviluppo App europeo a Napoli (e lasciamo perdere la polemica sufficientemente sterile sui 600 assunti o da formare), ma comunque un altro segnale in direzione della “Vesuvio Valley”. “Un segnale estremamente positivo, che conferma che qui esiste un ecosistema di talenti e di conoscenze estremamente fertile” – spiegaGiorgio Ventre, direttore del Dipartimento di Ingegneria elettrica e delle Tecnologie dell’informazione della Federico II, che due dei giovani talenti li ha seguiti e “immediatamente segnalati ai responsabili della Huawei non appena è arrivata la richiesta di candidature alle selezione”. Sono i federicianiRoberto Vela e Stephanie Cané(la Federico II è l’unica università a presentare più di uno studente), cui si aggiungeEmiddio Espositodel Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione (Diem) di Salerno.

Roberto Vela Shenzhen

Dopo un periodo di formazione a Shenzen, capitale dell’elettronica mondiale e sede della multinazionale dell’Ict, i tre ragazzi, tutti al secondo anno della Magistrale, hanno trascorso una settimana all’Università di Pechino. In tutto 15 giorni per rientrare lo scorso primo febbraio, ma il percorso di formazione ora continua in casa. Roberto, Stephanie e Emiddio dovranno seguire un seminario sull’industria 4.0 (tradotto: un’impresa completamente integrata in ogni fase di produzione con le tecnologie Ict) e successivamente faranno uno stage in azienda. Da quest’anno, infatti, il Talent Lab è promosso in collaborazione sia con il ministero della Ricerca e dell’Università sia con il ministero dello Sviluppo economico che ha integrato l’offerta formativa con la formula del placement in un’impresa.

Non è la mia prima esperienza all’estero– spiega Stephanie –sono stata in Spagna con l’Erasmus, ma questa esperienza, anche se breve, non ha paragoni. Abbiamo fatto training formativo in azienda, ci hanno portato in una delle loro fabbriche a Shenzen facendoci toccare con mano il loro modo di produzione. Un’esperienza incredibile, mai mi sarei aspettata di imparare così tante cose in così poco tempo. Torno, torniamo, profondamente arricchiti per far bene a Napoli”.

Stephanie Cana

Huawei, come Apple e Cisco per rimanere su Napoli, ma si potrebbero citare i recenti investimenti di Google a Bologna e Amazon a Milano, sembrano testimoniare la presenza di una ricchezza che non sapevamo (più) di avere. “E invece possiamo contare su un capitale enorme, i nostri giovani ingegneri”, continua Ventre. “Qui a Napoli abbiamo istituito dieci anni fa l’unico corso in Italia ad elevata specializzazione in Reti di Calcolatori, facciamo vedere agli studenti come funzionano nella realtà, e non solo teoricamente, le reti”. 

Un Prof. che parla bene dell’università suona un po’ così. Ventre se ne accorge e subito aggiunge. “Non mi interessa parlare bene dell’Università, ma se c’è un ecosistema che funziona e che comincia a destare interesse anche a livello internazionale è perché c’è una buona formazione”. E qui Ventre aggiunge un passaggio molto significativo, scovando un link tra crisi e metamorfosi degli atenei. “Credo che la crisi economica, e in Campania è stata più forte che altrove, abbia in qualche modo costretto le università a puntare sull’eccellenza. Le grandi aziende Ict del territorio sono parastatali e quindi legate ad altre logiche. Le università, se non tutte di certo molte, si sono invece trovate di fronte a un’alternativa molto chiara: vivere o morire”. Come dire, raccogliamo gli imprevedibili effetti taumaturgici della crisi.