Impossibile ritornare ad una certa “economia domestica”. Ma serve buon senso

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in foto il presidente Ettore Prandini di Coldiretti con il presidente del Consiglio Giorgia Meloni al villaggio Coldiretti di Roma (Imagoeconomica)

Ieri per gli italiani è stata una giornata di particolare rilievo, avendo il Governo approvato la versione definitiva del Def, Documento di Economia e Finanza, così come corretto dalla Nadef, che farà da binario per l’attività politica e economica del Paese per il 2024. Il riferimento alla ferrovia non è casuale, in quanto sono pochi, se non addirittura assenti, i margini per correzioni che dovessero  prevedere un aumento di spesa anche minimo. Insieme a quel documento sono stati approvati due decreti che dovrebbero consentire miglioramenti economici per le famiglie, in particolare per quelle dei lavoratori dipendenti (alleggerimento del cuneo fiscale) e per i pensionati. Non meno importante è da considerarsi la maggiore disponibilità finanziaria destinata alla sanità pubblica. Poco con poco, come usano dire in campagna, i benefici per gli italiani, seppur minimi e non sufficienti, soprattutto per quanti percepiscono un reddito basso, non dovrebbero mancare. A proposito di campagna, domenica si sono recati in visita al Villaggio a tema realizzato a Roma dalla Coldiretti sia la premier Meloni che il ministro delle Imprese e del Made in Italy Urso, oltre a altri rappresentanti del popolo in ordine sparso. Sarà stata una coincidenza del tutto fortuita, ma anche il premier del Governo precedente Mario Draghi, tra le prime visite a organizzazioni di categoria ne inserì una a quella stessa associazione. Sia il benvenuto il rinnovato interesse, se effettivamente tale è, di chi è al vertice delle istituzioni nei riguardi del settore primario. Sempre che non sia stata una passerella sopra un bacino consistente di elettori. Dando per corretta l’impressione che quelle presenze abbiano voluto dare segnali di attenzione dell’Esecutivo nei confronti del mondo agricolo, si deve prendere atto che sono state per una volta tempestive. È questo infatti il periodo dell’anno in cui è possibile fare previsioni attendibili su come si concluderà l’annata agraria per il Paese.

La vendemmia è ormai agli sgoccioli e ha riscontrato un calo della produzione consistente e generalizzato da Nord a Sud a cui fa da sponda la buona qualità, in alcuni casi persino eccellente. È appena iniziata la raccolta delle olive e per essa si prevede la stessa sorte dell’uva: sensibile diminuzione della quantità, per buona parte bilanciata dall’alta qualità. Se alle notizie appena riportate si aggiunge che il raccolto del grano a fine primavera è stato scarso e così quello degli altri cereali, anche per l’agricoltura il 2023 sarà ricordato come un anno orribile.

Intanto le organizzazioni settoriali, come Federvini, Aprol e altre, segnalano che fin d’ora la domanda globale di vino e olio è in crescita sostenuta. Di conseguenza Sua Maestà il Mercato libero, che non si fa condizionare facilmente, registra una tendenza dei prezzi verso l’alto, per quanto comprensibile, nello stesso tempo preoccupante. Più nello specifico, è negativa l’impressione su quanto risulta dalla combinazione perversa di alcune dinamiche socioeconomiche. L’inflazione resiste con forza ai tentativi di quanti vorrebbero ridimensionarla come innanzi accennato, mentre l’aumento del costo del denaro apportato dalle banche centrali, sta diventando un problema serio per le industrie e le famiglie. Dal disegno a tinte fosche appena abbozzato, salvo a essere ottimisti a oltranza, ne conseguono aspettative negative per il futuro prossimo e non solo. I prodotti agricoli, fatte salve alcune eccezioni come le coltivazioni sotto serra, vengono raccolti una volta all’anno. È naturale che il prezzo di ciascuno di essi venga stabilito con la stessa cadenza. Non così per altri costi, principalmente quelli energetici, facilmente suscettibili di impennarsi, anche in conseguenza di un evento della portanza simile al battito di ali di una farfalla. L’incertezza che deriva dalle considerazioni appena espresse mette in seria difficoltà quanti debbono elaborare programmi e piani e altrettanto chi deve legiferare. Si aggiunga a quanto sopra che i fatti esterni, leggi i conflitti in corso in aree lontane ma non troppo e tutti connotati da estrema violenza, influiscono in maniera più  che sensibile sull’economia globale, in particolare su quella italiana. Ciò vale soprattutto dal punto di vista commerciale, per le turbative che essi apportano all’import e all’export da e verso quelle entità geopolitiche. Con l’augurio che la realtà possa smentire le previsioni, quelle palle al piede alla crescita e allo sviluppo della produzione di beni e servizi del Paese non potranno essere rimosse in tempi brevi. Si può dire, in base ai suggerimenti che vengono dispensati con ogni mezzo dalle organizzazioni dei consumatori, aggiunte a quelle delle istituzioni pubbliche, che oramai anche in Italia il clima economico è molto simile a quello di guerra. In conformità con quanto affermato in più occasioni dalla Capo del governo Meloni, precisamente che nessun euro del prossimo esercizio dovrà andare sprecato, l’ordine di sevizio per le famiglie italiane è quello di evitare ogni spreco alimentare o di altri prodotti di uso domestico. Del resto una generazione di italiani che oramai è quasi del tutto scomparsa, quella di quanti sopravvissero ai disagi della guerra e a quelli che perdurarono anche dopo, ha lasciato in ricordo di sé comportamenti che oggi sarebbero considerati inattuabili. Mangiare e bere cibi e bevande alternativi a quelli usuali in quanto più facilmente reperibili e nello stesso tempo più economici, questo il principio ispiratore.

In quanto all’abbigliamento, durò a lungo la regola di riportare al sarto che aveva realizzato un determinato capo – all’epoca il prêt-à-porter era di là da venire – per farlo  “rivoltare” e molti di essi passavano da un fratello all’altro in famiglia man mano che crescevano. Sarebbe impossibile attualmente ritornare a una “economia domestica” (che di lì a poco sarebbe divenuta materia di studio per le studentesse delle medie) di quel tipo. C’è uno strumento che può essere usato senza limiti ancora oggi: il buon senso. Stringendo la sua portata all’osso, esso vuole che debba essere tenuta con rigore la guardia alta nel quotidiano, in specie quello domestico. Più nei dettagli, su ciò che deve passare dal frigorifero o dalla dispensa nella busta dei rifiuti. Del resto nelle masserie ancora oggi vale l’affermazione: “A levare e a mettere si raddoppia”. A pensarci bene, buttare e ricomprare lo stesso prodotto, porta al raddoppio della spesa relativa…