La guerra e i suoi effetti dureranno a lungo. Per la Ue è il momento di cominciare a fare sul serio

in foto Mario Draghi

Come spesso accade nelle favole, talvolta anche nelle vicende umane si assiste al lieto fine. È appena successo con il DEF, il documento di economia e finanza, varato nelle scorse ore dal Consiglio dei Ministri. Le varie ipotesi di lavoro sono state oggetto di una importante revisione per effetto della guerra che si sta combattendo ai confini orientali dell’Europa. Rimanendo in Italia, i governanti hanno dovuto fare diversi esercizi, molto simili a quelli degli equilibristi, per non spostarsi in maniera stravolgente dagli obiettivi ipotizzati all’inizio dell’anno, quindi appena tre mesi fa. Non è stato un lavoro da poco ma, alla fine, un’intesa è stata trovata e quindi l’esecutivo è stato messo in condizione di poter procedere. Questo passaggio è da ritenere senza dubbio importante: era un collo di bottiglia significativo anche per la tenuta del governo, peraltro da affrontare in un periodo particolarmente importante della storia patria e non solo. Per formulare una previsione estrema, si può azzardare il paragone come se il mondo occidentale avesse appena finito di bere l’aperitivo che già dovesse consumare un pasto abbondante quanto indigesto. Tanto per esporre che i disastri provocati da questo primo round del combattimento Russia Ucraina a breve saranno solo poca cosa rispetto ai colpi da 9O che a a stretto giro i due paesi cominceranno a scagliarsi. Secondo fonti molto vicine a quelle realtà, quindi attendibili, quel conflitto si sta predisponendo a protrarsi nel tempo. Quindi quanto sta per verificarsi sarà da paragonare non a una corsa podistica, bensì a una vera e propria maratona. Sarà quella stessa che continuerà, almeno per qualche anno, a dilaniare fisicamente l’ Ucraina e moralmente buona parte del mondo. Non possono essere taciuti, anche per non usare lo stesso modo di fare criptico se non sleale di Putin e di chi gli mantiene il sacco, comportamenti fuori da ogni logica di buon governo e di civile agire. Preso atto che il blocco orientale, almeno informalmente, se non è una realtà ufficializzata poco manca, mette angoscia ascoltare il presidente russo che dichiara ufficialmente di non aver nessun problema a dirottare verso la Cina e l’India il gas e gli altri combustibili fossili che l’Europa non comprerá più. Altrettanto si ha l’idea che quel blocco sia smanioso di passare dalle dichiarazioni ai fatti, tant’è che il ministro per l’economia cinese, poche ore dopo lo show di Putin, si è affrettato a dichiarare in conferenza stampa che Pechino era ben lieta di incrementare i rapporti commerciali con Mosca, soprattutto quelli per la fornitura di idrocarburi. È presumibile che, a stretto giro, anche New Delhi si comporterà allo stesso modo. Di conseguenza Putin potrà continuare a finanziare la sua guerra sine die. Come se non bastasse, i suoi adepti si sentono autorizzati a interloquire addirittura sorridendo con sufficienza con l’informazione estera, indice di una pochezza morale non qualificabile. Tutto quanto sta accadendo in Ucraina, a loro dire, deve essere addebitato all’occidente e solo a esso. Tentando di aggiungere così al danno la beffa. I personaggi appena citati sanno bene che il Cremlino sta conducendo un gioco al massacro e si comporta come fanno i naufraghi, cercando di attaccarsi a qualsiasi cosa pur di rimanere a galla. È noto che non si può cavare sangue dalle rape e il detto calza bene mai come in questa circostanza. L’occidente, quel babau come lo descrivono gli oligarchi, ha dimostrato fino a ieri quanto possa essere ampio il baratro tra la democrazia e la dittatura, entrambe nella portata più ampia del termine. Focalizzando l’attenzione sul DEF, si sarebbe tentati di definirlo di guerra, tante sono le poste anomale e sproporzionate che compaiono in esso. Nè per gli italiani è di aiuto, per ingoiare il boccone amaro, pensare che il Paese stia subendo le conseguenze negative di manovre temerarie messe in atto oltre cortina. Il primo problema da risolvere, oggi o se fosse possibile ieri, è quello del disordine che si è creato nel mondo della produzione, allargato a tutto campo. Il legame virtuoso che legava il mercato dei beni e servizi primari alla capacità di spesa della classe media (esiste ancora ?), ultimamente si è allentato. Tali indicatori sono, con buona probabilità, tra i più significativi per avere un’idea di come stia evolvendo il tenore di vita del paese. Al momento non c’è da fare salti di gioia ma solo quelli mortali per arrivare a fine mese. Dopo quanto era successo durante la pandemia, per gli italiani in particolare, un’altra stretta limitante della morsa del potere di acquisto era l’ultima delle iatture che potevano presentarsi. L’ effetto maggiormente deleterio di questo turbine è che, già da ora, gli esperti del settore sostengono che l’abbrivio della guerra mondiale economica in corso sarà decisamente più lungo dello stesso fenomeno prodotto da quella combattuta sul campo. È triste constatare come, pur essendo oramai nel terzo millennio, un qualsiasi soggetto economico si trovi a dover attraversare un un tunnel buio, nell’ impossibilità quindi di evitare i cocci di bottiglia sparsi sul percorso, per cause imprevedibili o quasi. Quel che è peggio, oltre alla previsione attuale di un incremento del PIL ridotto a circa la metà di quello già previsto intorno a un modesto 6%, prima dell’invasione dell’Ucraina, chi continuerà a far sentire molto il suo peso sarà l’inflazione. Il suo tasso era stato fissato come target per il 2023 intorno al 2%. Già oggi è una chimera, perché nel Paese si è già abbondantemente sopra il 5%, mentre nel resto del mondo, più marcatamente per alcuni dei suoi sistemi economici, quello stesso parametro sta per passare a due cifre. Il momento è interlocutorio, quindi non sarebbe un comportamento adeguato quello di rimanere in attesa di manna dal cielo o di iniziare saccheggi alla maniera del day after. Potrebbe valere la formula che il Premier Draghi va enunciando da un pò di tempo a questa parte. Più precisamente, fare squadra con gli altri paesi della EU per costituire una massa critica in grado di far sentire il suo peso e la sua voce sui mercati internazionali di ogni prodotto o servizio. Del resto ciò è anche uno dei presupposti che tengono insieme quella costruzione geopolitica, la cosiddetta Casa Comune. Quanto appena scritto non dovrà rimanere un fatto episodico, ma costituire l’inizio di un nuovo modo di operare della EU. Con la convinzione ben determinata che a volte è un episodio contingente che innesca processi atti a durare nel tempo. Almeno in passato ciò è giá successo.