Mafie, il procuratore Melillo alla Stampa: Al Centro-Nord non più infiltrazioni ma presenza strutturale

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in foto il dottor Giovanni Melillo, procuratore nazionale Antimafia (Imagoeconomica)

“Non si deve più parlare di infiltrazioni mafiose, ma di una presenza strutturale delle organizzazioni criminali nel Centro-Nord Italia in tutti i settori, dall’edilizia, alla logistica, al calcio professionistico passando per la grande distribuzione e la finanza”. Lo dice, in un’intervista alla Stampa, il procuratore nazionale Antimafia Giovanni Melillo. “Sono circa trent’anni che le indagini e i processi dimostrano la presenza al Nord di autentiche, stabili e fra loro coordinate ramificazioni strutturali della ‘ndrangheta – sottolinea Melillo – Numerose sentenze, definitive, comprovano la gravità del fenomeno particolarmente in Lombardia, Piemonte ed Emilia. Ma la situazione non è diversa in Liguria, in Veneto e in Toscana”. In Emilia-Romagna, dove secondo l’ultima relazione semestrale della Dia si è registrato il record di interdittive per rischio di infiltrazioni mafiose, “mi parrebbe piuttosto difficile parlare di emergenza, tanto meno nuova. Si tratta piuttosto e da tempo di componenti strutturali del tessuto economico e sociale di quella regione, come di gran parte del territorio nazionale”. I rapporti con la politica sono “diffusi, disincantati e pragmatici, direi. Le organizzazioni mafiose sono indifferenti al colore degli interlocutori politici che soprattutto a livello locale, in cambio di finanziamenti e sostegno elettorale, si offrono di dare rappresentanza e tutela agli interessi delle reti d’impresa che agiscono per conto di quelle organizzazioni”. Sul fronte delle norme di contrasto, “il fenomeno avviene parallelamente all’indebolimento degli strumenti di prevenzione e contrasto della corruzione e alla limitazione irragionevole dell’impiego delle intercettazioni in questo campo così cruciale. La prevista riduzione della durata massima dei controlli delle comunicazioni a 45 giorni a me pare esempio emblematico di tale irragionevolezza, considerando la difficoltà anche solo di immaginare strumenti alternativi di indagine davvero efficaci”, conclude Melillo.