Assegno di Inclusione tra povertà in forte crescita e le grandi falle della misura ADI

E’ un’Italia nella sua popolazione spaccata in due, tra povertà ed una misura di contrasto alla povertà che fatica a decollare, lasciando indietro fragili, disabili e poveri, quelli che la stessa norma che ha dato avvio alla nuova misura anti povertà, denominata ADI – Assegno di Inclusione, ha definito “svantaggiati”, che lascia indietro per cavilli burocratici e azioni che faticano a prendere il passo. Quasi 6 milioni di poveri assoluti, queste le prime stime preliminari sulla povertà in Italia, diffusi dall’Istat. L’indigenza cresce e diventa anche ereditaria. Per “salvarsi” lavorare non basta: quasi la metà delle famiglie in povertà assoluta ha un occupato. E anche l’accesso ai farmaci e alla sanità diventa difficile. L’ascensore sociale è bloccato, ferma solo in discesa e molti precipitano da quella che fu classe media. Le persone che accedono alla Caritas in tutto lo stivale sono aumentate del 12%, le richieste sono impennate anche nelle regioni virtuose del Nord, come l’Emilia Romagna. Il tutto poi si acuisce al Sud. Il taglio a molte famiglie italiane percettrici del Reddito di Cittadinanza nei mesi scorsi, ha aumentato l’indigenza, accumulando arretrati negli affitti e nelle rate del mutuo, insolvenze nei pagamenti delle utenze, generando un effetto boomerang, che oggi porta molte famiglie allo sfratto e al taglio delle utenze. Famiglie, che nella nuova misura di contrasto alla povertà non rientrano in alcuna categoria, i grandi esclusi in stato di povertà. Sono oltre 180mila le domande relative all’Assegno di Inclusione, sino ad ora respinte in Italia. Così troppi poveri sono rimasti privi di un sostegno economico. Una domanda respinta significa un “no” alla richiesta di aiuto di un nucleo familiare in difficoltà, a cui in questo momento viene negato il principale supporto possibile, se si esclude il Sostegno per la formazione e il lavoro, riservato agli “occupabili”, sempre in presenza di determinate condizioni e per un periodo limitato. Tra i richiedenti anche quelli definiti in stato di svantaggio, i quali necessitano di una documentazione attestate la condizione di svantaggio rientrante in categorie previste della normativa, nonché il loro coinvolgimento in un progetto e/o programma di diagnosi e cura dei servizi competenti. Si tratta di donne vittime di violenza, persone affette da patologie psichiatriche, dipendenze, ex detenuti. La documentazione viene rilasciata da enti preposti, che hanno per l’appunto in carico la persona, e questo stesso ente, come da normativa, dovrebbero validare all’interno dell’apposita piattaforma individuata dal Ministero, la certificazione da loro rilasciata, ma i cavilli non mancano. Infatti, questi enti non hanno la possibilità di accedere al sistema individuato dal Ministero, e tanti restano ad aspettare un assegno economico che gli spetta. D’altra parte, ci sarebbe un silenzio-assenso, individuato di recente, che consentirebbe alle persone svantaggiate, di ricevere il contributo economico entro sessanta giorni dalla domanda, senza alcun controllo da parte dell’ente certificante, almeno sino a quando non ci sarà la possibilità di poter accedere alla banca dati individuata dal Ministero. Ma questo silenzio-assenso, pare non decollare per tanti possibili percettori. Tra i beneficiari della misura ci sono anche i senza dimora, ma resta il problema che senza la residenza non è possibile ottenere l’assegno. Sono ancora molti i comuni italiani che non hanno deliberato la residenza fittizia. I percettori, invece, fanno i conti con le scadenze e gli incontri obbligatori, prima su tutti con i Servizi Sociali, dove con sincerità e partecipazione devono rimettere risposte che hanno un controllo nel tempo. I nuclei familiari con minori, infatti, sono obbligati dopo il primo incontro, ogni novanta giorni a presentarsi ai Servizi Sociali dimostrando anzitutto la frequenza scolastica costante dei propri figli, oltre che ad aderire agli obiettivi e agli impegni che vengono sottoscritte attraverso il PAIS, Programma di Assistenza Individualizzato. Un obbligo ricorre in tutta la penisola, ma si accentua soprattutto nel Sud Italia, l’obbligo istruttivo per la fascia d’età dai 18 ai 29 anni, in sostanza, chi possiede la sola licenza media, deve conseguire il famoso biennio scolastico, aderendo a percorsi formativi e istruttivi, che la persona deve ricercare autonomamente. Un obbligo riportato in qualche articolo, ma che ai più dei percettori sfugge e crea smarrimento e disorientamento. In molti non ne comprendono il senso, che in realtà sarebbe quello di creare un titolo e delle competenze spendibili nel mondo del lavoro, al fine di non creare un assistenzialismo economico a vita. La preoccupazione è quindi alta, anche guardando al futuro, che sembra caratterizzato da inflazione che non accenna a diminuire, il venir meno di un sostegno universale di contrasto alla povertà, generando esclusione e ampie fette di povertà, che non possono trovare riparo in misure straordinarie e tampone, ma che necessitano di un’economia solida e duratura, e di opportunità.