Incivili che discutono sulle unioni civili

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Un incontro inatteso

Siamo molto cortesi l’uno con l’altro,
diciamo che è bello incontrarsi dopo anni.
Le nostre tigri bevono latte. I nostri sparvieri vanno a piedi.
I nostri squali affogano nell’acqua. I nostri lupi sbadigliano a gabbia aperta.
Le nostre vipere si sono scrollate di dosso i lampi,
le scimmie gli slanci, i pavoni, le penne.
I pipistrelli già da tanto sono volati via dai nostri capelli.
Ci fermiamo a metà frase, senza scampo sorridente.
La nostra gente non sa parlarsi.

Wislawa Szymborska

 

È indubbiamente un tema importante, ma il dibattito sulle unioni civili. sulla legge Cirinnà, ha messo da giorni tutto il resto in secondo piano.
E francamente non se ne può più.
Soprattutto dei dibattiti pubblici e del modo prevalente di trattare questo dai soliti opinionisti a 360 gradi.
Non tutti naturalmente. 
Sto seguendo la trasmissione Tagadà (il nome prende spunto da una giostra che si compone di una base a forma di disco, del diametro di circa 8 metri, sul cui perimetro sono disposti una serie di divanetti che guardano verso il centro dell’attrazione) l’intervistatrice che ha chiaramente una sua posizione definita coordina Alessandra Mussolini e la senatrice Paola Concia. 
Raramente ho visto la Mussolini così argomentativa e ragionevole, ma la Concia insofferente sin dall’inizio senza reale motivo con aria sdegnata, siccome doveva argomentare in modo logico, prende e se ne va.
Si può non avere in simpatia un personaggio o l’altro ma occorre contestualizzare e valutare il “qui e ora”altrimenti tutto è predefinito e si chiama pregiudizio.
La Mussolini ragionava, la Concia no e voleva proporre la solita poltiglia psicosocioemozionale dove la regola d’oro è “valgono i sentimenti”. 
L’altro giorno pure il filosofo Galimberti (che a leggerlo mi sembrava tutt’altro tipo) con aria arrogante e irritato rifiutava di discutere in modo articolato e profondo attaccando Mario Adinolfi e incredibilmente un ragionevole Marco Pannella.
Spesso le argomentazioni che sono utilizzate dai fautori della legge considerata per intero e che quindi include il tema dei bambini, sono collegate a frasi “quel che conta è l’amore” oppure “l’importante sono le emozioni” e frasi banali di questo tipo che se ci pensa un poco meglio è una banalità che toccando temi non banali diventa una forma d’immoralità.
Perché poi davvero argomenti consistenti che considerano i diritti attuali ma anche futuri del bambino non sono considerati.
Spesso il desiderio tradotto come diritto ha davvero una violenza insopportabile. 
Voglio dire che fermo restando che sul piano del riconoscimento dei diritti delle persone dello stesso sesso credo che nessuno, davvero, oramai metta più in dubbio la necessità di allinearsi ai paesi civili, il caos accade nel momento in cui si vuole inserire, giustamente, il tema dei bambini. 
Ma credo che sia impossibile mettersi d’accordo. 
Difficile su qualcosa se prima non si condivide un criterio principale comune e un modello di riferimento. 
Il punto chiave è il tema dei valori. 
Certo l’evoluzione scientifica, l’aumento della complessità e delle possibilità fa emergere scenari neppur pensabili neanche non molto tempo fa. 
Ogni nuova realtà emergente richiede, però, di essere analizzata a fondo, si deve riuscire a mettere in luce tutte le parti intrecciate che la caratterizzano e richiede revisioni profonde e ampie delle variabili in gioco, della rete concettuale e di senso rispetto a quella precedente. 
Ci sono voluti secoli per definire il modello organizzativo e funzionale e valoriale della famiglia e non si può liquidare, ripeto, con la prepotenza di chi considera i propri bisogni, il criterio guida per la soluzione giusta.
Non si sopporta la prepotenza di chi continua a preferire di sentirsi perseguitato e vittima quando questo non è vero e utilizza la sua pseudo debolezza per pretendere come diritto qualcosa che in realtà è un desiderio. 
Ma poi, ripeto, il punto è che si possono negoziare molte cose nella vita ma i valori no e per capire che cosa non va bene rispetto a qualcosa occorre avere un modello che rappresenti la norma, se manca questo, rispetto a che cosa si confronta una situazione?
Da un lato c’è la famiglia con i suoi valori e con tutta una serie di argomentazioni multidimensionali che la supportano: questo è un modello che può anche fallire nella gestione ma non per colpa del modello.
Certo occorre approfondire davvero il tema delle adozioni e trovare risposte ragionevoli per le diverse situazioni ma evitando scorciatoie pericolose.  
Quando si arriva a confrontare valori (o anche la loro assenza) allora, come sappiamo purtroppo, non ci si può incontrare e si finisce con scontrarci. 
Francamente la superficialità di come si sta affrontando questo tema è un altro brutto segno di questi nostri tempi di barbarie e onde gravitazionali.