Vanni Miele, il suono fra sperimentazione, forza evocativa e sensorialità

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in foto Vanni Miele

L’Occhio di Leone, ideato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte, in Italia e all’estero, avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.

di Chiara Fucci

Vanni Miele è un artista poliedrico nel campo musicale, riveste infatti diversi ruoli e porta avanti altrettanti progetti. Affascinato dal suono fin da bambino, Vanni Miele ha fatto della musica il suo principale oggetto di studio, a sedici anni ha iniziato a suonare il contrabbasso e ha deciso, come fosse una missione, di dedicarsi alla ricerca del “giusto suono”, spaziando fra ambienti e generi diversi che hanno esposto i suoi gusti a svariate contaminazioni. Vanni Miele è docente, strumentista, autore di musica per teatro, installazioni artistiche, videogiochi, danza e pubblicità, contesti disparati in cui la sensibilità dell’artista si rivela nella messa in relazione del suono con l’ambiente, i movimenti, lo spazio, il tempo. Anche le tante pubblicazioni di Vanni Miele riflettono la sperimentazione caratteristica del suo percorso musicale, poche settimane fa è uscito il suo ultimo album “Seven Flows (Seven Sonic Meditative Flows)” e in primavera è prevista la pubblicazione di due antologie sulle sue composizioni per videogiochi realizzate tra il 1996 e il 2000.  Ciò che emerge dal percorso e dai progetti di Vanni Miele è una meticolosa attenzione alla forza evocativa dei suoni e un approccio multisensoriale alla musica, tanto misteriosa quanto benefica.

Compone musica per diverse realtà come il teatro, i videogiochi, le installazioni artistiche. Ritiene che ci siano caratteristiche distintive di ognuna di queste realtà che influiscono sulle scelte sonore della composizione?
Aggiungerei anche la musica per danza e la musica per la pubblicità, altra mia grande passione, motivo di ricerca e studi continui e approfonditi che mi hanno portato a insegnare “Storia, analisi e funzione della musica nella pubblicità” alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Roma Tor Vergata per i corsi di laurea in DAMS e Scienze della Comunicazione. La musica è capace di spingere quei “tasti giusti” dentro di noi, quei tasti che ci predispongono a ricevere un messaggio, e questo fa di essa uno strumento potentissimo nel mondo della comunicazione. Riguardo alle caratteristiche distintive dei vari ambiti, è chiaro che esistono e influiscono sulle scelte sonore e compositive, tutte le realtà sono però accomunate da una condizione comune che è la “relazione” nel paradigma suono, spazio, tempo, ambiente e movimento.

Se dovesse immaginare di interpretare musicalmente due opere di arte visiva, quali sceglierebbe e come le tradurrebbe in suoni?
Prima di parlare di interpretazione vorrei parlarti di una mia particolare condizione sensoriale che mi accompagna in tutte le cose che faccio: la sinestesia. Il mio approccio sinestesico è quasi sempre immediato e spontaneo ed è il punto di partenza per “suonare un quadro”. Lavoro in uno stato di concentrazione intensa, superiore. Poi si può anche interpretare, leggere o decodificare un’opera, un edificio, un giardino antico. Per fare questo si parte dal simbolo e dal segno, come ci ha insegnato Marius Schneider, autore di “Pietre che cantano” un libro interessantissimo che interpreta, o legge, la musica racchiusa in alcuni chiostri medievali spagnoli. Schneider sostiene che in alcuni luoghi ci sia una musica percepibile non con le orecchie ma con tutto il corpo, assorbendone l’armonia. Talvolta ciò dona un effetto curativo, di benessere. A questo punto capirai che le cose sono molto complesse e articolate e non c’è un’opera specifica che vorrei interpretare. 

Nel corso della sua carriera musicale ha ricoperto molti ruoli e ha preso parte ai più vari progetti. C’è però qualcosa che ancora non ha realizzato e che le piacerebbe intraprendere?
Mi piacerebbe promuovere e diffondere lo sviluppo della coscienza sonora prima e musicale subito dopo. 

Qual è per lei il potere della musica?
La musica, direi il suono, è come una medicina magica, misteriosa, portentosa. È legata a “zone” dell’essere umano che non conosciamo ancora. A volte viene usata in modo scorretto nell’arte e nella comunicazione, spesso perché non se ne conosce appunto il potere.