Gli Assiri all’ombra del Vesuvio, i guerrieri di Sargon conquistano il Mann

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di Fiorella Franchini

Il Mann torna a stupire con una mostra dedicata a un popolo vissuto quasi agli albori della Storia: Gli Assiri all’Ombra del Vesuvio, ed è subito un salto nel tempo. Fu il primo impero universale: nel momento della sua massima espansione racchiudeva in sé tutti i più importanti popoli, l’Egitto e l’eredità di Babilonia, gli ebrei e le città fenice, gli arami della Siria e le popolazioni della Turchia. Con guerre, deportazioni di massa, commerci ha mescolato razze e culture realizzando un dominio globalizzato. L’esposizione, organizzata in collaborazione con l’Università L’Orientale, porta in mostra reperti provenienti dal British Museum, l’Ashmolean Museum, i Musei Vaticani e i Musei Reali di Torino. Ci saranno inoltre i calchi, che appartengono alle collezioni del MANN e che riproducono manufatti ritrovati a Ninive, famosa città antica della Mesopotamia e capitale del regno assiro. Quindici riproduzioni di gesso che ritraggono rilievi neo assiri dal IX al VII secolo a. C. esposti nel cosiddetto Assyrian Basement e i cui originali appartengono alle collezioni del British Museum di Londra. I calchi del MANN, da tempo conservati nei depositi, sono giunti a Napoli, donati da Alessandro Castellani, ambiguo e discusso esperto d’arte in esilio, che ebbe il merito di comprare i calchi e di affidarli all’istituto allora diretto da Giuseppe Fiorelli. Henry Austin Layard, autore delle fortunate campagne di scavo che portarono in Inghilterra, nel cuore dell’Ottocento, alcuni capolavori dei palazzi neoassiri, donò al Museo un frammento di rilievo assiro ed alcuni pregevoli libri, riproposti nel percorso espositivo per inquadrare le tappe più importanti della scoperta dell’Assiria. Un omaggio all’archeologo napoletano a testimonianza della stima per il grande lavoro archeologico italiano e della straordinaria dimensione del laboratorio culturale partenopeo a fine Ottocento. Un’occasione imperdibile per raccontare le caratteristiche di una grande civiltà del passato, creando un percorso divulgativo accessibile a tutti anche grazie alle nuove tecnologie della comunicazione che consentono una vera full immersion nelle atmosfere del tempo con un percorso multimediale che affianca alle opere artistiche i prodotti tecnologici, capaci di ricreare immagini, ambienti, odori, gusti, sensazioni tattili di tremila anni fa. Riscopriamo una cultura raffinata, incessantemente rivolta alla guerra e al commercio ma proiettata anche verso i concetti del fantastico e del colossale. Templi e palazzi immensi, grandi divinità come i lamassù, spiriti benefici e protettivi con funzione apotropaica per tenere lontane le forze malvagie a protezione degli abitanti del palazzo, minacciosi nei confronti degli estranei. Purtroppo, la tendenza degli assiri a costruire i loro edifici con materiali poco resistenti, come i laterizi, ha impedito una lunga conservazione delle loro opere architettoniche, che ci sono pervenute soprattutto sotto forma di rovine. L’ambiente geografico ha sicuramente influenzato l’arte assira. La pietra era scarsa ma l’argilla era abbondante, pochi gli alberi per fare travi. Seguendo queste limitazioni, le costruzioni furono realizzate in mattoni con fondamenta in pietra. Il periodo del quale sono rimaste più testimonianze è chiamato neo-assiro o tardo assiro e comprende dall’anno 1000 al 612 a. C. È il tempo dei grandi costruttori Assurnasirpal II, Sargon II, suo figlio Senaqerib e, infine, Esarhaddon, conquistatore dell’Egitto. Il mattone di argilla, sabbia e paglia era usato per terrazze e spessi muri esterni. Le pareti erano rivestite con ceramiche colorate, in terracotta e smaltate, o con stucco bianco su cui erano presenti gli affreschi. In una grande stanza immersiva la mostra ricostruisce il palazzo di Sargon e le vaste pareti intarsiate. I disegni rappresentano piante, animali fantastici o figure geometriche. Spesso era usato l’alabastro, che è una pietra tenera che abbondava vicino al fiume Tigri, nella parte superiore. Nelle grandi superfici orizzontali delle pareti dei palazzi, le tavole riproducono le cronache di battaglie, vittorie e scene di caccia ma anche momenti di ozio e ricchi giardini. L’allestimento reinterpreta i contenuti storico-artistici attraverso i nuovi linguaggi che arrivano ai cinque sensi e, al tempo, stesso ne propone un’attualizzazione, suggerendo uno sguardo alla storia moderna. Terra di guerra ancor oggi l’Assiria, situata nella zona dell’alto Tigri in corrispondenza della parte settentrionale dell’odierno Irak, epicentro di contrasti profondi, dove accanto alla maggioranza araba, che rappresenta i tre quarti della popolazione, vivono etnie kurde, turcomanne e una minoranza assira, la cui lingua è l’aramaico, la stessa che veniva parlata da Gesù Cristo, dove le tensioni internazionali hanno causato un conflitto mai completamente sedato. “La storia dell’arte non è un divertissement, – ha dichiarato Paolo Giulierini in conferenza stampa – guardare al passato deve accrescere la consapevolezza nel presente”. Uno sguardo al passato che diventa percorso politico, ha sottolineato il sindaco Luigi de Magistris, “perché preservare la memoria collettiva, deve servire a evitare altre distruzioni di arte, di essere umani, di valori, a bandire l’indifferenza, a non farci complici”. Fino al 16 settembre al Museo Archeologico Napoletano, gli Assiri, il popolo dei guerrieri invincibili, dei sovrani sanguinari, delle ziqqurat e delle fortezze reali con oltre 200 stanze, tra magnificenza e stupore, Henry Austin Layard, autore delle fortunate campagne di scavo che portarono in Inghilterra, nel cuore dell’Ottocento, alcuni capolavori dei palazzi neoassiri: vicino, ancora una volta, a Giuseppe Fiorelli, anche per la condivisione degli ideali risorgimentali, Layard donò al Museo un frammento di rilievo assiro ed alcuni pregevoli libri, riproposti nel percorso espositivo per inquadrare le tappe più importanti della scoperta dell’Assiria. Ra profumi orientali e sapore di liquirizia, ci obbligano a una prospettiva che sovrappone etica civile e statuale, ancorando storia e cultura al rispetto delle diversità, dei principi fondamentali, della buona politike.