Compagno di giochi e di studio. Suo è il logo del Denaro. Come potrò mai dimenticarlo?

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In foto Pino Grimaldi

di Alfonso Ruffo

Non poteva andarsene. Non doveva andarsene. Con Pino avevamo un progetto da terminare. Un progetto che ci ha tenuti uniti anche in questi ultimi anni di lontananza fisica.
Sì, perché io non ho mai avviato un esperimento editoriale – un quotidiano, una rivista – senza prima essermi confrontato con lui. E Pino, da vero sacerdote della sua arte, mi ascoltava accondiscendente allargando o restringendo il sorriso a seconda del suo grado di approvazione.
Mi faceva dire tutto quello che avevo nella testa, senza interrompere. E si divertiva, a giudicare dal movimento dei baffi. Aveva le chiavi della mia anima e della mia mente, mi leggeva dentro. E alla fine scaturiva la soluzione come se a partorirla fossi stato io e non l’avesse invece indotta lui guidando il mio pensiero.
Quel po’ di gusto grafico che mi assiste l’ho acquisito da lui. E per quanto potessi essere convinto delle mie idee su forme e linee da adottare non mi sono mai arrischiato a realizzarle senza la sua approvazione.In foto il logo del Denaro disegnato da Pino Grimaldi

Della corretta applicazione dello stile che avevamo condiviso era un custode rigoroso. Telefonava e prim’ancora di salutare sputava fuori, con amore: Che cos’è quella porcheria a pagina 5?
Non ammetteva sgarri. E anche di questo gli sono grato perché i piccoli giornali, come quelli ai quali mi sono per quarant’anni dedicato, hanno ragione di esistere solo se fanno di qualità e dignità le loro caratteristiche principali.
Pino era un compagno di giochi e di studio. Nelle interminabili sessioni di confronto si partiva dalla filosofia per passare al gossip e arrivare alla conclusione naturale. Suo – e della figlia Ilaria che ne segue le orme con onore – è il logo del Denaro: lo sguardo del leone. Reso in pochi tratti, incisivi. Essenziale e potente. Come fermamente avevamo voluto Pino e io.
Come potrò mai dimenticarlo?