Napoli? Città matrigna. Geppy Gleijeses, confessioni di un “capocomico”

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Geppy Gleijeses, figura pragmatica del teatro italiano contemporaneo è in vacanza sull’isola azzurra.

Gleijeses un ritorno nostalgico nella sua Capri?
Capri, rappresenta la mia vita; ogni suo scorcio, ogni angolo di questo piccolo Paradiso terrestre suscita in me un tenero ricordo dei tanti anni di villeggiatura trascorsi in allegria e spensieratezza, con la mia famiglia e gli amici di gioventù.

Com’è cambiata l’isola rispetto a quel fulgido periodo?
Moltissimo; a quell’epoca Capri era meta di un turismo d’elite; oggi sono scomparsi tanti personaggi noti che hanno fatto la sua storia quali il Principe Pupetto di Sirignano, scomparso già da qualche anno, Dudù La Capria, Pelos La Capria protagonista del romanzo “Ferito a morte” che lo fece conoscere al grande pubblico. Inoltre le boutique delle grandi griffe internazionali che hanno invaso le strade dello shopping come via Camerelle, hanno messo nell’ombra una delle caratteristiche più salienti dell’isola, quali l’artigianalità dall’abito al sandalo. Ciò nonostante Capri è ancora un’isola di fascino irresistibile perchè irripetibile nel mondo.

Dal palcoscenico all’impresa; il suo impegno nel teatro è a 360 gradi?
La mia scuola è quella di Eduardo che aveva il teatro San Ferdinando ed una grande compagnia, secondo la filosofia della scuola del comicato italiano che prevede un capo comico alias l’impresario che si occupa di tutto, produce lo spettacolo, scrittura gli artisti, riscuote gli incassi e paga i compensi economici. Personalmente, con la mia società la GTS, ho cinque, sei compagnie teatrali che girano con spettacoli in tutta Italia, gestisco e dirigo il Teatro Quirino di Roma che fa 300 alzate di sipario l’anno dove vengono ad esibirsi attori di grande calibro come Lavia e Preziosi. Io sono stato il più giovane capocomico italiano; avevo appena 25 anni, quando scritturai Pupella Maggio, allora settantenne, per mettere in scena “Il Voto” di Salvatore di Giacomo. Pupella proveniva dalla compagnia di Eduardo e ci eravamo incontrati nel 1978, recitando insieme nel lavoro di Peppino Patroni Griffi “In memoria di una signora accanto anche a Massimo Ranieri ed a Lilla Brignone.

Quest’anno aprirà la stagione teatrale del “Diana” a Napoli con “Filumena Marturano”; perchè questa scelta?
Io mi pregio di essere allievo di Eduardo dal quale in età giovanissima, ho avuto l’autorizzazione a mettere in scena le sue opere, come scrsse a lettere cubitali a suo tempo il Corriere della Sera.. Eduardo mi suggerì come dovevo curare la regia, interprare il ruolo di protagonista e mi collocò tra i suoi allievi prediletti. Ho fatto ben 7 commedie di Eduardo, tra cui anche” Natale in casa Cupiello”.

Don Mimì, il protagonista di Filumena Marturano, è un uomo dal temperamento istrionico simile al suo; le affinità con il personaggio?
Il bello del teatro è quello di interpretare, non di riprodurre la vita. Il teatro non è mai imitazione della realtà, bensì metafora della stessa. Pertanto è necessario creare un diaframma tra il protagonista e la capacità di essere attore, bisogna immedesimarsi nel ruolo attraverso la memoria storica. Oserei citare anche Stanslavskij secondo il quale all’interpretazione dei personaggi si arriva attraverso un procedimento che si definisce “La memoria emotiva” che consiste nell’andare ad individuare nel proprio Io i punti in comune che si hanno con quel personaggio. Tornando alla figura di Don Mimì, pur essendo di estrazione sociale diversa, io nobiliare lui invece proveniente da una famiglia benestante di pasticcieri, condividiamo la passione per le donne e l’amore per i cavalli e per una vita itinerante tra Londra e Parigi, mentre sul lavoro siamo diametralmente opposti; lui è un indolente sfaticato, io sono un vulcano di idee ed una fucina di progetti concreti.

 La scelta della D’Abbraccio nel ruolo di Filumena?
Devo dire che con Mariangela ci siamo scelti; lei aveva avuto da Luca De Filippo i diritti per inscenare questa commedia e me l’ha proposta; io ho accettato anche dietro l’entusiasmo di Luca che aveva approvato pienamente questa scelta.

La sua interpretazione personale di “Filumena Marturano”?
Una grande storia d’amore con la regia della grande Liliana Cavani; nei primi due tempi Mimì si ribella al disegno macchinoso di Filumena combattendo con ogni mezzo, ma al terzo atto avviene  
una sorta di rivoluzione copernicana; Don Mimì si rende conto di non poter fare a meno di Filumena e pur di averla per sempre al suo fianco e di godere della gioia di essere padre, accetta come suoi figli tutti e tre i ragazzi, chiudendo la scena con un lungo e appassionato bacio d’amore.

Gleijeses lei è protagonista della prossima stagione teatrale napoletana anche con altri lavori?
Sì, al “Delle Palme” con “Il Bugiardo di Goldoni”, “Le Sorelle Materassi” tratto dal libro omonimo di Palazzeschi e “Luci della ribalda” con Marianella Bargilli nel ruolo di Teresa di cui curo esclusivamente la produzione

Glejieses come dipingerebbe teatralmente la realtà attuale?
Mi viene subito alla mente “Morte di un commesso viaggiatore”, rifacendomi empiricamente alla morte dei valori sociali, alla difficoltà dei rapporti familiari, al fenomeno di disgregazione sociale che stiamo vivendo, e per certi versi, mi rifarei anche a “A che servono questi quattrini” scritto da Eduardo ed Armando Curcio, in cui il filosofo Eduardo cercava di insegnare che il denaro non ha mai arricchito nessuno.

I valori umani più significativi?
Freud sosteneva che i componenti della felicità umana sono due; un rapporto amoroso soddisfacente ed un lavoro con il quale ci si realizza pienamente; a questi due elementi io aggiungerei i rapporti familiari e le amicizie vere.

Napoletano doc; il suo rapporto con la città?
E’ una “città matrigna” come diceva Eduardo che spesso esclamava “A Napule fuitevenne”, o utilizzando l’espressione del Goethe “Un Paradiso abitato da diavoli”; c’è tanto “Masaniellismo”, tanta approssimazione. Io mi reputo un uomo fortunato; ho abbinato il pragmatismo nordico per le mie lontane origini del nord Europa con la fantasia ed il talento artistico tipico dei napoletani.