Servizi di pubblica utilità, Svimez: Nel Mezzogiorno un quarto in meno rispetto al Nord

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Il Sud soffre di un basso livello di servizi di pubblica utilità, un quarto in meno di quanto prodotto nel resto del paese; 201 euro per abitante nel Mezzogiorno contro i 972 euro del Centro Nord. A certificare il gap è uno studio che la Svimez ha portato avanti con Utilitalia. A una produzione troppo contenuta si affianca inoltre un livello molto basso di investimenti: poco più di 22 euro per abitante contro oltre 124 nelle regioni centrali e settentrionali. Con significative differenze a livello territoriale: in Puglia sono stati investiti in servizi di pubblica utilità oltre 44,6 euro per abitante, oltre tre volte rispetto alla Campania, 13,1. Le possibilità di colmare il divario tra le diverse aree del Paese, passa per Svimez, necessariamente per un rilancio degli investimenti delle società partecipate. A tal proposito, lo studio calcola che, se si realizzasse un miliardo di euro di investimenti aggiuntivi all’interno di tre comparti di rilevante importanza nel settore delle utilities (raccolta rifiuti, idrico, produzione di energia), equivalente al doppio di quanto effettivamente realizzato nel 2016, questi genererebbero un incremento di produzione permanente nelle otto regioni del Sud di quasi 900 milioni di euro, con un PIL aggiuntivo di poco più di mezzo miliardo e oltre 11.000 posti di lavoro in più. L’analisi Svimez stima che, in un’ottica pluriennale, un investimento aggiuntivo di 5 miliardi determinerebbe effetti più che proporzionali rispetto a quelli prodotti con l’investimento di un solo miliardo, riducendo significativamente il gap con il Centro-Nord. Nonostante il numero esiguo di imprese che compongono l’universo di riferimento (245), la Svimez ha constatato comunque come il loro peso non sia trascurabile. Se, infatti, la quota di valore aggiunto prodotto nei servizi di pubblica utilità è al Sud in media lo 0,53%, con punte dello 0,85% in Sicilia, dello 0,81% in Molise e dello 0,68% in Puglia, il valore aggiunto attivato nei rispettivi sistemi economici raggiunge l’1,14%, quindi più del doppio del valore aggiunto prodotto, a conferma del ruolo propulsivo del settore nell’intera economica locale.