Vincenzo Marsiglia e l’arte di generare energie: Così le mie opere dialogano con il pubblico

496
in foto Vincenzo Marsiglia, ph © Giuseppe Grasso, courtesy l’artista

L’Occhio di Leone, ideato dall’artista Giuseppe Leone, è un osservatorio sull’arte visiva che, attraverso gli scritti di critici ed operatori culturali, vuole offrire una lettura di quel che accade nel mondo dell’arte, in Italia e all’estero, avanzando proposte e svolgendo indagini e analisi di rilievo nazionale e internazionale.

di Azzurra Immediato

Kaleidoscope. Cari lettori, ricordate questa parola. Caleidoscopico è il flusso intellettuale con cui Vincenzo Marsiglia affronta la vita e l’osservazione dei suoi processi. Caleidoscopica è la sua ricerca artistica precipua. Caleidoscopica è la maniera in cui ho conosciuto il suo lavoro ed il modo in cui esso mi ha affascinata. A partire dallo straordinario progetto ideato da Maria Letizia Paiato nel 2020, Buonanotte Contemporanea, visionario risveglio architettonico e culturale sull’Appennino abruzzese, in cui Marsiglia è stato coinvolto con l’opera site specific “Kaleidoscope”, è nato un intero susseguirsi di emozionale meravigliarsi che non poteva non concretizzarsi in un dialogo diretto, supportato, in modo del tutto coincidente da altre discussioni, con la curatrice romana Anita Calà. In verità, cari lettori, spiegare tutte le dinamiche che hanno portato a questa pubblicazione sarebbe come costruire un puzzle infinito, perciò, affidatevi alle parole di Vincenzo Marsiglia e, per pochi minuti, mollate le vostre bussole quotidiane e seguiteci.

Cos’è per te l’arte, Vincenzo?

È un confronto con se stessi, dove metti in discussione ogni pensiero, l’arte è possibilità di poter viaggiare in tutti i settori che si vogliono affrontare e che inevitabilmente ti porta a concretizzare. Ora l’arte ritorna ad avere un compito importante, avere una funzione sociale e ambientale. L’arte deve far generare energie, avere la forza di oltrepassare anche se stessa con slanci sognanti verso tematiche che a volte non appartengono all’arte stessa ma che possono dare il loro contributo visionario.

La tua ricerca si è focalizzata su alcuni concetti peculiari, sia di matrice estetica sia riguardanti il legame che nasce tra opera, luogo e pubblico. In che modo tale dialogo affiora e si concretizza nello spazio (intellettuale e fisico)?

Ogni mio lavoro eseguito fino a adesso, ha un forte legame con il pubblico e il luogo, soprattutto grazie alle nuove tecnologie, la mia è una ricerca continua, sento il bisogno di una fusione completa, l’opera viene generata dallo spettatore e vive grazie a lui. L’idea è sempre stata quella che l’installazione interattiva potesse donare nuova vita allo spazio e una nuova veste anche fisica dal punto di vista cromatico e geometrico. L’opera deve far pensare, ragionare e generare domande su se stessi e sull’esperienza che ti sta facendo vivere. Deve creare un dialogo continuo.

Tra i tuoi ultimi interventi d’arte pubblica certamente figura la tua opera realizzata per Buonanotte Contemporanea, raccontacene la genesi e il significato che dal simbolo all’opera reale ha rappresentato nell’ambito della tua indagine.

Quest’opera è nata grazie allo studio della zona che è stata selezionata per la sua collocazione. Da quel momento ho iniziato a progettare la cellula, rifacendomi a tutto il mio discorso creativo artistico degli origami e del mio segno UM. Nel mio processo mentale, vi erano, una serie di punti importanti: forma, leggerezza e colore. La forma doveva riprendere concettualmente l’andamento della fuga prospettica a cono e poi doveva incunearsi tra queste due pareti laterali dei due edifici, la leggerezza doveva essere data dalla struttura stessa, con le linee di costruzione che dall’ottagono dovevano chiudersi in un esagono allungato. L’ultimo punto, il colore, ottenuto per mezzo della pellicola dicroica disposta nei punti più congeniali della struttura, che con il movimento del sole genera ombre e colori, quindi anche il titolo dell’opera architettonica, crea la sua descrizione ‘Kaleidoscope’. L’obiettivo era di creare un’opera abitabile e fruibile internamente ed essere protetto dalla stessa. Diciamo che, la funzionalità e il fattore estetico, sono andati di pari passo. La vista di quel posto è meravigliosa, ma la cosa che più mi ha catturato nell’evoluzione del progetto è stata la doppia vista, dal paese nuovo si vede spuntare questa sorta di prua della “navicella” e dal paese, dove è installata l’architettura, abbiamo il fiume Sangro e la Majella, che è il secondo massiccio montuoso più alto degli Appennini. Oltre questo aspetto di bellezza naturalistica, ho aggiunto un aspetto concettuale del posizionamento stesso della struttura, davanti alla Grotta del Cavallone, questo punto ben preciso dove Gabriele D’Annunzio descrive nell’opera teatrale dal titolo “La figlia di Iorio”, tutto questo mi affascinava per i collegamenti storici culturali che possano crearsi in una relazione continua con il luogo grazie anche alle sue trasparenze. In conclusione, si può affermare che quest’opera ha dato inizio ad una visione nuova del mio lavoro, sempre più immersivo nell’esperienza fisica delle persone e nella costruzione di ambienti architettonici, che possono essere reali, come virtuali, come nel caso della mia nuova ricerca con la realtà aumentata attraverso HoLolens 2 .

“L’arte deve far generare energie, avere la forza di oltrepassare anche se stessa con slanci sognanti verso tematiche che a volte non appartengono all’arte stessa ma che possono dare il loro contributo visionario”. Ben comprenderete che le parole di Vincenzo Marsiglia restituiscono al nostro quotidiano un giusto stravolgimento del modus cogitandi solito, noto, ovvio e al quale ci siamo pigramente abituati. L’arte – e gli artisti – hanno da sempre trovato la maniera per aggirare gli ostacoli dell’umano vivere, è necessario, oggi più che mai restituire loro il ruolo attoriale perso da tempo. Un ulteriore motivo? È quanto sottolineato dal Marsiglia qualche riga più avanti, quando descrive il suo rapporto con i luoghi, ovvero quella commistione unica ed essenziale, afferente alle sensibilità visionarie, le sole in grado di porsi come guide in questo buio tempo; l’artista asserisce: “La mia relazione è stata con il silenzio assordante. Il silenzio, in grado di attivare l’esperienza.” Ecco, pertanto, che il silenzio portato in auge da Vincenzo Marsiglia è come una sorta di panico suono – o assenza d’esso – che si riscopre tra orridi, cime e gole appenniniche, antichi borghi abbandonati, paesaggi mozzafiato e vuoti sui quali tentare di restare sospesi, tra cromie improvvise e inattesi infiniti orizzonti. Ed è in questo paesaggio onirico, mnestico ed interiore che l’artista ha saputo generare sublimanti commistioni, presenze ed mancanze che fissano il vuoto per trarne suggestione, forma, tangibilità e per ricominciare ad immaginare tutto quello che la realtà, senza arte, non è in grado di gemmare.

in foto Kaleidoscope, installazione per Buonanotte Contemporanea, Ferro verniciato e pellicola dicroica, 300×300, 2020, ph © Roberto Sala, courtesy l’artista
in foto Holo Private Immersion, still from video capture on HoLolens 2, 2020, courtesy l’artista