Confesercenti porta in piazza a Napoli il calvario delle imprese: Serve un decreto, a rischio 50 mila Pmi

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(foto da Imagoeconomica)

Quindici croci di legno in piazza a testimoniare il calvario di altrettante categorie commerciali. La rappresentazione è andata in scena a Napoli, ma non c’entrano i riti pasquali. A protestare sono gli aderenti alla Confesercenti di quindici categorie merceologiche (benzinai, ambulanti, orafi e gioiellieri, moda, esercenti pubblici, imprese balneari, guide turistiche e interpreti, case vacanza e ostelli, parrucchieri ed estetiste, federazione turismo, sindacato delle discoteche tra le altre) riunitisi in centinaia in piazza del Plebiscito, sede della Prefettura, per chiedere la riapertura immediata dei loro esercizi. Tra i più arrabbiati gli ambulanti: “Non capiamo la differenza tra chi vende alimenti e chi no – spiega uno di loro mentre gli altri scandiscono lo slogan “lIbertà, libertà” – . Apriamo tutti da domani, senza distinzioni, non ce la facciamo più. Oppure presentiamoci in massa alla Mostra d’Oltremare per fare i vaccini. E se non ci sono non è certo colpa nostra”. “Sono almeno 50 mila le attività a rischio chiusura e 150 mila gli addetti che potrebbero perdere il posto di lavoro” – spiega il presidente di Confesercenti Campania Vincenzo Schiavo – prima di salire con una delegazione che comprende anche i responsabili dei settori Moda, Turismo, Trasporti e Servizi dal Prefetto Valentini. “Le croci di oggi – spiega Schiavo ai cronisti – rappresentano il peso che stanno portando le imprese dopo 395 giorni di chiusura a partire dal primo lockdown. Sono il sacrificio di tanti imprenditori, molti dei quali hanno chiuso le loro attività. Sono quindici croci che rappresentano le sofferenze degli imprenditori, il fitto che non riescono a pagare, l’Iva che non riescono a pagare, l’Inps, l’Inail e tante altre tasse. Oggi Confesercenti chiede al Governo con la sua petizione di firme di poter fare un decreto legge per gli imprenditori. Non vogliamo essere accomunati agli altri problemi italiani, sanità o altro, in piazza c’è un’economia oggi, oltre trenta categorie che hanno bisogno di una risposta e la risposta non può che essere un decreto legge a sostegno delle imprese e degli imprenditori”. “Credito a tutti – precisa Schiavo spiegando nel merito le richieste dei negozianti – e bisogna cercare di cancellare delle difficoltà come la segnalazione nella Crif che penalizza gli imprenditori che non riescono ad avere soldi dalle banche. È necessario far sentire la voce delle imprese. Settantaquattro categorie che aderiscono a Confesercenti hanno bisogno di poter dimostrare la loro disperazione in maniera civile e onesta”. A far da sfondo alla protesta, dati che parlano da sé: “Nessuno sta facendo affari in Campania – sottolinea Confesercenti – abbiamo perso il 50% del fatturato, siamo passati da 93 miliardi del 2019 ai 43 del 2020. Tutti siamo più poveri e il fatto di creare disparità tra chi può lavorare e chi no all’interno dello stesso settore con imprese chiuse e imprese aperte crea non pochi problemi”.

Il pizzaiolo del Papa: Dobbiamo aprire altrimenti moriamo
Lo chiamano “il pizzaiolo del Papa” perché in occasione del Giubileo straordinario della Misericordia fu scelto da Papa Francesco per preparare le pizze alla mensa del Vaticano. Oggi Vincenzo Staiano, titolare della pizzeria “O’ Zi Aniello” di Lettere (Napoli), si è recato in piazza del Plebiscito a Napoli per portare una delle 15 “croci” che affliggono gli esercenti in quest’anno di pandemia, unendosi alla manifestazione di protesta organizzata da Confesercenti Campania. “Siamo qui non per chiedere soldi – ha spiegato Staiano – ma per aprire. Devono darci la possibilità di farlo, con tutte le accortezze, ma abbiamo bisogno di avere la speranza di riaprire e ricominciare, fare un po’ di economia. Abbiamo solo questo, non abbiamo altre attività. Le croci ci sono, le cartelle arrivano e noi stiamo pagando, ma non facciamo incassi. E se non incassiamo, come facciamo a pagare i dipendenti? Un imprenditore che ha famiglia ed è ridotto alla povertà, con un fitto da pagare, chiederà i soldi agli usurai, e chissà quante di queste storie nasceranno prossimamente”.
Staiano ha quantificato una perdita di fatturato rispetto all’anno scorso “di oltre il 90%. Ma oggi un’attività con 10 o 15 dipendenti, solo con il delivery e l’asporto, come la fai? È ridicolo. Eppure sono tutti aperti, tranne le attività di ristorazione a cui lo Stato ha lasciato il contentino dell’asporto, ma l’incasso dov’è? Noi facciamo un altro tipo di lavoro e così MORIAMO, non ci sono soluzioni”. Ecco perché, secondo “il pizzaiolo del Papa”, bisogna “riaprire subito con tutte le accortezze, il che è giusto per noi e per gli altri. L’abbiamo fatto un anno fa quando ci siamo organizzati con il plexiglass, abbiamo speso una marea di soldi ma per cosa? Se un’attività di ristorazione ha 100 posti può aprire per 30, se ne ha 200 può aprire per 50. Si apre in maniera organizzata e così cominciamo a vedere un po’ di luce. Ma – conclude Staiano – la politica è incapace, spero che Dio illumini queste persone e ascolti le nostre preghiere”.