Il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin a Davos

 Molti sono i contenuti e i segnali lanciati dal Segretario di Stato vaticano mons. Parolin nel suo recentissimo   intervento a Davos.

 In primo luogo, occorre notare che a Davos, quest’anno, è arrivato proprio  il Segretario di Stato della Santa Sede, non un eminente prelato come in altre edizioni del meeting, autorevolissimo, certo, ma privo dei connotati politici e istituzionali adatti  a rappresentare ufficialmente  il Papa.

  Se l’Europa “ha perso l’anima”, come afferma il card. Parolin a Davos,  e ciò è evidente a tutti, occorre ritornare allo spirito dei Padri Fondatori della Comunità e poi dell’Unione Europea.

 E’ stato questo il primo argomento del card. Pietro Parolin, a segnalare che la malattia dell’Europa è politica, economica, strategica e, soprattutto, proprio perché globale, essa è spirituale.

 Si badi bene, il Segretario di Stato vaticano non parla oggi di “Europa cristiana”, che pure sarebbe stato anch’esso un ovvio e ragionevole argomento, per un Cardinale della Chiesa Cattolica, ma Parolin ha citato  lo spirito dei padri fondatori, ovvero dell’ateo ex-comunista Altiero Spinelli insieme al cattolico tridentino De Gasperi, o dei cattolici  Schuman e Adenauer.

 In altri termini, la Chiesa dice ai “potenti della Terra” riuniti a Davos che la Parola di Cristo è una e sola, ed è quella che porterà alla Salvezza, ma che l’orizzonte politico ha una sua autonomia concettuale e pratica che permette l’unione, per ritrovare l’anima dell’Europa, di cattolici, laici, riformati.

 Ed è questo anche il senso delle parole di Papa Francesco nei confronti di Martin Lutero e della Riforma.

 Una unione d’Europa che si basa sul riconoscimento non di una specifica religione, ma di un fatto: della irriducibilità di ogni uomo alla sua semplice dimensione materiale.

  E’ proprio la Chiesa Cattolica, rappresentata dal Segretario di Stato vaticano, che si pone oggi  alla testa della trasformazione dell’Europa, così come della riforma dell’economia globale e della sua ormai impotente politica.

 Non più quindi un cattolicesimo latomico e che quasi chiede scusa al laicismo per poter esistere ancora, ma la pienissima Gloria della Testimonianza cristiana che si apre a tutto il mondo, divenendo punto di riferimento anche per i non credenti o gli appartenenti ad altre fedi. 

 E’ la verità che rende liberi, come afferma l’Evangelista Giovanni.

 Non è affatto un caso, quindi, che ciò avvenga durante il Pontificato di un Papa  proveniente dalla Compagnia di Gesù.

 Per il cardinale Pietro Parolin, la deviazione irrazionale, oltre che irreligiosa, che è  centrale nei tempi attuali,  è la riduzione della vita religiosa a fatto intimo e personale.

 La fede religiosa è, deve essere, l’identità visibile dei credenti e, soprattutto, il fermento per tutti gli uomini.

 E’ la visibilità della Fede che la rende viva e utile per tutti gli uomini.

 E questo vale per tutte le Fedi, vivificate e difese dalla attuale Chiesa Cattolica, non si tratta qui di premere per privilegi, appunto, “parrocchiali”, ma di tutelare ogni uomo, qualunque sia la sua storia spirituale.

  Ridare l’ anima all’Europa, dice il Segretario di Stato vaticano, perché la cultura della materia, la dimenticanza delle radici ideali e spirituali, il materialismo da quattro soldi che oggi scorrazza nell’ideologia corrente non è la soluzione, ma l’indice della malattia, che è tale per tutti, non solo per i credenti.

 Una bassa ideologia della materia e dell’economia, per la prima volta principessa di questo mondo, come il maligno, senza la visione vivificante della prima Comunità Europea come era quella dei suoi fondatori.

 Oggi l’UE vive  una ossessione normativa e giuridicizzante che non può funzionare e che  aggrava la crisi dell’anima europea, ed  è questa l’essenza della sua crisi politica e organizzativa.

  E la Chiesa Cattolica, sempre nella visione che il card. Parolin ci ha fornito a Davos, la Sua anima la dimostra in un solo modo, un modo che fu riproposto da un Papa che al Segretario di Stato vaticano, primo tra i collaboratori del Santo Padre Francesco, e stiamo parlando di Giovanni XXIII, stava molto a cuore: il dialogo.

 La Chiesa Cattolica, lo ha riaffermato il cardinale Parolin in Svizzera, non chiede mai nessun privilegio per sé.

 Anzi, ricorda a tutti, dati alla mano, che sono proprio i cristiani quelli più perseguitati oggi nel mondo, senza peraltro mai dimenticare, anche nelle preghiere, i martiri delle altre fedi.

 Se la Chiesa parla, e d’ora in poi parlerà sempre di più in pubblico e in tutto il mondo, parla per difendere lo Spirito, per farlo diventare essenza della vita pubblica e del sentimento di tutti gli uomini, ma mai rivendicando piccoli o grandi privilegi o una qualche primazia nei confronti delle altre fedi.

 Qui, il cardinal Parolin è stato chiarissimo, a Davos come altrove.

 Stiamo assistendo, oggi, al tentativo, che molto probabilmente riuscirà, di rendere la Chiesa Cattolica il punto di riferimento mondiale per tutti coloro che vogliono trasformare in meglio  la realtà.

 Papa Francesco è stato, paradossalmente,  definito dal New York Times “il leader della sinistra mondiale”, ma proprio in questa terminologia  c’è un errore.

 Oggi infatti la Chiesa si candida, anche grazie alle parole del card. Parolin a Davos, non a fare da collante di tutte le “sinistre”, ma proprio di tutti gli uomini, anche di quelli che non credono nella Sequela di Pietro.

 Anche per quanto riguarda la scottante questione delle migrazioni la Chiesa, lo aveva ricordato il cardinale Segretario di Stato nel suo discorso alla Conferenza delle Nazioni Unite sui Migranti del 19 Settembre del 2016, la vera  questione è quella di limitare la produzione e vendita di armi, certamente, ma di capire che i problemi dell’uomo li ha creati l’uomo, non Dio, ed è  proprio l’uomo che, con il dialogo, può risolverli.

 Anche in questo caso, è proprio  il materialismo che genera l’errore, ed è invece  il riconoscimento della universale spiritualità e sacralità dell’uomo a fornire il dato unico dal quale partire, un dato di base che si sperimenta nel dialogo, dialogo con la altre fedi e con tutti gli uomini.

 Vengono qui in mente, e risuonavano anche nelle valli di Davos nei Grigioni, le parole che il Segretario di Stato Parolin affermò in una Sua omelia del 2013: “possiamo camminare quanto vogliamo, possiamo edificare tante cose,  ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va”.

 E la Chiesa, proprio quando diventa Voce di tutti gli Uomini, si mantiene pienamente  Sposa di Cristo e non, sempre per usare la cruda espressione del cardinal Parolin, “una semplice ONG assistenziale”.

  E non è poi un caso, certamente, che queste affermazioni provengano da un porporato che ha già seguito una lunga e brillante carriera diplomatica, che oggi permane ai massimi livelli decisionali e di impegno giornaliero.

 Il primo dato, e ne avevamo già fatto cenno, a Davos il Segretario di Stato vaticano sottolinea che, con Papa Francesco, l’attività diplomatica della Santa Sede è notevolmente aumentata in quantità e qualità.

 La Chiesa, dopo l’illuminante pontificato di Benedetto XVI, che ha delineato le linee culturali, geopolitiche ma soprattutto spirituali del Cattolicesimo della Globalizzazione, vive con Papa Francesco e il card. Parolin la fase, più pericolosa ma  esaltante, di una sua  nuova  leadership mondiale e di un nuovo ruolo geopolitico e strategico, del tutto sganciato dalle vecchie e ormai inesistenti pastoie della guerra fredda.

 Papa Francesco, ci ricorda mons. Parolin dal cattolico Cantone dei Grigioni, è oggi riconosciuto da tutti come un leader mondiale, ed è un fatto nuovo, e una Grazia, per la Chiesa Cattolica.

 Ma la diplomazia vaticana non ha, ce lo ricorda il Segretario di Stato in Svizzera, fini mondani, il potere e l’egemonia, ma l’affermazione della natura spirituale dell’uomo, di tutti gli uomini, che è, ignazianamente, un fatto reale e quindi il fondamento del dialogo tra le Fedi e tra tutti gli uomini.

 E’ in questo senso, più profondo e spirituale, che si può dire che il fine della diplomazia vaticana è la Pace.

 Pace tra tutti gli uomini, ma pace dentro l’uomo e pace tra le Fedi, che si rispettano proprio perché, sempre per ricordare i temi cari al card. Parolin, i cattolici costruiscono nel mondo per confessare Gesù Cristo.

 E lottare per la Pace tra gli uomini, tutti, vuol dire combattere le radici, tutte e solo umane, delle guerre e delle crisi geopolitiche.

 “Costruire ponti, lavorare per la Pace” è uno dei tre obiettivi che Papa Francesco ha dato alla diplomazia del Vaticano.

 Il primo è quello di lottare contro la povertà, che è all’origine di tutti i mali attuali e che, soprattutto, fa perdere all’uomo la sua dignità e la percezione della sua natura spirituale.

 Povertà, quindi, in senso materiale ma anche in rapporto allo Spirito: il povero perde sempre sé stesso, e diventa preda del male, politico ed economico, ma quindi anche del maligno, non a caso “signore di questo mondo”.

 Il secondo obiettivo della diplomazia di Papa Francesco è quello di  costruire ponti, lo ha detto sempre il card. Parolin a Davos.

 Cosa vuol dire? Semplice: ciò che divide gli uomini è stato creato da loro stessi, ma ciò che unisce, ciò che permette la pratica di Giovanni XXIII, il dialogo, viene sempre da Dio.

 “Dialogo, dialogo, dialogo!” dice il Santo Padre, riprendendo proprio la tradizione di un Papa straordinario come Giovanni XXIII, che ancora ricordo con immensa commozione.

 Il terzo obiettivo è quello di raggiungere la Pace nel mondo ma, lo ricordiamo, questo è un fine politico ma anche e soprattutto spirituale: la Pace è figlia della riconquista dell’anima umana da parte dell’uomo  e, quindi, della costruzione della realtà quando testimoniamo Gesù Cristo, nel rispetto di tutti.

 E’ proprio la libertà religiosa uno dei punti-chiave del discorso del card. Parolin in Svizzera.

 Senza libertà religiosa non c’è libertà, perché non si riconosce la spiritualità dell’uomo, di tutti gli uomini.

 Se la libertà religiosa è protetta, tutti gli altri “diritti umani” vengono automaticamente  tutelati.

 Ma se invece si lotta contro la Chiesa e tutte le altre Religioni, allora si distrugge anche la lunga tradizione laica dell’umanesimo dei diritti e della protezione della persona.

 Del resto, aggiungiamo noi, è del tutto contraddittorio parlare, come accade in molta della cultura contemporanea, di “libertà totale” ma non di libertà religiosa, o addirittura riaffermare il liberalismo tradizionale anche e spesso solo in contrasto con i diritti della Chiesa e delle altre Fedi.

 O libertà per tutti, o nessuna libertà, qui la logica, prima della politica, definisce la questione.

 E se non si rispetta la dimensione trascendente della persona umana, che è un fatto,  allora non si può tutelare nemmeno la sua materialità, composta  di scelte e di diritti concreti.

 La persona umana, lo ripete sempre il Segretario di Stato vaticano,  ha sempre e comunque una dimensione trascendente, che non può essere ridotta alla materia.  E la Chiesa di Cristo sarà sempre in prima fila per difendere il diritto, degli uomini e di tutte le Fedi, a esprimersi liberamente.

 E’ qui che si difenderà il futuro dell’umanità, ci dice il card. Parolin.

 Ed è anche qui che, aggiungiamo, si preserva  il prestigio e la dignità politica e morale della stessa Chiesa Cattolica, che parla con tutti proprio perché segue e confessa Gesù Cristo.

 E’ questo quello che vediamo oggi nella lunga e complessa trattativa tra  Santa Sede e Repubblica Popolare Cinese.

 Un capolavoro diplomatico  proprio del card. Parolin; ed è molto probabile che le attuali tensioni saranno superate con un accordo tra Vaticano e governo cinese in cui la Santa Sede potrà scegliere un Vescovo tra i 5-6 porporati che verranno proposti direttamente dal potere politico della Cina.

 Ecco  il senso politico e strategico  della Sequela di Pietro: il potere civile, come già ci ha ordinato Gesù Cristo, è Cesare, libero e autonomo, perché non tratta del Cielo, ma della Terra, ed essa ha le sue leggi, anch’esse create da Dio Padre.

 E se tratta del Cielo non è un vero potere, così come lo Spirito evangelico non tratta della Terra, non fa leggi, non crea sistemi economici.

 Ma è proprio nel pieno e chiaro rispetto dell’”autonomia del politico” che si staglia la vera finalità attuale della Chiesa come  Sposa di Cristo, ovvero la testimonianza della soprannaturalità dell’uomo e di tutti gli uomini e, di conseguenza, la assoluta necessità della legge di Giovanni XXIII, il dialogo, il dialogo, il dialogo.

Giancarlo Elia Valori