Il gioco dei quattro cantoni, ora arrivati a quarantaquattro, non dà cenno di volersi concludere

in foto Antony J. Blinken con Antonio Tajani (Imagoeconomica)

Cresce ancora l’espansione del vorticoso giro di visite che i leaders del mondo stanno facendo l’uno agli altri, talvolta anche ripetute. Campione di quella disciplina è Anthony Blinken, Segretario di Stato degli Usa. È facile credere che farebbe carte false pur di poter essere ubiquo. All’inizio delle due tristi vicende, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e la guerra in Israele, innescata da Hamas, da più parti fuoriuscirono convinte dichiarazioni che, nell’un caso come nell’altro, si trattava di episodi che non avrebbero oltrepassato i confini naturali, quelli della zona da dove avevano preso il via. Ancora, che né sarebbero stati così lunghi e più che cruenti. Si sa quali siano stati gli sviluppi e, allo stato, quale livello di potenza distruttiva stia registrando lo strumento che le misura entrambe, che continua a salire. È così che viene fuori, dopo una breve riflessione, che sia ancora piena di significato l’espressione usata spesso da Cicerone in tribunale: “cui bono?”. Quella domanda, rivolta a se stesso, ma ancora prima alla corte che giudicava, oggi potrebbe essere liberamente tradotta in “chi potrebbe trarre vantaggio”, sottinteso “da una situazione del genere?”. A tal punto è opportuno mettersi nei panni di quanti premettono al comportamento che vogliono adottare la considerazione espressa dal Professor Milton Friedmann, economista Premio Nobel. Affermò in una sede ufficiale che “business are business”. In Francia essa vale “les affaires sont les affaires” e, finalmente in Italia, “gli affari sono affari”. È chiaro a questo punto che, oltre all’ industria bellica, esiste un nutrito gruppo di operatori economici che, per usare un eufemismo, non si affannano a far voti perché i missili restino nelle loro rampe di lancio. Intorno alle armi, primo grande affare per l’industria legata alla guerra, ruota una sorta di discutibile “indotto”, generato specificamente dalle vittime e dalle distruzioni. Innanzitutto c’è da fare il computo del business che concerne quella che gli aziendalisti classificherebbero la “ricostituzione delle scorte”. Tanto per quanto concerne l’armamentario andato distrutto. C’è poi da considerare tutti i problemi, opportunità per chi è dall’altra parte del bancone, causati dagli spari.Chi si ritrova con il proprio giro di affari aumentato a dismisura, cercherà di mantenerlo a quel livello il più a lungo possibile. Insieme a imprenditori che operano in settori collegati, si trovano a loro volta, in condizione di dover ricapitalizzare l’azienda per far fronte alla domanda accresciuta, spesso di molto. Devono perciò adeguarsi alla nuova realtà. Tanto vale sia per le attrezzature, sia per la manodopera. Sembrerebbe così trovare spazio il modo di dire usato nel villaggio:”da male nasce bene”. Nei casi espressi nelle righe precedenti, ciò non é assolutamente vero. Quante vite umane sta costando la tragica esplosione di violenza che sta attraversando il mondo in ordine sparso ? Vale a dire non solo quella bellica, ma anche altre forme, tipo quella privata, passionale o attuata per mano delle forze dell’ ordine, di portata esagerata, per dirla alla napoletana maniera.Si potrebbero consumare fiumi di inchiostro per tentare di scrivere le parole adatte in merito alle situazioni appena descritte. Purtroppo senza riuscire a comunicare in tutta la loro potenza i presupposti di tanta brutalità. Ancora una volta trova corrispondenza quanto detto tra il serio e il faceto da Giulio Andreotti a chi lo stava intervistando: “a pensar male si fa peccato, ma a volte si indovina”.